21. Storie

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Sky

La sera, dopo cena, Luis decise di raccontare, in modo comico, ovviamente, la storia dei protettori.
   - C'era una volta, in un mondo lontano, lontano... -
   - Il mondo in questione è la Terra, questo pianeta qui, sotto i nostri piedi – lo interruppe Xander.
   - Quello lì. Dicevo. C'era una volta, in questo mondo qui, sotto i nostri piedi, una popolazione semplice, che viveva una vita normale.
   - Poi, iniziò a piovere. Non una pioggia normale, sennò non lo direi. Era la pioggia Laeta, che era di tutti i colori senza essere di nessuno di essi. La sua più grande particolarità era che non bagnava tutto, sceglieva lei chi toccare. Il bello era che la scelta non aveva un senso. Colpiva chi voleva, non il ricco o il buono, ma poteva bagnare un bimbo invece che una madre, o un fratello minore invece che il maggiore. Insomma, non si sapeva perché alcune persone venivano scelte e altre no. Ma si sapeva che questa pioggia cambiava le persone. In cosa, vi chiederete voi. In noi. – Fece una pausa teatrale, abbassando il tono di voce.
   - In realtà non se lo era chiesto nessuno – si intromise Max, ma fu zittito da uno sguardo assassino di Lou che fece tuonare sopra di lui.
   - Stavo dicendo. Le persone all'inizio erano poche, e non si resero conto di avere dei poteri. mi chiedo come avessero fatto a non accorgersene, ma non posso sapere cosa pensavano gli antichi –
   - Mi stai dando del "fossile"? – lo interruppe mio padre, alzando un sopracciglio con aria minacciosa.
   - No, assolutamente, signore – gli rispose immediatamente Louis, mettendo le mani in avanti. Iniziammo a ridacchiare, poi ricominciò a parlare.
   - Poi, finalmente, gli antenati di Lexi e Max, di Iris, di Xander, Katlin, Theo e mio si svegliarono e capirono di poter fare le cose che possiamo fare. L'ultimo che fu scoperto fu l'angelo sceso in terra che era l'antenato di Felix. -  Tutte le scenette che raccontava erano accompagnate da delle illusioni di Xander, che muoveva le dita e rideva. Ormai tutti sapevano la storia della Pioggia e dei Protettori, ma ascoltavamo interessati i racconti di Louis.
   - Ricapitolando per i non-Protettori del pubblico, -
- Non c'è nessun "non-Protettore", qui, Lou – gli fece notare Kate. Lo sguardo che le lanciò Louis era esilarante. Fingeva un tic a un occhio, spazientito, e la guardava con una smorfia che doveva somigliare a un sorriso. – Non sono più ammessi commenti durante la mia performance. Sono stato chiaro? – disse serio, riprendendo una faccia umana. Kate annuì divertita.
- Stavo dicendo. Ricapitolando: la bisnonna di Lexi e Max leggeva la mente e usava la telecinesi, si dice che una mattina avesse fatto fluttuare un'ostia alla messa della domenica, e che sia stato così che lo avesse scoperto. Invece il loro nonno, cercando di scappare da dei bulletti bastardi, si ere trasformato in vento per uscire più velocemente dalla situazione. Perché le Nuvole avrebbero dovuto dare i poteri a un vigliacco simile?! – al suo commento scoppiammo a ridere, soprattutto Max.
- Non so chi sia venuto prima di Iris, ma la sua antenata aveva ammaliato tutti gli uomini della sua piccola cittadella cantando con la sua voce da sirena. Poi, che li abbia fatti scappare con un urlo ultrasonico è un'altra storia – Iris si portò una mano alla fronte scuotendo la testa, mentre rideva.
- Posso dire di non avere la minima idea di come l'antenato di Xander abbia scoperto di poter creare illusioni, e prima che si intrometta il signorino interessato, passo direttamente a Kate. Ora tu dimmi, come fai a sopportare di sentire ogni singolo rumore che succede sempre? Perché, capisco la mega-vista, il mega-gusto, e quant'altro, ma il mega-udito mi sembra una tortura –
- Beh, in realtà non è poi così... - iniziò Kate.
- Sì, sì, non ci interessa. Il Geniaccio di Theo ha una storia troppo banale per essere raccontata, quindi vi dico come il mio bisnonno ha scoperto di essere un tantino più meteoropatico degli altri. O dovrei dire che il meteo era più Vick-oropatico? – si grattò la testa, causandoci un'altra risata. – Insomma, una sera era triste, in mezzo a una tempesta solare, e ha cominciato a piovere a dirotto. Niente di più eclatante – concluse con un'alzata di spalle.
- E adesso che ho raccontato la storia di tutti, - continuò Luis. – posso dire che è strano, se non sospetto, che il preside nonché insegnante della scuola di Protettori non sia stato scelto per il potere della pioggia: ci nascondi qualcosa Ben? – alzò un sopracciglio e fece un sorriso sorto avvicinandosi a mio padre con fare accusatorio.
   - Oh, no. Ho studiato la pioggia Laeta per tutta la vita, ma non la ho mai assorbita. E neanche i miei "antenati", visto che ero presente io stesso quando è successo – rispose mio padre ridendo. – E devi ammettere che sono abbastanza bravo, come insegnante, anche se non ho poteri. Concordi, Louis? – gli sorrise. – Assolutamente – lo accontentò l'altro, fingendo di togliersi un cappello immaginario alla presenza del capo supremo.
   A fine serata mio Padre mi costrinse ad andare a letto, mentre gli altri potevano stare alzati ancora un po'. Invece che andare a dormire, però, mi sedetti sul divanetto accanto alla finestra e guardai la luna. A un certo punto sembrò che i crateri scuri sulla superficie diventassero occhi, poi fu come se si formasse un sorriso al di sotto di essi.
   Sbattei gli occhi un paio di volte. Mi fece l'occhiolino. Chiusi di scatto le tende. Mi stavo immaginando le cose. Forse dovevo davvero andare a dormire. Mi stesi a letto, ma avevo un brutto presentimento. Penso che tutti fossero andati a letto quando mi addormentai.

Mi svegliai dopo quello che sembrava un secondo nell'altra camera. Quella malcurata con il letto cigolante.
   Era ancora buio fuori, lo vedevo dagli spiragli di nero che passavano dai buchi nelle tapparelle. Al piano di sotto, due voci che gridavano l'una contro l'altra. Non capivo cosa stessero dicendo, ma intuivo che parlavano di me. Come sempre.
   Ero io la causa di quelle urla, io e quello che ero. Non avevo ancora capito niente di quella faccenda. E i mostri non avevano le capacità di poterlo spiegare. Non pensavo esistessero al mondo persone con meno competenze in campo di parlare. Loro sapevano solo urlare.
   Non ricordavo più il suono del silenzio. O comunque, lo associavo al pericolo.
   Quando arrivava il silenzio, arrivavano i guai. Il silenzio voleva dire che stavano per esplodere. E sarebbero esplosi su di me. Come sempre.
   Provai a ignorare le grida, a tornare a dormire, a sperare di non svegliarmi, a non pensare alla mia vita. Volevo tornare a quella di prima. Ma qual era? Avevo solo questa, da sempre, come potevo tornare da qualcuno che neanche esisteva?
   Le urla distrussero la fragile calma che avevo. Andò in pezzi. Sentivo il cuore che accelerava ogni volta che un gradino veniva salito, con il passo pesante, il sudore sulla fronte che scendeva lungo la tempia, come a contare il tempo che rimaneva prima che il mostro arrivasse da me.
   Sentivo il ticchettio di un orologio. Le pareti leggere tremavano ogni volta che faceva un passo. Un quadro cadde e vidi il colore originale della carta da parati.
   Tick-tack. Il tempo è scaduto.
   Desiderai solo sparire nel momento in cui la porta si aprì e il mio sguardo incrociò l'occhio giallo iniettato di sangue che c'era dall'altra parte.
   Tick-Tack. La bomba stava esplodendo.

La Nostra Ultima VoltaWhere stories live. Discover now