LIV. Accusato ingiustamente

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«siete qui per?» un giovane poliziotto ci si avvicina mentre io e Madison siamo intente a bere un caffè.

«James Callen, è un ragazzo moro, alto e con gli occhi azzurri» inizia a spiegare la donna al mio fianco ma il ragazzo la interrompe.

«ah si...quel ragazzo è fuori controllo, è stato portato in una cella d'isolamento momentanea» dice.

«cosa? possiamo vederlo vero? è mio figlio, io devo vederlo» Madison entra leggermente nel panico mentre io mi sento sempre più confusa.

«signora deve stare calma comunque il ragazzo è troppo irrequieto quindi non può parlare con nessuno che non sia della polizia» dice il poliziotto.

«posso provare a farlo calmare? sono la sua ragazza e sicuramente mi ascolterà» quasi prego il ragazzo che alterna lo sguardo da me a Madison per poi sospirare e annuire.

«Madison ci parlerò io non preoccuparti» rassicuro la donna che mi stringe in un abbraccio.

Successivamente il poliziotto mi scorta lungo un corridoio molto illuminato e con le mura piene di graffi e macchie.

«non potrei farti incontrare il tuo ragazzo ma è davvero pericoloso quindi se c'è anche solo una possibilità di farlo calmare, fallo» mi dice e io annuisco.

Già da qui sento un pugno sbattere contro un muro e le voci dei poliziotti che invogliano la persona a calmarsi. Chissà se è James.

«si, se te lo stai chiedendo, è il tuo ragazzo a fare questo baccano quindi entra e fallo calmare... se qualcosa dovesse andare storto basta che urli okay?» non so se scoppiargli a ridere in faccia o piangere per la situazione.

«si si adesso apri questa porta» ordino e lui lo fa. Due uomini in divisa escono con dei visi leggermente pallidi, come se avessero visto un fantasma.

«buona fortuna» dice il poliziotto con sarcasmo e io gli faccio il medio per poi varcare la soglia della porta.

«qualche altro coglione in divisa senza palle?» una figura, che riconosco essere quella di James, è poggiata al muro con le mani strette in due pugni.

«le palle non c'è l'ho e non sono neanche una cogliona» sussurro e il suo sguardo in pochi millesimi di secondo scatta su di me.

«dio piccola, finalmente sei arrivata» dice avvicinandosi e prendendomi in braccio per poi farmi avvolgere le gambe attorno al suo bacino.

«non mi lasciare da solo in questo posto di merda» mi sussurra all'orecchio mentre un paio di brividi mi salgono lungo la schiena.

Incrocio le braccia attorno al suo collo mentre lui mi poggia sul davanzale della finestra chiusa con delle sbarre di ferro.

Le sue grandi mani si posano sulle mie gambe facendomele separare per poi mettersi all'interno. Unisce le nostre labbra in un bacio bisognoso e lungo.

Ci manca il fiato e i nostri polmoni chiedono pietà ma le nostre mani continuano a scorrere sul corpo dell'altro e i nostri cuori battono forte.

Sottolineo che non ci vediamo da soli tre giorni.

«James n-noi dobbiamo parlare» interrompo il bacio prendendo un respiro profondo.

«piccola io non ho fatto niente, non so come quella merda sia finita nella mia macchina» dice iniziando a gesticolare.

«James aspetta...calmati e raccontami com'è andata» gli accarezzo una guancia e subito le sue spalle si rilassano.

«erano le quattro del pomeriggio quando sono uscito da casa di un mio amico, dopo sono salito in macchina e ho ricevuto una chiamata da quello stronzo di mio padre che mi diceva di andare da lui in ufficio per delle cose importanti così l'ho fatto. Mi ha parlato di un paio di cazzate riguardanti il lavoro infatti dopo neanche dieci minuti me ne sono andato. Per la strada c'erano dei vigili che mi hanno voluto fare un controllo e hanno trovato 5kg di droga in un borsone nero che non è mio, non so di chi sia. Adesso tutti credono che sia un drogato e sono rinchiuso qui dentro» spiega poggiando le mani ai lati delle mie gambe.

Innamorata del mio infernoTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon