50. Controsensi

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Felix

Andando in camera, alcuni giorni dopo, passai davanti alla stanza di Sky. Aveva lasciato la porta aperta. Mi affacciai discretamente, trovandola addormentata sotto le coperte. Mi appoggiai allo stipite, guardandola. Mi dava la schiena, vedevo come si muoveva nel sonno. Stava avendo un'altra visione. Sarei voluto andare lì ad abbracciarla, a confortarla, ma non potevo...
   Dietro di me sentii qualcuno camminare, girai il collo per trovare Max, che guardò prima Sky e poi me. Sospirò.
   - Lei non ha smesso, di amarti. È soltanto confusa, e arrabbiata, e... non sa come gestire le sue emozioni. Non è colpa tua se si sta allontanando, devi solo darle il tempo di capire cosa prova. Falle capire che ha ancora bisogno di te, e che tu sei pronto a starle accanto. È questo di cui ha bisogno –
   Spostai lo sguardo sul pavimento, pensando al suo discorso. Anche Kate aveva detto questo. Riportai gli occhi su Sky.
   - Sta cercando di prendere le distanze da tutti – Lexi apparve accanto a suo fratello, - Pensa che facendo così, facendosi odiare, può evitare di farci soffrire. Non riesce a capire che noi non potremmo mai odiarla, e che in questo modo si sta solo facendo del male. Ma dobbiamo lasciare che faccia un po' di chiarezza nella sua mente. È molto turbata, ogni volta che cerco di vedere cosa pensa è come un uragano, non ha pace... -
   - Va a dormire, Felix. Ci proverai a parlare domani – Max mi mise una mano sulla spalla. Annuii in silenzio, senza staccare gli occhi dalla mia principessa. I gemelli se ne andarono, io rimasi sulla porta ancora per qualche istante, ammirando i colori che spuntavano sui capelli scuri di Sky ogni volta che la luna la colpiva con i suoi raggi.
   Fissai a lungo il soffitto della mia camera, incapace di prendere sonno. Per quanto volessi essere arrabbiato con Sky, per quanto mi innervosissero le sue azioni, la consapevolezza che ciò che avevano detto Lexi e Max era vero me lo impediva.
   Sky era la mia principessa. Il mio compito di principe e di angelo era quello di proteggerla. E io lo avrei fatto ad ogni costo.

Sky

Più provavo a evitare Felix, più lui mi cercava. Negli ultimi giorni avevo preso le distanze da tutti: mio padre, Lexi, Max, Felix...
   Faceva male. Tutto faceva male. Non riuscivo più a guardare negli occhi nessuno, pensando alle visioni, ai maestri, a quello che poteva succedere dopo...
   Loro non sapevano, che io sapevo. Ma il "dopo" non era una cosa da sapere, si sente e basta. E io lo sentivo più di chiunque altro. Sicuramente i Maestri avevano spiegato meglio a loro, ma sinceramente a me non importava sapere i dettagli.
   E intanto mi isolavo nella mia stanza. Non sopportavo di vedere i loro sguardi preoccupati, o la compassione nei loro occhi. Detestavo la sensazione di impotenza che mi affliggeva ogni volta che mi svegliavo da un ricordo. O quella di essere un peso per la mia famiglia.
   Riuscivo a stare soltanto un giorno intero senza uscire dalla mia stanza, senza mangiare o aprire bocca per parlare. Fin quando ero dentro, la tempesta rimaneva nel mio petto. Ma appena mettevo piede in corridoio... beh, la tempesta diventava vulcano che eruttava parole di lava che venivano da una profondità oscura di me in cui non andavo mai.
   Sentii il brontolio del mio stomaco. Mi costrinsi ad aprire gli occhi e ad alzarmi dal letto. Non dormivo, ma stare in quella posizione mi concedeva di lasciarmi scivolare addosso il tempo che passava, come se non stesse succedendo niente. Andai in cucina e mi preparai da mangiare senza fiatare. Ignorai le occhiate che attiravo passando. I pensieri si stavano facendo davvero pesanti da sostenere davanti alle persone. Mi passavano davanti domande come: "che cosa sto facendo?", oppure "perché devi rovinare sempre tutto?". "Sei così stupida", "Esci da qui, non ti meriti niente di quello che ti danno". Un turbine di cose che avrei voluto gridare al vento per buttarle via dal mio corpo. Forse dovevo solo uscire, prendere aria, andare a scuola.
   Hahaha. Divertente.
   Non potevo lasciare il campus. E a quanto pare non potevo neanche stare sola. Xander spuntò nella stanza, ma non disse nulla.
   Ecco, odiavo anche questa cosa: la reclusione. Le opzioni erano due: stare in camera da sola, o avere una sentinella al mio fianco ogni secondo della giornata. Mi alzai e posai il piatto nel lavandino, poi ripresi la mia strada verso la mia camera.
   - Sky, aspetta – mi fermò Xander.
   - Cosa c'è? –
   - Sei strana. Che ti succede? – incrociò le braccia al petto.
   - Niente, sto benissimo – ripresi a camminare, ma lui parlò di nuovo. – Lo sappiamo tutti che non è vero. Che hai? – si avvicinò lentamente, fino ad essere alla distanza di una stretta di mano. Mi guardava dall'alto, con lo sguardo duro e i muscoli del collo irrigiditi.
   - Non ho niente. Perché dovete sempre immischiarvi nei miei affari? E poi, non posso avere segreti, io? – non lo guardai negli occhi. Scrutai l'espressione sul suo viso mentre si passava una mano sul mento, gli occhi verdi castagna continuavano a pesarmi sulla coscienza come macigni.
   - Perché siamo la tua famiglia, e siamo preoccupati per te –
   - Non dovete esserlo. Ora, se non ti dispiace, torno in camera. L'unico posto in cui posso essere lasciata in pace – sputai a denti stretti, voltando le spalle a Xander e marciando via velocemente.
   Dio, perché avevo sempre questa cosa che mi ribolliva dentro e non mi permetteva di parlare con gli altri in modo normale?
   Era tutto un controsenso. Da una parte avrei voluto gettarmi tra le braccia di Felix implorando tutti di perdonarmi, dall'altra però era meglio se continuavo a respingerli lontani da me. Ero sollevata al pensiero che potevano liberarsi di me e avere un peso in meno sulle spalle, dopo.
   - Sky! Fermati, ti prego! – oh no, Felix no.
   Non sapevo se avrei retto un altro litigio come l'ultimo. Ma non potevo neanche ignorarlo, ormai.
   Fanculo tutto.

La Nostra Ultima VoltaWhere stories live. Discover now