24. Notturni

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Felix

   Ero già mezzo sveglio quando lo sentii. Il carillon che avevo regalato a Sky per natale stava suonando, nella stanza accanto alla mia. La cosa mi incuriosì, per il semplice fatto che era notte fonda.
   Non osai andare alla sua porta, non pensavo di poter sembrare normale se in piena notte fossi andato a chiederle se andasse tutto bene, come se non aspettassi altro.
   Avevo sentito che era uscita, e dopo vario tempo ancora non era rientrata, quindi decisi di andare a vedere cosa stesse facendo. Se stesse bene.
   Sgranchii le ali, aperte per dormire, e le ritirai sotto con un luccichio azzurrognolo prima di infilarmi la maglia del pigiama. Feci attenzione a non fare rumore mentre uscivo dalla stanza e scendevo le scale di marmo bianco. Di sotto non c'erano luci accese, e nessuno muoveva un singolo rumore, tranne per un lieve sottofondo. Sky stava suonando il piano.
   Anche se l'avevo sentita suonare solo una volta, ero felice di poter assistere a una sua "esibizione" una seconda, perché Sky era maledettamente brava. E mi piaceva vederla così concentrata sui tasti e rilassata allo stesso tempo. Così, attraversai il grande salone e mi fermai sullo stipite della porta, rimanendo ad ascoltare quella melodia magnifica. Sul leggio non c'erano spartiti. Stava suonando a memoria. Non ero un intenditore di musica classica, ma quel pezzo mi sembrava particolarmente difficile.
   Non si era ancora accorta di me. Non lo fece neanche dopo la fine della canzone. Aveva lo sguardo incollato su qualcos'altro. Sul leggio c'era una rosa appassita, probabilmente la stessa che c'era la prima volta. Fu quella la distrazione di entrambi Sky e me.
   All'improvviso, lentamente, la rosa cominciò a fluttuare, per poi rinascere, riprendendo colore e vita, e in pochi secondi tornò come era appena sbocciata.
   Mi guardai alle spalle per vedere Xander che faceva un'illusione, ma non c'era. Era stata Sky, a fare quella cosa con la rosa.
   E poi si accorse di me. Rimanemmo a fissarci per alcuni secondi, in un silenzio imbarazzante. Era arrossita. Io le sorrisi.
   - Bella canzone – buttai lì, per rompere il ghiaccio.
   - Non far finta di non aver visto... quello che è appena successo. So già che eri lì – disse, con un tono quasi triste, forse che esprimeva vergogna.
   - Perché sembri... triste? – le chiesi.
   - Non lo so... non importa, che ci fai sveglio? – si spostò di lato sul panchetto, per farmi spazio.
   - Devo ancora abituarmi al letto – risposi con un'alzata di spalle, sedendomi al suo fianco. – E tu invece? –
   Distolse lo sguardò e si spense un po'. – Incubi – rispose solamente.
   - Ne fai spesso vedo – commentai, cercando il suo sguardo. – Come l'altra notte? –
   Sky si limitò ad annuire. Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, poi la curiosità prese il sopravvento.
   - La cosa della rosa... Come hai fatto? – chiesi.
   - Non lo so – rispose, - Non avevo idea di saperlo fare.
   - Ma tuo padre non ha poteri, giusto? –
   - No, nessuno della mia famiglia aveva poteri. E non sono stata scelta dalla pioggia, io – disse.
   - Forse quando... hai cambiato epoca? – ipotizzai. Non sapevo come definire il tempo passato quando non era nel mondo.
   - Intendi la sospensione? Forse... sono caduta nella Laeta, ma non sono stata bagnata –
   - In che senso? –
   - Quando sono caduta nella pozza di pioggia ero nel laboratorio di mio padre. Non mi ha toccato direttamente, e quando mi sono svegliata ero completamente asciutta. Non era cambiato niente, se non gli occhi – finì la frase socchiudendo le palpebre, come se stesse ragionando a fondo.
   - Sarebbe comunque una spiegazione abbastanza plausibile, no? –
   - Sì, hai ragione... ma non capisco perché si sono palesati solo adesso – mormorò.
   - Forse tuo padre ne sa qualcosa in più – proposi.
   - Non so se mi crederebbe, sulla parola... o se avrebbe tempo per ascoltarmi –
   Tra di noi scese un silenzio imbarazzante. Non avevo affatto sonno, e lei non sembrava aver intenzione di andarsene. Avrei voluto fare qualcosa, per non soffrire in quella tortura di vergogna. In più, volevo che Sky si sentisse a suo agio con me.
   Premetti un tasto a caso sul piano. Sky mi guardò con un accenno confuso di sorriso. Ne premetti un altro, senza sapere che nota fosse. Le indicai la tastiera con un cenno della testa, e lei mi capì subito, dato che arrossì. Arrossiva spesso, forse troppo spesso.
   Mi imitò, sicuramente sapendo che tasti premere, a differenza mia. Iniziò lentamente a comporre una melodia, usando una sola mano. In un momento cercai di fare come lei, per completare il suono, ma già alla prima nota dovette spostarmi la mano perché avevo sbagliato. Un sorriso si era formato sulle sue labbra rosee, e faceva ridere anche me. Profumava di rose.
   Fu in quella notte, tra suoni di pianoforte e note stonate, con i sorrisi sul volto e la consapevolezza che la risata di Sky era il più bel suono che avessi mai sentito, che capii.
   Sky era per me la cosa che desideravo di più tra tutte. In un primo momento mi era sembrata simpatica, poi carina, e adesso avrei solo voluto baciarla.
   Mi fermai a guardarla. Con lo sguardo sui tasti, aveva le labbra fini curvate in un sorriso, i capelli sistemati dietro l'orecchio riflettevano la luce bianca del lampadario nei loro mille colori sul nero setoso della sua chioma. La pelle chiara era colorata dal lieve rossore sulle guance.
   - Che succede? – mi chiese, notando che la stavo fissando. I capelli tornarono a nasconderle il viso.
   - Niente. Va tutto bene – le sorrisi. Allungai una mano e la sfiorai per riportare la ciocca ribelle al suo posto. Sky sussultò, velocemente, in modo quasi impercettibile.
   - Scusa – le sussurrai.
   - No, scusami tu... non so cosa mi sia preso – fece un sorriso, probabilmente finto. Sembrava preoccupata.
   - Dovresti provare a dormire un po' – le suggerii.
   - Se solo ci riuscissi, lo farei – rispose. – Forse tu dovresti andare a dormire. Sembri stanco, non voglio essere la causa del tuo essere sveglio –
   - Sono sveglio perché volevo esserlo, non perché volevo farti da guardia –
   - E allora cosa volevi fare, sveglio, nel cuore della notte? - chiese. Era bello vedere come era cambiato il suo comportamento nei miei confronti, rispetto a quando l'avevo conosciuta.
   - Non lo so... tu cosa vorresti fare, a notte fonda? –
   - Una cosa stupida e irrealizzabile, ma bellissima – disse.
   - E questa cosa sarebbe? –
   - Uscire –
   - Adesso? –
   - Sì. In mezzo al temporale. – era un'idea assurda. Mi piaceva. La guardai con un sorriso.
   - Facciamolo -

La Nostra Ultima VoltaWhere stories live. Discover now