Capitolo trentotto

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📍Monte Santo Spirito (Ag)

 
Estate 2005 (seconda parte)

13 anni prima...


«Com'è Torino?»

Adele gli sorrise e abbassò lo sguardo, in leggero imbarazzo: Vincenzo era davvero carino e sembrava anche molto gentile, tuttavia lei non si sentiva a suo agio. Praticamente non lo conosceva e non sapeva cosa dirgli o di che parlare.

"Coraggio, Adele. Rispondi alla domanda e fanne un'altra anche tu, senza esagerare. È una semplice e innocua conversazione, non un dibattito sul pil della nazione. Puoi farcela."

«Beh, è carina, fredda, un po' caotica in effetti, ma è anche ricca d'arte, se sai dove cercare. Io, per esempio, amo la reggia di Venaria, anche se non è proprio a Torino, ma lì vicino. Comunque sì, ha il suo fascino. Certo, ci sono alcuni quartieri che sono così grigi e tristi, ma ogni città nasconde un lato meno gradevole, no? Di sicuro non potrebbe essere più diversa da Monte Santo Spirito, il che è sia un bene sia un male.» Si fermò, spostandosi i capelli tutti dal lato destro e mordendosi il labbro.

Se ci fosse stato Pietro le avrebbe detto sicuramente: "Che c'è? Sei nervosa, Lele? Il mio fascino ti mette in soggezione?" o qualche altra sciocchezza simile, a cui lei avrebbe risposto con una smorfia e poi si sarebbero messi a ridere senza ragione. Sì, ma Pietro non c'era. E lei stava mandando a rotoli tutto.

«Scusami, ho parlato troppo.»

Lui la fissò divertito. «Non c'è problema. Mi piacciono le ragazze chiacchierone, soprattutto le belle ragazze chiacchierone.»

Adele arrossì per il complimento e si fissò la punta delle scarpe. «Allora, ehm, dici che tra poco possiamo tornare a giocare?»

I loro amici erano impegnati in una sanguinosa sfida di pallone tutti contro tutti, da cui Adele e Vincenzo erano stati eliminati.

«Credo di sì, anche se devo confessarti di essermi fatto eliminare apposta.»

"Non lo avrei mai detto" pensò Adele ironicamente. Vincenzo era bravissimo a calcio e a quel gioco vinceva quasi sempre, però, alla gloria e all'ammirazione dei suoi amici, aveva preferito stare in sua compagnia. Probabilmente Pietro non l'avrebbe fatto, di sicuro lui avrebbe continuato a giocare e poi le avrebbe dedicato la vittoria, con un gesto plateale che le avrebbe fatto cadere la mascella dalla vergogna.

«Per-perché?» balbettò Adele con la testa da tutt'altra parte. Stupide ciglia lunghissime, stupidi zigomi perfetti, stupida lucina negli occhi da cerbiatto, stupida fossetta sotto il mento. Stupido, stupidissimo Pietro Provenzano.

«Perché mi andava di stare un po' solo con te. E...»

Il suo sforzo di parlare in perfetto italiano conferiva al suo accento una nota così buffa, che le labbra di Adele si piegarono verso l'alto involontariamente.

«Perché ridi?» le domandò Vincenzo, con un sorriso dolce e leggermente imbarazzato, che non poteva essere più diverso da quelli a metà di Pietro. Lui, in questa circostanza, gliene avrebbe riservato uno strafottente e spavaldo. Stupido sorriso da schiaffi. Stupido sorriso da schiaffi bellissimo. Stupido sorriso da schiaffi che non vedeva da troppo e che le mancava come l'aria. Stupida lei che pensava a lui e al suo stupidissimo sorriso.

Vincenzo la fissava in attesa di una spiegazione, ma lei si era dimenticata la domanda e di che cosa stessero parlando e, a momenti, pure il suo nome. «No, niente. Io... niente, continua.»

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