XXXIX. Con lei mi sono sempre sentito libero

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Le sue dita vanno a circondare i miei polsi per poi passare ai miei fianchi che stringe con possessione.

«perché non vuoi capire che sei fottutamente mia?» chiede a denti stretti.

La sua mano, appoggiatasi sulla mia schiena, fa scontrare il mio seno con il suo petto. Mi trovo a pochi centimetri dal suo viso.

«tu appartieni a me, sei di mia proprietà» sussurra sulle mie labbra e la mia pelle si riempie di brividi.

«o almeno credevo fosse così» continua e nei suoi occhi vedo il tutto ma contemporaneamente il niente.

«n-no io-io sono tua» mormoro con il respiro leggermente più affannato del normale e gli occhi pieni di lacrime.

Lui scuote la testa ma io gli prendo il volto tra le mani e faccio incrociare i nostri occhi.

Attacco le sue labbra alle mie, lui cerca di allontanarmi ma io allaccio le braccia attorno al suo collo.

Alla fine riesce a distanziare le nostre bocche, l'una dall'altra. Questo suo gesto mi ha completamente distrutto.

«James io ti amo, non possiamo rovinare tutto per una mia cazzata» dico.

«ti accompagno a casa» dice cambiando completamente discorso.

«io non voglio tornare a casa! Voglio stare con te» ribatto afferrandolo per il colletto della maglia. Mi guarda non sapendo cosa dire.

«parla cazzo!»

«cosa devo dire?» chiede esasperato gesticolando e scuotendo la testa.

«quello che ti pare! Dì che sono una troia, che ho fatto una cazzata...tutto! ma non dire che non sono più tua, ho bisogno di essere tua» la mia voce diminuisce quando le lacrime sul mio viso aumentano.

«non piangere porca puttana!» quasi mi rimprovera con un ringhio.

«di solito sono sempre io a fare casini con le ragazze, non è mai successo il contrario...ma adesso sei arrivata tu, non ci credo che io mi sia fatto mettere i piedi in testa da una ragazza» dice.

«è tardi ed è meglio che ti accompagno a casa» continua e io subito scuoto la testa.

«ti ho detto che io non voglio andare a casa!» mi ribello arrabbiata.

«allora vai a chiedere a Nick di riaccompagnarti a casa e fatevi anche una buona scopata! Io me ne vado» urla dandomi le spalle.

I miei piedi sono come attaccati alla strada che non riesco a fermare James.

Il ragazzo se ne va lasciandomi completamente sola, al freddo e con un vestito corto e un cuore spezzato.

Sto un paio di minuti ferma, cercando di assimilare tutto quello che è successo nell'ultima mezz'ora.

Lì vicino c'è una panchina abbandonata, sotto la chioma di una quercia, così a passo lento e occhi spenti mi dirigo verso quel ammasso di legno che, per fortuna, riesce a tenermi.

«sono un disastro» sussurro con voce lieve, nessuno può sentirmi se non il vento che porta le mie parole, leggere, con lui.

Innamorata del mio infernoWhere stories live. Discover now