CAPITOLO SEDICI

3.6K 194 18
                                    

📍 Sciacca (Ag)


Il locale dava l'impressione di essere ancora più piccolo con tutte quelle persone al suo interno: Adele si guardò intorno spaesata, riconoscendo a stento il posto dove aveva incontrato Rosario solo poche ore prima.

Le foto e i poster appesi alle pareti di legno erano nascoste nella penombra e se non avesse saputo che erano lì probabilmente non ci avrebbe nemmeno fatto caso, come non sembravano farci caso tutti i presenti: un vero peccato, considerata l'atmosfera evocativa che avrebbero potuto creare.

Poche luci soffuse dalle tonalità bluastre illuminavano il palco, dove la stessa chitarra che Rosario aveva suonato per lei la prima volta che si erano visti sembrava attendere il momento giusto per prendere vita, animata dal tocco del suo proprietario.

L'odore acre del fumo, unito alla forte puzza di alcool e sudore, che impregnava l'aria, le fece storcere il naso. Lei non era esattamente una ragazza da locali, o meglio, non più; i suoi sabati sera erano diventati sempre meno entusiasmanti con il passare degli anni e le serate da sballo si erano ridotte a una o due ogni tanto, quando Eleonora la obbligava ad accompagnarla.

Adele preferiva di gran lunga l'ambiente meno opprimente del teatro o del cinema, tanto da essere stata etichettata come "noiosa" dalle sue amiche. La sua fortuna era stata trovare Gianluigi, che condivideva la sua stessa idea di divertimento.

Quella sera, però, aveva deciso di concedersi una piccola eccezione e di accettare l'invito di Rosario, soprattutto perché fremeva dalla voglia di sentire la sua band suonare dal vivo, così aveva proposto ai suoi cugini e a Pietro di andare a Sciacca. Eleonora aveva strabuzzato gli occhi e rischiato di rovesciare una boccettina di smalto sul tappeto persiano di Cristina e Federico si era messo a ridere, convinto che stesse scherzando. Alla fine, comunque, erano saliti sulla Polo di Pietro ed erano partiti, tutti insieme, in sottofondo il cD di Vasco, masterizzato da un amico di Federico, che ogni volta che arrivava "Rewind" finiva per incepparsi, come ai vecchi tempi.

Intravedendo Rosario, seduto su uno sgabello accanto al bancone, i ricci neri a nascondergli il viso e un boccale di birra tra le mani, i quattro si fecero largo tra tavoli traballanti, occupati da gruppi di amici e coppiette, e camerieri con vassoi pieni di bicchieri in equilibrio precario.

«Alla fine ce l'avete fatta» li salutò lui allegramente, facendo l'occhiolino ad Adele.

«Non ti emozionare troppo, riccio, che poi rischi di fare brutte figure». Adele gli stampò due baci sulle guance e gli tolse da sotto al naso la birra, bevendone un sorso. «Mhm, ottima scelta, anche se personalmente la preferisco scura.»

Rosario le diede una leggera gomitata, sorridendo, «Allora, com'è andata la partita?»

Federico prese posto accanto a lui, mettendogli una mano sulla spalla, «Abbiamo vinto, fratè. Però la prossima volta sei richiesto in campo, Peppe è vraiment nul.»

«Allora voi evitate di organizzare le partite quando suono.»

Adele diede un'occhiata all'ora segnata sul display del cellulare, preoccupata che fosse eccessivamente tardi. Federico e Pietro ci avevano impiegato una vita a farsi la doccia e a sistemarsi i loro amati capelli davanti allo specchio, proprio come due prime donne; a niente erano servite le sollecitazioni seccate di Eleonora e Adele, che alla fine erano anche entrate nello spogliatoio. «A proposito, riccio, scusa il ritardo... non mi dire che hai già suonato, ce lo siamo persi?».

«Solo la prima parte, ma ricominciamo tra un po'. Intanto assittativi e pigliati zoccu vuliti

Adele non se lo fece ripetere due volte e ordinò il solito "coca malibù", come sempre da quando l'aveva provato alla sua prima vera festa, a sedici anni.

Odio le favoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora