CAPITOLO VENTICINQUE

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📍 Monte Santo Spirito (Ag)
11 luglio 2018

-39 giorni

Fece scattare l'accendino e indugiò per un istante sulla fiamma, prima di avvicinarla al cartoncino bianco con la scritta dorata in rilievo, che profumava vagamente di gelsomino.

"Gianluigi Martini e Adele Russo

Sono lieti di annunciare che il loro matrimonio sarà celebrato nella Chiesa di Santa Rita di Monte Santo Spirito

Lunedì 20 agosto 2018".

Scosse la testa e rise amaramente, "Gianluigi" pensò "che nome da coglione".

Era tentato di bruciare quel pezzo di carta, voleva proprio dargli fuoco, vederlo accartocciarsi avvolto dalle fiamme, fino a ridursi in polvere.

Non gli importava dell'invito, come aveva ribadito più volte ad Adele stessa, l'ultima cosa che voleva era partecipare alla celebrazione del loro amore.

Eppure a lui piacevano i matrimoni, o per lo meno ci andava volentieri; sebbene non fosse entusiasta di infilarsi un completo da pinguino e si sentisse un idiota per la maggior parte del tempo, alla fine si divertiva sempre, se non altro poteva abbuffarsi peggio che ai pranzi di Natale. Questo, però, neanche a dirlo, aveva un sapore diverso e dubitava fortemente che, per qualche strana ragione, potesse trovare anche solo minimamente piacevole l'evento.

Adele aveva ragione: il problema non era l'invito, era solo un pezzo di carta, il problema era il matrimonio in sé, il problema era Adele che si sposava, il problema era lui che non riusciva ad accettarlo. E il giorno prima le aveva pure urlato addosso, distruggendo ogni possibilità di riallacciare i rapporti; non le avrebbe dimenticate tanto facilmente, le sue lacrime, avevano fatto più male di quei pugni per cui le nocche gli bruciavano ancora.

Aveva bisogno di fumare una sigaretta, due, cinque, tutto il pacchetto, ma sua madre odiava quando lo faceva dentro casa. Gli aveva detto più volte che si stava rovinando la vita, che sarebbe morto di cancro ai polmoni; lui non le aveva mai dato ascolto, ma non perché pensasse che sua madre avesse torto, tutt'altro, piuttosto perché gli costava ammettere che ormai aveva perso il controllo: era diventato un gesto abituale, quotidiano, normale, quasi come mangiare o respirare e questo gli faceva paura. Aveva cominciato a fumare a sedici anni, un po' per ribellarsi ai genitori, un po' perché lo facevano tutti i suoi amici. Credeva di poter smettere quando e se avesse voluto, ma con il tempo si era reso conto che non era così semplice. Odiava quel suo vizio e sapeva che sua madre aveva ragione, forse prima o poi ci sarebbe morto per davvero.

Lasciò l'accendino e l'invito sul letto perfettamente rifatto e si diresse verso l'enorme finestra, appoggiandosi ai bordi scheggiati.

C'era la luna piena quella sera, un cerchio perfetto, leggermente dorato, di sicuro Adele l'avrebbe adorata. Fissò il mare in cui si rifletteva e sognò di andarsene da lì, lontano: in America, in Nuova Zelanda, in Australia.

Non ci voleva più stare a Monte Santo Spirito, odiava quel posto, odiava perfino il suo lavoro, ma del resto, che altro avrebbe potuto fare? Stava sui pescherecci da quando aveva memoria: fare il pescatore era l'unico mestiere che conosceva, l'unico che sapesse fare discretamente bene. Aveva cominciato a lavorare non appena aveva finito il liceo, perché voleva essere indipendente, tradotto: era stanco di studiare; una scelta che rimpiangeva ancora, dettata dalla stupidità tipica di quell'età, in cui pensi di sapere tutto, ma in realtà hai così tanto da imparare, in cui credi di essere grande, adulto, eppure hai ancora una lunga strada da fare.

Comunque, forse non sarebbe poi cambiato molto, il suo destino era sulla barca, come suo padre e suo nonno e il padre di suo nonno prima di lui.

In verità, poco dopo aver iniziato a lavorare ci aveva ripensato: voleva andare al conservatorio, perché, in effetti, c'era una cosa che sapeva fare, al di là del pescare, e questa era cantare e suonare la chitarra.

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