Prologo

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Non ricordo cosa successe. Ricordo solo un liquido dalla consistenza strana. Il laboratorio di mio Padre. La luce che sfrigolava un po'. Il rumore di un macchinario in funzione in sottofondo.
   Il liquido trasparente rifletteva la luce bianca attraverso mille colori fluorescenti che si mescolavano sulla superficie di una piccola macchia sul pavimento. Più avanti c'era una macchia più grande, della stessa materia, che era la più lucida che avessi mai visto, ma non rifletteva il soffitto. Non rifletteva neanche me quando ci fui sopra.
   Ricordo una caduta. Ero scivolata sulla prima macchia. Pensavo che sarei caduta sulla macchia più grande provocando uno schizzo che avrebbe sporcato tutto il pavimento a mattonelle bianche.
   Invece non successe.
   Non mi schiantai sul pavimento come pensavo. Non sentii il freddo delle mattonelle contro i palmi delle mani protese in avanti per attutire il colpo.
   Mi sentii sospesa. Non sentivo più il peso del mio corpo. Ero in un luogo di mezzo. Tra la realtà e la finzione.
   I colori che erano sulla superficie della macchia erano tutto intorno a me. Si estendevano a perdita d'occhio in quell'immensità di nuvole dense.
   Non riuscivo neanche a pensare. Non ne avevo bisogno.
   Non potevo muovermi. Ero come avvolta in una melma che non si sentiva al tatto.
   Chiusi gli occhi ancor prima di accorgermene.
   Non ricordo quanto ci rimasi, ma era molto, moltissimo tempo.

La Nostra Ultima VoltaWhere stories live. Discover now