Capitolo quarantasette

3K 200 38
                                    


Adele lo guardò per un momento, in attesa di una sua reazione prima di continuare a parlare, ma, come aveva previsto, lui rimase in silenzio, fissando un punto indistinto della parete con espressione vacua. Gli posò una mano sulla spalla, stringendola leggermente, «Pietro.»

Lui puntò gli occhi nei suoi, smarrito come non mai. «Che cosa... dove... che cosa è successo? Adesso dove-noi, lui, lei-cosa-» farneticò con le mani nei capelli, senza nemmeno sapere da dove cominciare.

Adele si sentì mancare il fiato e avvertì il senso di colpa palesarsi, opprimendola: aveva davvero fatto la cosa giusta? Pietro si meritava quella bomba a orologeria nella sua vita dopo otto anni? Non sarebbe stato meglio continuare a tenersi per sé quel segreto? Aprì la bocca, ma si scoprì incapace di emettere alcun suono.

Pietro continuava a guardarla, mille domande dipinte in viso, ma non disse nulla: poggiò la mano su quella di lei e intrecciò le loro dita.

Adele sorrise appena, rinfrancata da quel contatto. Nonostante ciò che gli aveva appena detto, nonostante tutto ciò che voleva sapere e chiedere, si era limitato a stringerle la mano e a farle capire che avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa, che era lì e non se ne sarebbe più andato. Sentì il peso farsi un po' più leggero e il nodo alla gola sciogliersi. «Ti spiegherò ogni cosa, te lo prometto».

Pietro annuì, facendo del suo meglio per nascondere la paura. Sì, aveva paura di scoprire che cosa fosse accaduto dopo. Quella mattina si era svegliato ed era un normale ragazzo di ventotto anni, con una vita monotona e noiosa, ma ora lei aveva travolto la sua quotidianità come un uragano, mettendo sottosopra tutto quanto.

Lei si alzò in piedi e prese a camminare, nervosamente. «So che sei confuso, però devi permettermi di cominciare dall'inizio, perché per me è difficile che tu non ne hai idea».

«Solo... Quando? Quando lo hai scoperto? Lo sapevi già ad agosto? Lo sapevi quella sera al mare?» le chiese a un certo punto con voce lontana e distaccata, la mente che percorreva a ritroso quegli otto anni fino a fermarsi al giorno incriminato. Rivide davanti a sé il volto preoccupato di Maria, i suoi timori circa il futuro della figlia.

Lei sospirò. «No, non lo sapevo. Volevo trasferirmi in Sicilia solo perché ti amavo e non sopportavo di starti lontano», appoggiò i palmi sul davanzale della finestra e chiuse gli occhi, ispirando il profumo di salsedine, e poi riprese a parlare: «Dopo che sono tornata a Torino mi sono resa conto di avere un ritardo, pensavo, sai, fosse lo stress per la rottura e per la sessione, così ho aspettato, ma poi... Beh, mentre ero all'università per dare un esame sono svenuta, anche allora non ci ho dato molto peso, perché in quei giorni non avevo né mangiato né dormito decentemente. Ho rifiutato di farmi accompagnare in ospedale; sono andata da Arianna, però, e lei mi ha costretto a fare il test di gravidanza e, beh, è risultato positivo.»

Pietro non si mosse e non disse una parola, il volto un mix di emozioni diverse; sapeva che cosa era successo dopo e avrebbe voluto prendere il se stesso di otto anni fa e sbatterlo contro il muro, gettarlo da un balcone, costringerlo ad ascoltare.

«È stato... non-non lo so nemmeno io. Mi sono sentita così, ecco, sopraffatta... non riesco neanche a spiegarlo.» Adele si bloccò, il labbro inferiore stretto tra i denti, e si portò una mano sul ventre: era come se stesse rivivendo le sensazioni provate quel giorno. «A quel punto non potevo più nascondertelo, così ho fatto i biglietti e il giorno dopo sono scesa in Sicilia. Nonostante tu mi avessi detto che non volevi più stare con me e non mi rispondevi più né ai messaggi né alle chiamate, pensavo, che stupida, che tu mi amassi ancora-».

«Era così» la interruppe Pietro, senza riuscire a guardarla, però sentiva di doverglielo dire, perché a discapito di quanto aveva detto, di quanto aveva fatto, l'amava ancora allora e non aveva mai smesso.

Odio le favoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora