Capitolo quarantaquattro

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📍Monte Santo Spirito
5 agosto 2018

-14 giorni

Il secondo tempo si protrasse per quelle che sembrarono ore: la stanchezza si faceva sentire, soprattutto in quelli che non avevano particolare affinità con lo sport e di sicuro Adele era tra questi.

Ormai, comunque, mancavano pochi secondi al fischio finale e, proprio quando Adele era piegata in due a centrocampo, con il respiro affannoso e una sensazione di bruciore che si diradava lungo tutti i muscoli delle gambe, Eleonora lisciò il pallone, che finì direttamente tra i piedi di Giuseppe, figlio di Andrea.

Era l'ultima azione della partita: Giuseppe crossò in mezzo all'aria di rigore, dove Pietro e Gianluigi, entrato nel secondo tempo per sostituire un cugino di Adele, saltarono contemporaneamente per indirizzare il pallone in rete; entrambi, però, lo mancarono e, in seguito a una tremenda testata, caddero a terra.

Adele, dimentica dell'acido lattico entrato in azione, corse immediatamente verso la porta avversaria, sentendo Arianna urlare dagli spalti: "Fermi, non spostateli, sono un medico. Che nessuno tocchi niente."

«State bene?» domandò preoccupata, spostando lo sguardo dall'uno all'altro.

Gianluigi si rialzò immediatamente, massaggiandosi la testa, e bofonchiò un "no" a denti stretti, guardando torvo Pietro.

Quest'ultimo stava provando a rimettersi in piedi, chiaramente dolorante, ma venne bloccato da Arianna, che si era precipitata in campo così velocemente che quasi nessuno si era accorto ancora del suo arrivo quando la sentirono urlare: «Non ci provare, Provenzano. Potresti esserti rotto qualcosa. Sta' giù. Fammi dare un'occhiata.»

Lui la guardò male. «Sto bene» ribatté secco, mascherando una smorfia di dolore, ma rimase comunque fermo, entrambe le mani strette intorno al piede.

Arianna lo esaminò accuratamente. «Niente di rotto, ma per sicurezza meglio portarti al pronto soccorso, così può vederti un ortopedico. Devo avere qualcosa per immobilizzarti la caviglia nella mia borsa di emergenza.»

Federico e Alessandro, il ragazzo di Eleonora, lo presero immediatamente sottobraccio, aiutandolo a rimettersi in piedi.

«Mi dispiace, devo essere caduto sulla tua caviglia, scusa» mormorò Gianluigi, imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli.

Pietro lo incenerì con lo sguardo. «Scuse accettate» borbottò a denti stretti, saltellando su un piede e masticando un'imprecazione dopo l'altra.

«Ascoltate, ho la macchina parcheggiata giusto qui dietro. Ti accompagno io» affermò Adele perentoria.

«Adele, lascia stare. Vado a casa. Sto be-», ma Pietro non riuscì nemmeno a terminare la frase per via di un'altra fitta che lo costrinse a stringere le labbra.

Adele gli lanciò uno sguardo come a voler dire "ma dove vuoi andare che non puoi stare nemmeno in piedi?" e recuperò le chiavi dell'auto dalla borsa di Arianna. «Amore, prendi tu le mie cose in spogliatoio?»

Gianluigi annuì abbastanza contrariato, scrutando sospettoso quel gruppetto che si stava dirigendo verso i parcheggi del campetto.


*****


Quando vide uscire l'infermiera dalla sala radiologica in cui si trovava Pietro, Adele balzò in piedi dalla scomoda sedia del reparto di ortopedia, lasciando cadere a terra una rivista sulle fratture e le lussazioni delle ossa.

Avevano fatto passare solo lei e Federico, o meglio, teoricamente solo Federico, ma lei aveva così insistito che l'infermiera, pur di non starla a sentire, aveva chiuso un occhio; Arianna, Alessandro e Eleonora erano rimasti nella sala d'aspetto del pronto soccorso.

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