CAPITOLO CINQUE

5.5K 273 255
                                    

«Okay, prova adesso!» urlò Pietro.

Adele, per l'ennesima volta, aprì il rubinetto e aspettò pazientemente qualche secondo: ancora una volta lo stesso risultato, l'acqua non era più arancione, ma non ne voleva sapere di diventare calda.

«Ancora niente!»

C'era uno stupidissimo insetto spiaccicato nel lavandino e una puzza di chiuso e di umidità tremenda. Dalla parte non piastrellata delle pareti si staccavano pezzi di intonaco e, negli angoli, diverse ragnatele rilucevano alla fioca luce che filtrava dalle fessure della tapparella rotta; l'aspetto era, insomma, quello di una casa infestata, abbandonata alla muffa e all'umidità, con i ragni e la polvere a far da padroni indiscussi. 
Sua madre, ogni estate, tentava di dare una sistemata, ma ogni anno trovava sempre qualcosa di rotto e alla fine si era stancata di fare una manutenzione seria. 

Dopo aver richiuso il rubinetto, Adele si sedette sul bordo della vasca dallo smalto ingiallito dal tempo e prese a giocherellare con la sua gonna color panna. Pietro, appena l'aveva vista, l'aveva paragonata a un centrino della nonna.

Le veniva da ridere perché era stata la prima cosa che aveva pensato anche lei quando aveva scartato il pacchetto regalo di Gianluigi, ma aveva mascherato lo scetticismo grazie a anni e anni di esperienza: il suo ragazzo aveva solo gusti un po' troppo eccentrici, ecco.

Le veniva da ridere anche ripensando al pranzo con suo cugino. Federico, alla fine, era stato costretto a pagare per intero, nessuno sconto da parte della bella Marinella, Ornella, Mariella, anzi, il ragazzo si era guadagnato uno sguardo di fuoco, che non sembrava promettere niente di buono, e che, tuttavia, si era trasformato in una specie di ghigno quando aveva tirato fuori, una alla volta, le banconote. I due cugini avevano poi fatto una sosta sulla spiaggia e poi erano tornati a Monte Santo Spirito, diretti in via Pirandello, dove c'era la casa di Adele.

Lo avevano trovato lì, Pietro, vicino alla porta di casa, con un piede appoggiato sul muro giallastro e una sigaretta in bocca; indossava una vecchia maglietta scolorita e dei pantaloncini bianchi da calcio, che ne mettevano ancora più in risalto l'abbronzatura.

In quel momento si trovava sul balcone, a cui si poteva accedere da una delle due stanze da letto, ed era intento a litigare con la caldaia che, almeno fino a quel momento, stava avendo la meglio. «Merda! Ma che cazzo è 'sta roba?» esclamò a un certo punto, facendo alzare Adele di scatto; la ragazza uscì dal piccolo bagno e si precipitò sul balcone, dove trovò Pietro con in mano penne, piume e altra robaccia.

Adele sollevò un sopracciglio perplessa e si fermò a debita distanza, quasi come se quello fosse un qualche ordigno esplosivo.

«Pari ca li palummi ci ficiru lu nidu» le spiegò lui, buttando tutto per terra.

«Che schifo!» sbottò Adele disgustata, indietreggiando di qualche passo.

«Dai, sono solo piume e rami secchi, non ti faranno mica paura...» Pietro avanzò verso di lei e allungò una penna verso il suo braccio.

«Non ti azzardare...» squittì Adele, mettendo davanti le braccia e strizzando gli occhi.

Pietro scoppiò a ridere e la buttò per terra, per poi controllare che non ce ne fossero altre. «Che ne è stato della mia Adele? Quella con cui giocavo nel fango e nella polvere non era così schizzinosa.»

Adele sentì il suo respiro bloccarsi. L'aveva detto davvero: "la mia Adele".
Si circondò con le braccia quasi a volersi proteggere, mentre quelle tre parole riecheggiavano nella sua testa. La mia Adele. «Hai tolto tutto, vero? Non è che poi scoppia un incendio?» si informò per cambiare argomento, passandosi una mano tra i capelli e sperando che lui non notasse il suo improvviso nervosismo.

Odio le favoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora