CAPITOLO QUATTORDICI

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📍 Palermo (Pa)

«Muoviti, Pietro. L'aereo sta per atterrare!» urlò Adele, per coprire il fastidioso rumore degli aerei e il vociare dei passeggeri e di chi, come loro, stava aspettando l'arrivo di amici o parenti.

«Aspetta, Lele, fermati!»

Lei si girò scocciata, a pochi passi dalle porte scorrevoli dell'Aeroporto Falcone e Borsellino, e lo vide fermo sul marciapiede dall'altro lato della strada, intento a guardare lo schermo del cellulare, accigliato.

«Se è qualche video stupido, puoi farmelo vedere dopo o non farmelo vedere affatto.»

Il vento, intanto, continuava a soffiare forte, scompigliandole i capelli e sferzando le grandi foglie della fila di palme a pochi passi da loro. Era una delle immagini che associava alla Sicilia, una delle prime che si trovava di fronte appena atterrata: le imponenti palme mosse da quel vento salato, che profumava di mare.

«No. È un messaggio di tua cugina Eleonora, o meglio, un comunicato stampa di tua cugina Eleonora. Dice: "L'aereo è in un ritardo epico. Ci sono stati dei problemi e con problemi intendo una storia assurda, prima divertente, ora frustrante, perché sono bloccata in questo spazio stretto, vicino a un signore che puzza e non c'è davvero niente di comico. Beh, tu e Adele fate pure con calma, non so quando partiremo, forse mai. Dì a mia cugina di rispondere (ogni tanto). A dopo, spero...»

«Che cosa?!» sbottò lei, incredula. Affondò una mano nella borsa alla ricerca del cellulare, per poi realizzare di averlo spento subito dopo aver parlato con Gianluigi. Fissò lo schermo nero, rigato in alto a destra: ad attenderla ci sarebbero stati innumerevoli chiamate perse da Eleonora e Federico e chissà quanti messaggi su WhatsApp. Lo ricacciò con uno sbuffo esasperato nella borsa, rimandando a un secondo momento i conti da fare con la tecnologia, e si incamminò lentamente verso Pietro, con le dita a massaggiarsi le tempie. «Allora, adesso cosa facciamo? Dobbiamo aspettare chissà quante ore qui!»

«Mhm, forse ho un'idea.»

*******

«Mondello? Questa sarebbe la tua idea? Senza costume, alle sette e mezza di sera?»

«Oh, Adé, ma la smetti di lamentarti per tutto? Ce la fai a stare un po' zitta o no?»

Adele avvertì il rossore colorarle le guance e una grande quantità di epiteti poco carini pizzicarle la punta della lingua. Fece un sorriso tirato e lo seguì lungo la spiaggia, lasciando che i sandali sprofondassero nella sabbia e quest'ultima si infilasse tra le dita.

Pietro andava avanti con passo sicuro, aggirando i teli stesi ed evitando rastrelli e palette abbandonati accanto a castelli di sabbia semidistrutti e secchielli di tutti i colori. Fu solo in prossimità della riva che si fermò, si tolse le scarpe e lasciò che la spuma bianca del mare gli lambisse appena i piedi: gli occhi chiusi, i polmoni pieni, la mente libera.

Lei lo guardava scettica, le braccia incrociate sotto al seno e le labbra arricciate in una smorfia.

«Dai, Lele, non avrai paura del mare adesso.» Si voltò verso di lei e allungò un braccio, invitandola ad afferrargli la mano.

Adele annuì poco convinta, bofonchiando un "D'accordo" con il tono con cui ci si rivolge ai bambini dopo aver tentato invano di convincerli a non fare qualcosa di stupido. Si slacciò i sandali, tra borbottii e sussurri incomprensibili su quanto quella non fosse assolutamente una buona idea, e alla fine, in piedi accanto a lui, l'acqua fresca del mare lavò via dubbi e timori. Ci sarebbero volute ore prima che l'aereo di Eleonora atterrasse, non c'era niente di male nel trascorrere quel tempo di attesa sulla spiaggia invece che seduti su scomode sedie all'aeroporto.

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