Capitolo cinquantuno

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📍Sciacca (Ag)
19 agosto 2018

-16 ore

-Domani mi sposo.-

Le aveva masticate a lungo, quelle tre parole, prima di sputarle lì: su un tavolo di legno traballante e leggermente appiccicoso.
E mentre le osservava muoversi tra le venature irregolari della superficie, danzare sfacciate davanti al suo sguardo vuoto, pensò che qualche brandello dovesse esserle rimasto incastrato tra i denti.

'Domani mi sposo'.

Era una frase bella, una di quelle che ti immagineresti di dire con un sorriso radioso e gli occhi che brillano, la voce acuta, spezzata dall'emozione, carica di aspettative e quel filo di ansia giustificata.

'Domani si sposo'.

A lei, invece, quel suono atono e piatto rimbombava nella testa, fastidioso, martellante, premendo sulla regione che Amelia Shepherd aveva definito 'scatola dei sogni'; non era un medico lei e non poteva capire fino in fondo cosa fosse a livello anatomico, però, era una che una volta sognava tanto e sapeva che quella scatola otto anni prima lei l'aveva chiusa a chiave, con un lucchetto di cui aveva dimenticato la combinazione.

'Domani mi sposo'.

Lo aveva detto quasi non fosse lei la protagonista di quella favola, luminosa e piena di colori, ma solo la voce fuoricampo, quella che si limita a raccontare i fatti senza viverli, opaca e sbiadita.

-Domani mi sposo- ripetè, sollevando appena lo sguardo e lasciandosi andare a una risata isterica, priva di allegria, che gelò l'aria intorno a loro.

-Lo so- rispose Rosario, ammiccando e buttò giù un sorso di birra, sospirando poi soddisfatto. -Tu ti sposi e questa birra è sensazionale. Magnifico, no?-

Adele tamburellò con le dita sullo schermo del suo cellulare, gli incisivi affondati sul labbro inferiore e gli occhi fissi sul volto sereno del suo amico.

-Scrivo da una settimana.-

-Sì, so anche questo. Cos'è? Un nuovo gioco? Affermare l'ovvio? E, a proposito, sembri un'alcolista anonima.-

Lei si scontrò con lo schienale della sedia, sospirando: -Sono Adele, ho ventisette anni, domani ventotto. Non penso al mio ex da ben dieci millesimi di secondo. Oh, e scrivo da una settimana frasi a cui non so dare un senso.- 

Lui sorrise, scuotendo la testa: -Magari semplicemente non ce l'hanno.-

Adele lo guardò scettica: -E se ce l'avessero? Se ce l'avessero sarebbe preoccupante.-

Rosario si portò l'indice sul mento: -Hanno il significato che tu vuoi dare loro.-

-Ho paura del significato che voglio dare loro.-

Lui si sistemò meglio sulla sedia, unendo i palmi delle mani: -Le parole fanno paura solo perché ti costringono a pensare. Le vedi scritte sulla carta, sentenze d'inchiostro che non puoi costringerti a non leggere.-

Fece una pausa, valutando l'espressione della sua interlocutrice.

-Ti fanno paura perché dicono quella verità che tu non hai il coraggio di ammettere- concluse, pronunciando il tu con particolare enfasi, puntandole il dito contro.

Adele annuì, giocherellando con la cannuccia: -È tardi, riccio.-

-Leggimi qualcosa.-

Lei sollevò lo sguardo, confusa: -Cosa?-

-Leggimi una frase sconclusionata, avanti.-

-Okay-.
Estrasse dalla borsa un bloc-notes, aprendolo su una pagina segnata con la carta di una caramella alla menta mangiata chissà quanti anni prima.

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