CAPITOLO DICIOTTO

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📍 Monte Santo Spirito (Ag)
2 luglio 2018

-48 giorni

"Dopo il segnale acustico, registri il suo messaggio."

Adele si massaggiò le tempie per cercare di non urlare al telefono; secondo lei, quelli che non rispettavano gli impegni o davano buca senza avvisare con sufficiente anticipo meritavano un loro personale girone infernale.

«Salve, sto cercando Vito Provenzano, sono Adele Russo, di nuovo. Ci eravamo messi d'accordo per oggi, ma non si è presentato nessuno. Spero non sia successo niente di grave, ad ogni modo, può dirgli di richiamarmi al più presto. Grazie»

Si assicurò di aver chiuso la chiamata e gli riversò una lista di epiteti davvero poco eleganti. Aveva contattato il cugino di Pietro per risolvere il problema caldaia e gas, ma quest'ultimo prima le aveva dato appuntamento e poi l'aveva fatta aspettare inutilmente per più di quattro ore.

Quella era una brutta giornata. Era proprio una brutta giornata. Una di quelle in cui la legge di Murphy trova la sua massima espressione.

La sala in cui aveva prenotato per il matrimonio era stata appena chiusa dagli ispettori dell'igiene e c'era stato uno sbaglio nell'ordine delle bomboniere: a quanto pareva, stando ai bigliettini, il venti agosto, ironia della sorte, si sarebbe sposata con un tale Gianluca. Quando poi si era diretta a passo spedito verso casa sua e aveva creduto che le cose non potessero andare peggio, ecco che quel gran simpaticone di Murphy le aveva presentato il conto, facendole perdere inutilmente una mattinata.

Il giorno prima aveva dovuto affrontare i postumi della sbronza e sopportare le prese in giro di Federico, e anche se probabilmente il suo fegato non era pronto nemmeno all'acqua frizzante, non vedeva un altro modo per affrontare quella giornata.

Così, di fronte al frigo ancora tristemente vuoto, puntò dritta verso il bar di fronte a casa sua, con il promemoria mentale di fare la spesa quanto prima, includendo anche tanta dose di alcool, perché con Pietro nei paraggi era necessario.

«Buongiorno» salutò, senza nemmeno sforzarsi di sorridere, le persone presenti nel bar, per lo più anziani signori in pensione che leggevano le pagine dei quotidiani davanti a una tazzina vuota di caffè e parlavano del tempo o di politica.

«Ciao, dimmi tutto.»

Adele squadrò quel ragazzino dietro il bancone con fare da investigatore, con lo stesso zelo usato dalle signore di paese: aveva i capelli ramati dei Rizzo e il viso tondo pieno di lentiggini, dai tratti che le ricordavano vagamente i La Rosa, anche se forse c'era anche un po' dei Piazza.

Nonostante i rimandi familiari e la sensazione di conoscerlo, proprio non le veniva in mente chi potesse essere.

«Sugnu Samuele, lu figliu di Toni e Lucia» si presentò allora lui, che aveva intuito il motivo del suo comportamento.

Adele spalancò la bocca: lei conosceva bene i proprietari del bar, erano sempre stati gentili con lei e le offrivano sempre qualcosa, e quello era Samuele, il bambino paffutello con i lunghi capelli color carota a coprirgli gli occhi, che giocava sempre con le macchinine per terra, dietro al bancone.

«Sei... sei davvero tu? Cavolo sei cresciuto tantissimo, quanti anni hai adesso?» domandò Adele, incapace di placare la sua curiosità, osservandolo dall'alto al basso: aveva superato un metro e ottanta e probabilmente ora le macchine le guidava.

«Diciotto» replicò lui, grattandosi la testa, «Tu sei Adele, vero? Adele Russo?» chiese poi incerto, in leggero imbarazzo.

«La tua ex baby sitter, che ora si sente vecchia. Sì. In persona», notando poi che era entrata un'altra persona, aggiunse subito: «Scusami, io non voglio farti perdere tempo.»

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