Capitolo quaranta

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📍Monte Santo Spirito (Ag)

Una manciata di minuti dopo, Veronica prese nuovamente posto, portandosi i capelli dietro le spalle. «Scusate il ritardo, mi sono fermata a guardare la locandina sulla porta. Quest'anno per la fiera di settembre hanno una preso una band che fa le cover dei Negramaro.»

Adele e Pietro si scambiarono un'occhiata e poi scoppiarono a ridere, consapevoli di star pensando entrambi alla stessa identica cosa. E il dibattito sulla pizza di appena pochi istanti prima, che ovviamente nascondeva molto altro, venne cancellato.

«Mi sono perso qualcosa?» domandò Gianluigi, accigliato, massaggiandosi la barba curata.

La sua ragazza cercò di spiegargli il motivo di quella reazione, ma proprio non riusciva a riprendere il controllo e ogni volta che pronunciava mezza parola, veniva scossa da altre risate.

Pietro bevve un sorso d'acqua e respirò a fondo, l'ombra di un sorriso ancora impresso sulle labbra. «Noi, beh, quando è stato, Lele? Qualcosa come dieci anni fa?»

Lei annuì e seguì il suo esempio, avvicinandosi alle labbra il bicchiere e svuotandolo del suo contenuto. «Sì, non avevi ancora la patente. Beh, praticamente avevamo visto-».

«Avevi. È stata colpa tua.»

Adele alzò gli occhi al cielo, ma poi fu costretta ad annuire, perché effettivamente era partito tutto da lei, ma era anche vero Pietro l'aveva seguita a ruota, lui l'assencodava sempre, era il suo complice fin da quando avevano ancora il pannolino. «Sì, è uguale. Insomma, avevo visto questa locandina, dove c'era scritto che in un paesino qui vicino avrebbero suonato "I Negramaro". I miei genitori mi avevano proibito di andarci così...». Si coprì il viso con le mani, ricordando con un pizzico di nostalgia gli anni della sua adolescenza: non era mai stata una ragazzina ribelle o sopra le righe, ma nemmeno la figlia perfetta, tutta libri e studio, qualche follia l'aveva fatta pure lei, soprattutto in Sicilia, quando i suoi genitori la controllavano meno e lei si sentiva più libera.

«Così è venuta da me e mi ha pregato di accompagnarla, perché doveva andarci a qualsiasi costo. Io non avevo ancora la patente, però guidavo già da due anni. La sera di questo fantomatico concerto abbiamo preso di nascosto la macchina di mio padre...». Anche Pietro aveva spostato le lancette delle sue mente indietro di diversi anni, lui, a differenza di Adele, Lilla e Carmelo, li aveva fatti penare e non poco, non che fosse un cattivo ragazzo, semplicemente odiava le regole e provava sempre un brivido d'eccitazione a infrangerle. Saltava la scuola regolarmente per andarsene al mare o alla sala giochi, e pure quando ci andava o dormiva sul banco o finiva in presidenza; il pomeriggio, invece di studiare, se ne stava in giro con i suoi amici a fumare o a fare gare di velocità con i motorini, per non parlare di tutti quei sabati in cui tornava a casa all'alba in pessime condizioni. Per fortuna, poi piano piano era cambiato, in parte grazie ad Adele, in parte era semplicemente cresciuto e aveva preso coscienza delle sue responsabilità.

Adele si voltò verso Gianluigi, che stava seguendo il racconto senza battere ciglio, quasi come se quella ragazzina non potesse essere la donna che lui aveva deciso di sposare. Gli sorrise, ma lui non accennò a voler ricambiare, così, a disagio di fronte a quell'espressione così dura e severa, si limitò ad aggiungere, quasi come se si dovesse giustificare davanti un giudice: «Quando si è giovani, si fanno un mare di caz-cavolate.» "La donna che hai di fronte, quella che ami, con cui vuoi condividere il resto della tua vita, non lo farebbe mai."

«Le abbiamo fatte tutti, no?» domandò retorica Veronica, facendo l'occhiolino ad Adele, che ricambiò con un sorriso appena accennato.

«Non proprio tutti, l'idea di usare di nascosto la macchina di mio padre non mi avrebbe neppure sfiorato... ma immagino dipenda dall'educazione ricevuta» ribatté Gianluigi, con sufficienza, per poi dare un'occhiata all'orologio, annoiato. «Aspettate sempre così tanto per mangiare?»

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