Capitolo cinquantadue

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📍Monte Santo Spirito (Ag)
19 agosto 2018

-10 ore

La trovò lì, proprio dove immaginava: seduta sulla loro panchina, quella con le loro iniziali scritte con l'indelebile, quella che li aveva visti ridere, baciarsi, urlare nel vuoto, litigare; quella che nonostante con gli anni si fosse riempita di scritte indecenti, dediche di innamorati e versi di canzoni, restava la loro panchina.

Si avvicinò lentamente, quasi trattenendo il fiato, le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo basso, di chi si sente in difetto, di chi sa di aver sbagliato.

Adele, la testa poggiata sul palmo della mano, guardava dritto davanti a sé, oltre la ringhiera di ferro, quella da cui se ti sporgevi la vista che ti si parava di fronte metteva i brividi: si vedeva il fianco scosceso del promontorio che finiva dritto nel mare, aggressivo, armonioso per certi versi, in una fusione di terra e acqua suggestiva al punto che gli antichi lo chiamavano 'i confini del nostro mondo'.

Di sera non si vedeva bene il mare, solo una pozza nera non distinguibile dal monte o dal cielo, però si sentiva, soprattutto quando chiudevi gli occhi: l'aria impregnata di salsedine e lo scontrarsi delle onde sugli scogli coprivano qualsiasi altro odore o rumore.

Poi, se alzavi gli occhi il cielo limpido color grafite trapunto di stelle sembrava essere lo schema di uno dei giochini da settimana enigmistica.

Beddruvidiri.

-Ehi, per fortuna sei qui. Eleonora mi ha telefonato preoccupata. Dice che sei scappata dal tuo addio al nubilato... Tutto okay?-

Adele non si voltò nemmeno all'udire la sua voce: forse si aspettava che sarebbe venuto, anzi, ne era sicura, lo sapeva e basta.

-Oh, non lo so, dimmelo tu: ti sembro una donna in procinto di vivere il giorno più bello della sua vita?- chiese con quella punta di pungente sarcasmo che con lei non mancava mai.

Pietro si appoggiò alla ringhiera, proprio davanti alla panchina, e solo allora notò che accanto a lei c'era una bottiglia di vetro contenente un modellino di barca a vela intagliata a mano, che galleggiava sull'acqua: il suo regalo di compleanno, quello da aprire a mezzanotte.

-In effetti, mi sembri più una drogata in procinto di buttarsi da questa ringhiera- scherzò lui per alleggerire la tensione, battendo le mani sul corrimano di ferro.

-Ecco, vedi, ti sei risposto da solo-.

-Quanta te ne sei scolata?- chiese lui, recuperando da terra una bottiglia di vetro mezza vuota.

Lei alzò le spalle: -Non so, non me lo ricordo... L'ho portata via dalla festa, non l'ho bevuta tutta io, anche perché fa schifo, non sembra nemmeno vera tequila.-

Pietro sorrise, esaminando meglio l'etichetta: -Ci criu, questa è birra aromatizzata alla tequila, non tequila.-

-Beh, ora almeno si spiega il perché sapesse di pipì di gatto e sopratutto perché io sia ancora sobria- alzò lo sguardo verso il cielo, allargando le braccia con fare teatrale -Grazie, universo! Mi hai anche tolto la possibilità di sbronzarmi come si deve, confermandomi che faccio una scelta peggiore dell'altra. Mille a zero per te. Fanculo.-

Pietro sospirò, avvicinandosi di un passo: -Che ti succede, Lele?-

Adele finalmente si decise a guardarlo in faccia, intercettandone lo sguardo fino al modellino di barca a vela alla sua destra.

-Che mi succede?- rise amaramente, una risata apatica, fredda, priva di allegria, come un'eco proveniente dal fondo del dirupo al di là della ringhiera.

Odio le favoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora