Capitolo quarantatrè

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📍Monte Santo Spirito (Ag)
5 agosto 2018

-14 giorni

Da che Adele aveva memoria, tutte le estati, la prima domenica di agosto, aveva luogo la "tradizionale partitella Russo contro Guerra", a cui potevano partecipare tutti i componenti delle due famiglie, che fossero capaci o meno di giocare a calcio poco importava, c'era solo una regola: fare gol, possibilmente più dell'avversario.

Il momento preferito di Adele, però, era la grigliata post-partita: i vincitori sedevano comodamente al tavolo, gustando sangria e limonata fatte in casa, mentre i componenti della squadra sconfitta si davano da fare davanti al barbecue o in cucina, destreggiandosi tra carne alla brace e primi piatti improvvisati.

Quando i suoi genitori si erano fidanzati, nel lontano 1985, le rispettive famiglie, in buoni rapporti da sempre, avevano accolto felicemente la notizia. Le uniche divergenze riguardavano la passione che entrambe nutrivano per il calcio: i Russo erano juventini da generazioni e, allo stesso modo, in casa dei Guerra gli unici colori ammessi erano il nero e l'azzurro, simbolo della squadra rivale dei bianconeri per eccellenza: l'Inter. Proprio per questo, a Maria era venuta in mente l'idea di organizzare una serata dedicata al calcio, ma soprattutto alla famiglia. "Il calcio ci divide, il calcio ci unisce". Nata per gioco in seguito a un dibattito calcistico insolitamente acceso, nel corso degli anni era finita per diventare una vera e propria tradizione.

Per rendere più "professionale" il tutto, Cristina aveva perfino cucito a mano delle divise per le due squadre, caratterizzate da colori specifici: il rosso e l'oro contraddistinguevano i Russo e il bianco e il blu i Guerra.

Erano ormai giunti alla trentacinquesima edizione e quell'anno i Russo, dopo la fine primo tempo, erano in vantaggio di cinque reti a tre.

Adele era seduta su uno dei seggiolini di plastica degli spalti del campetto comunale, accanto ai suoi nonni paterni, arrivati proprio quella mattina insieme ai suoi genitori, Arianna e Alessandro. Con un sorriso enorme stampato in viso, ignorando la stanchezza e il caldo, stava ascoltando sua nonna, che la stava aggiornando sulle novità riguardanti la signora Celeste: una vecchietta arzilla e piena di vita, arrivata recentemente nella loro stessa casa di riposo, creando scompiglio soprattutto tra i residenti maschili della struttura.

«Ti fissasti cu chissa e 'un ci po cchiù nuddru. Mi siddià, Gra'. Cancia discursu, piffauri» si lamentò suo marito, senza, però, riuscire a trattenere un sorriso: erano più di cinquant'anni che condivideva la sua vita con quella donna meravigliosa e non si sarebbe mai stancato di stuzzicarla e farla arrabbiare.

Grazia lo guardò truce. «Eccerto ca ti siddià, chissà chi cumini tu, mentri ca io sugnu cu Marta a fari la ginnastica.»

«Ancora cu sta storia. A quanti voti ti la ddiri. Ti pari ca chiddra beddra signura talia a mia? Sa quantu nnavi di ziti fori di dra. Finisiclia d'annintuvarla, ca accamora ci friscanu l'aricchi.»

Grazia gli puntò il dito contro. «Ah... vidi ca lu dici "beddra signura". E bravu si. Bravu assà. Vidi comu si l'addifenni, sta zoccula

Adele spostava lo sguardo dall'uno all'altra, sorridendo, divertita da quel battibecco. Ogni tanto, però, il suo sguardo veniva rapito dall'orizzonte: era come se qualcuno avesse rovesciato distrattamente dei barattoli di vernice sul cielo e da quei colori, mescolatisi casualmente, si fossero ottenute le sfumature perfette, ed ora era tutto armonico, luminoso.

Le piaceva credere che i tramonti fossero magici, che quelle pennellate di rosso, arancio e giallo custodissero, proprio come la natura in tutte le sue sfaccettature e l'arte, sua fedele imitatrice, il segreto della bellezza vera e autentica.

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