Capitolo trentasei

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📍Monte Santo Spirito (Ag)
28 luglio 2018

-22 giorni


Un'ondata di euforica felicità color rosso magenta, nero lucente e verde smeraldo lo travolse in pieno, frustando l'aria con i lunghi capelli svolazzanti e lasciandosi alle spalle una scia di profumo fruttato.

Pietro la prese al volo, tenendola per i glutei: per poco non perdeva l'equilibrio facendo cadere entrambi per terra e trasformando una scena potenzialmente romantica in una gaff da paperissima.

Veronica, con le gambe allacciate intorno al suo bacino, lo baciava dappertutto, sporcandolo di rossetto rosso, e non si capiva se stesse piangendo o ridendo oppure entrambe le cose insieme.

Avvertendo un formicolio alle braccia, Pietro la mise giù leggermente stordito e la osservò per cercare di cogliere qualche segno che potesse giustificare tutta quella calorosa esaltazione. «Non che mi lamenti, ma a cosa devo questo saluto? Hai vinto alla lotteria?» domandò, leccandosi il pollice per cercare di lavare via quei timbri dalla forma di labbra carnose.

Veronica respirava affannosamente e stava cercando di riprendere fiato, mentre si sventolava vicino al viso perfettamente truccato una cartellina verde. «Meglio. Ancora meglio» riuscì a dire con il fiatone, mentre si accasciava sull'altalena del loro solito posto. Gli passò il dossier con un enorme sorriso, in trepidante attesa che lui l'aprisse, e tirò fuori dalla borsa una bottiglietta d'acqua, di cui ne bevve metà in un unico sorso.

Pietro si sedette sull'altra altalena, con la cartellina aperta sulle gambe e prese a sfogliare attentamente le pagine al suo interno: erano fogli fittamente scritti con un carattere incredibilmente piccolo, pieni di disegni, misure, calcoli e tabelle.

Lo riconobbe all'istante: era il progetto su cui la sua ragazza aveva speso ore e ore di lavoro. Quei disegni erano il risultato del nuovo volto che avrebbe voluto dare a quel posto: un centro ricreativo circondato da erbetta verde, che sarebbe dovuto nascere sulle ceneri di quella topaia abbandonata.

Pietro pensava di aver intuito, ma per evitare di giungere a conclusioni affrettate, si limitò a chiedere. «Non lo avevi consegnato tempo fa al responsabile del settore tecnico del comune?»

Lei annuì, «Mi ha convocato stamattina. Dice che il sindaco ne è entusiasta e pensa che sia un progetto valido, oltre che un'opportunità per dimostrare che noi giovani siamo il futuro. Penso sia una sviolinata in vista delle future elezioni, ma sinceramente in questo momento non mi interessa.»

Pietro scosse la testa, aprendosi in un sorriso felice, sincero. «Quindi questo significa...»

Lei scattò in piedi, con una mano smaltata di rosso sulla fronte, ancora incredula, «Significa che hai davanti l'architetto Polizzi, da oggi ufficialmente a capo del progetto "Diamo spazio al futuro". Mi affiancherà uno studio, ma mi ha fatto capire che avrò carta bianca, potrò scegliere io tempistiche, budget, tutto. Sono la responsabile di me stessa.»

Lui rimise accuratamente in ordine i fogli e la osservò mentre guardava verso un punto indistinto del cielo, l'espressione orgogliosa, ma, al tempo stesso, attonita, meravigliata, di chi crede di star sognando.

«Pietro, è... assurdo. Io ancora non ci credo, cioè capisci: fino a ieri portavo cappuccini decaffeinati "senza zucchero, con sciroppo di vaniglia, granella di nocciole e meringhe a parte". Invece, adesso non sarò più "Veronica la praticante schiavizzata", ma "Veronica l'architetto". Non trovi che suoni benissimo?»

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