64. Margherite

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Sky

Ero sveglia, ma non riuscivo ad aprire gli occhi. Almeno, pensavo di essere sveglia.
   Sentivo il corpo come un macigno, non sentivo le dita quando provavo a muoverle. Riconoscevo il tessuto ruvido della coperta che mi stava addosso, il cuscino soffice che mi sfiorava la guancia. Ero sdraiata sulla schiena. Mi prudeva l'interno del gomito, come se ci fosse un insetto o qualcosa di appuntito sopra. 
   In sottofondo c'era un rumore, qualcosa come un monitor acceso e un "bip" intermittente. Avevo una sensazione strana alla faccia. E mi sentivo completamente sola.
   - Signori, non potete stare qui. Sono ammessi solo i parenti stretti – una voce femminile iniziò a parlare, come ovattata da una porta chiusa, frettolosa.
   - Spostati, dobbiamo vederla – l'altra era una voce profonda e dura, qualcosa che poteva appartenere a un pirata.
   - No, non potrete entrare fino a quando non vedrò i vostri documenti – si impose lei. Non capivo cosa stesse succedendo, né dove fossi.
   - Stia zitta! – tuonò l'uomo. – Siamo i suoi custodi legali, non ha parenti stretti –
   - Mi dispiace, ma devo avere i certificati e i documenti per farvi entrare – la donna non sembrava affatto dispiaciuta. – Ora vi prego di andarvene –
   Sentii dei rumori di passi, dei colpi contro la porta, qualcuno che cercava di forzare la maniglia. Poi, il fischio di una sirena.
   - Sicurezza! – gridò la ragazza.
   L'allarme mi perforò le orecchie in modo quasi doloroso, il "bip" costante aumentò la sua velocità di trasmissione, mi girava la testa.
   E poi, non sentii più la coperta su di me.

Addormentarmi tra le braccia di Felix era come addormentarmi in paradiso. Mi aveva sospinta in un sonno tranquillo e privo di sogni.
   Mi ero svegliata con il sorriso sul volto, anche se ero fisicamente esausta. Ma neanche ci feci caso, ero felice. E Felix era con me, non potevo chiedere di meglio.
   Fermai i capelli dietro la testa con un fermaglio, guardando allo specchio la maglietta lilla abbinata a un paio di jeans con dei fiori sulle tasche. Lexi mi aveva portata a fare shopping in simbolo delle sue scuse. E perché ne aveva voglia.
   Infilai le ballerine bianche e presi il cestino di vimini dalla scrivania. In cucina, lo riempii dei pacchettini che ci aveva preparato Iris. Mi baciò sulla tempia, abbracciandomi, poi si fermò ad ammirare l'anello di fidanzamento che portava al dito.
   - Ancora non ci credo che tuo padre me l'abbia chiesto! – trillò entusiasta.
   - Io ci credo eccome. Siete stupendi insieme – le rivelai, sistemando i tovaglioli nel cesto.
   - Mai quanto tu e Felix – rise.
   Da quando i Maestri se n'erano andati, portando via l'angoscia delle cose, l'atmosfera del campus era più respirabile. I colori parevano più vividi, e tutti eravamo privi di malinconia.
   Felix entrò dalla porta in quel momento, con lo zaino su una spalla.
   - Sono tornato! – annunciò dall'ingresso, chiudendo la porta. Aveva appena finito l'ultimo giorno di scuola. Mi raggiunse con lo zaino in spalla, baciò la mia guancia facendomi il solletico per poter interrompere le mie risatine con le sue labbra sulle mie.
   - Come è andata a scuola? – gli chiesi.
   - Bene, direi. Hanno chiesto ancora di te – sorrise.
   - Di me? –
   - Sì, di te. È da settimane che chiedono che fine hai fatto. E adesso chiedono dello scontro con Tyron e se tu stai bene – spiegò.
   - Non sapevo di piacere alle persone – ammisi.
   - Fidati, piaci a tutti – si avvicinò da dietro, avvolgendo con le braccia la mia vita mentre appoggiava il mento sulla mia spalla. – Specialmente a me – bisbigliò.
   - Continuate pure a farmi sentire solo, certo, non me la prendo – Louis alzò le braccia in tono sarcastico, passando davanti alla porta e facendoci ridere.
   Andammo al nostro posto, mio padre ci lasciò all'inizio del sentiero che portava al lago. Il passaggio tra gli alberi dalle chiome vive era accompagnato da un leggero venticello che sfiorava i fiori sbucati qua e là nell'erba. Entrati nel prato, Felix mi si mise davanti e mi prese di peso da sotto le gambe, issandomi sulla sua spalla senza preavviso, per iniziare a correre trasportandomi come un sacco di fiori.
   - Felix! – risi, sorreggendomi con le mani sulla sua schiena. Mi rimise a terra con una risata, tenendo le mani sui miei fianchi per baciarmi sotto il sole sorridente.
   Stese una grande tovaglia bianca, sulla quale ci sedemmo. Felix si era portato dietro la macchina fotografica, e riprendeva ogni cosa, dalle nuvole a forma di cuore alla farfalla che si posò sul mio dito. Ci svolazzò attorno per un po' prima di andarsene.
   Iniziai a raccogliere le margherite intorno a noi, e ad intrecciarle insieme ad altri fiori colorati. Felix prendeva piccoli mazzi e me li passava, osservando come piegavo gli steli dei fiori per formare una coroncina. La posai delicata sulla sua testa.
   - Il mio principe – lo incoronai.
   Allora Felix cercò di imitarmi, prese anche lui delle margherite e tentò di unirle come avevo fatto io. Ridacchiai alla sua espressione concentrata e mi avvicinai per fargli vedere. Presi i fiorellini che aveva tra le mani e gli mostrai il modo corretto, svelandogli tutti i piccoli trucchetti che avevo imparato nei pomeriggi come quello, prima della sospensione, passati a creare coroncine di fiori nell'attesa di trovare il mio cavaliere. Adesso era lì, proprio accanto a me, come lo avevo sempre desiderato. Guidai le sue mani nel fare lo stesso e presto continuò la catena per conto suo. Gli diedi un bacio sulla guancia.
   - La mia principessa – posizionò la corona di margherite sui miei capelli. Prese la fotocamera e la puntò su di me, dicendo – sorridi, principessa -. Riuscivo a vederlo, il suo sorriso nascosto dietro la macchina fotografica. Risi, a cuore aperto, perché avevo Felix con me e riuscivo a farlo stare bene. Rise il mio cuore per me.
   - Posso provare? – gli chiesi. Con il sorriso che si ingrandiva sulle sue labbra mi passò la fotocamera, indicandomi i tasti da premere per avere i risultati migliori. Ovviamente il mio soggetto era Felix. Scattai alcune foto, ritrassi la scintilla delle sue stelle e il viso rilassato e contento, e dio, mi stavo sciogliendo.
   Quando la macchina fu di nuovo in suo possesso allungò il braccio in avanti, girando l'obbiettivo verso di noi. Riempì tutta la galleria di foto di noi due che giocavamo come bambini nell'aria calda dell'estate, con i nostri fiorellini e con i nostri baci sfuggenti e ridenti, con le nostre corone che definivano la nostra regalità nel nostro amore.
   Mi sentivo viva come mai prima di allora, come se ogni fibra del mio corpo mi dicesse che ero nel posto giusto, al momento giusto, con la persona giusta. Come se avessi dimenticato il dolore e lo avessi rimpiazzato con scintille di benessere, stelle, luce, felicità. Ero sicura che la luna ci stesse guardando.
   Trovai alcuni fiori azzurrini, piccoli e delicati, fragili, bellissimi. Ne raccolsi un po' e li porsi a Felix.
   - Un mazzo di fiori per il mio principe – dissi.
   - Grazie, principessa – mi baciò nel soffio di un sorriso.
   - Ti amo – sussurrò sulla mia pelle. Quelle parole mi entravano nell'anima ogni volta che le pronunciava lui, curando le ferite ancora aperte con la purezza dei suoi sentimenti nei miei confronti.
   - Ti amo – ripetei.
   Spalla contro spalla, con le mani intrecciate tra di noi, guardavamo il sole sparire in un tramonto sulla superficie del lago.
   - Che fiori sono questi? – chiese, guardando il mazzo.
   - Nontiscordardimé – risposi con un sorriso, lo sguardo puntato sui petali fini dei piccoli fiori azzurri.
   - Non potrei mai – rispose lui, sorridendomi.

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