33. Tempeste

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Sky

Okay, adesso mi sentivo più leggera. Il peso del segreto mi soffocava, e in più aveva visto tutto da solo, non avevo dovuto dire niente.
La positività per me aveva vita breve, però.
Ero seduta al tavolo nella sala da pranzo, mio padre stava in piedi dietro di me con una mano sulla mia spalla. C'erano degli uomini vestiti in modo strano davanti a noi.
- Noi siamo i rappresentanti dei Maestri Onniveggenti. – disse l'uomo al centro. – Mi chiamo Fredrik, e sono il Grande Mentore, vi spiegherò tutto io – avrei finalmente avuto delle risposte. La cosa mi rassicurava, appena appena.
- Come già sai, hai dei poteri Sky. Hai capito di che tipo? – chiese. Scossi la testa.
- Diciamo che sono vari. Vanno dal controllo del meteo, alla telecinesi, alle illusioni, alla connessione con la natura... - elencò.
- Insomma, ha tutti i nostri poteri messi insieme? – lo interruppe Xander.
- In pratica sì, Xander – lo guardò storto.
- Hai controllo su tutto in questo mondo. Ogni piccola cosa è a tua completa disposizione – incrociò le mani davanti a sé sul tavolo. Io? Controllare tutto? Come diamine era possibile?
- Ma perché le si sono presentati così tardi? – domandò mio padre. – Perché non li ha dal Giorno della Pioggia? –
- I suoi poteri dovevano ancora svilupparsi, esattamente come lei stessa. Poteri di questa entità sono pericolosi, anche adesso, e da bambina non avrebbe potuto sostenerli. –
- Ma io non sono stata scelta dalla pioggia – obiettai.
- Piccola Sky, questi poteri sono tuoi da molto prima della pioggia – fece un piccolo sorriso.
- Cosa? – neanche li dovevo avere i poteri, e adesso scopro che c'erano ancora prima che nascessero? Questa conversazione stava prendendo una piega inquietante.
- Ci sono tante cose difficili da spiegare, questa è una di esse. Abbiamo una profezia molto importante nell'Ordine, per anni abbiamo cercato di darle un senso, e finalmente adesso stiamo iniziando a decifrarla. Grazie a te, Sky – mi guardò. Quante possibilità c'erano che questi fossero soltanto tre idioti che cercavano di spaventarmi?
- Mia figlia ha a che fare con una profezia? – sbottò mio padre. – Ma di cosa state parlando? – era agitato. Tutti lo eravamo.
- Il contenuto della profezia, signor Sparklin, è in stretta custodia degli Onniveggenti, e non verrà rivelato fino al momento opportuno. Ritengo però giusto dirvi che, sì, Sky ha molto a che fare con questa profezia, e ci sono scritte cose su di lei che nessuno di voi sa, neppure lei stessa. Siamo venuti qui per studiare l'evoluzione degli eventi, quindi vi chiediamo di lasciarci stare qui con voi per un po' di tempo – concluse.
Iniziava a girarmi la testa, con tutte quelle informazioni, ma c'era un'ultima cosa che mi premeva chiedere.
- Invece riguardo le visioni? Come mai le ho? E cosa sono di preciso? – chiesi, con la voce che tremava un po'.
- Questa è un'altra questione complessa. Per cominciare, le cose che vedi non sono soltanto frutto della tua immaginazione, se te lo fossi mai chiesta – annuii, quasi spaventata di ascoltare il resto.
- Non possiamo dire con certezza cosa siano, ma noi pensiamo che riguardino una tua altra vita, precedente a questa, e che le visioni siano, in realtà... ricordi –
Mi mancò il fiato per un istante. Restai con gli occhi spalancati, digerendo l'ultima frase.
Ricordi.
- Se non vi dispiace, io vado in camera – dissi a bassa voce alzandomi, prima che nessuno potesse dire altro.
Quando finalmente chiusi la porta, mi lasciai cadere sul pavimento. Mi sembrava di avere un vulcano in testa, che eruttava pensieri e non mi dava il tempo di ragionare.
Ero in una profezia. Avevo poteri da prima ancora della pioggia. Avevo un'altra vita prima di questa. Quelli erano ricordi. Mi tremavano le gambe. I miei poteri potevano anche uccidermi, da come aveva detto. Stavo per morire. Yay.
Iniziai a camminare nella stanza cercando di calmare la tempesta interiore. Poi sentii un tuono. Eccoci. Louis o io? Io, perché mai Lou avrebbe dovuto stare così male? La cosa non era rassicurante.
Sentivo le gocce di pioggia che battevano contro il vetro della finestra, sembrava che i nuvoloni neri mi venissero addosso. Sentivo tutto. I miei passi sul pavimento, il rumore del metallo del mio ciondolo scorrere contro la catenella, le voci degli altri di sotto, qualcuno che saliva le scale, un tuono, il vento, le ciglia che si sfioravano quando battevo le palpebre, l'aprirsi di una porta, l'odore di una candela spenta, il freddo nelle ossa, la nausea, il caldo sulle guance, il cuore oppresso nel petto, una presenza, un tocco le mie lacrime. Un abbraccio.
Stavo piangendo. Mi vergognavo, perché non riuscivo a stare calma? Avevo paura. Mi sentivo le ginocchia molli, caddi. Mi sostenne.
- Shhh, va tutto bene – sussurrò Felix. – Respira –
- No, non va bene. Niente va bene! – avevo la voce impastata di lacrime.
- Sì invece, va bene. Respira... non sei sola, okay? Ci sono io con te. Non sarai mai sola – mi teneva abbracciata a lui con una mano intorno alle mie spalle, con l'altra mi accarezzava i capelli. La sola presenza di Felix mi faceva sentire meglio, ma non era sufficiente a far cessare la pioggia che sembrava infrangersi direttamente su di me.
Sentii un calore che mi avvolgeva, soffice, quasi da poterlo toccare. Smisi di tremare, non so per quale magia oscura, e aprii gli occhi. Ero circondata da una specie di luce azzurrina che riconobbi essere di Felix. Stava avvolgendo le sue ali intorno a me.
Continuai a piangere, ma la furia del mio respiro si stava frenando.
- Che stai facendo? – sussurrai, incantata dalle sue piume.
- È uno dei poteri degli angeli, aiuta a calmare le anime in tempesta e permette alle persone di respirare anche mentre stanno affogando in loro stessi - spiegò con dolcezza. – avevo capito che ne avevi bisogno –
Era incredibile il modo in cui lui riuscisse a calmarmi. Era ancora più incredibile il fatto che riuscivo a lasciarmi andare con lui. Odiavo farmi vedere fragile, non volevo che gli altri mi vedessero vulnerabile. Eppure in lui c'era qualcosa che non riuscivo a spiegare, ma che mi spingeva a fidarmi di lui. Non sapevo cosa fosse, ma era come se il suo sguardo mi scrutasse dentro, non per giudicare, ma per ascoltare i miei tormenti e cullare i miei incubi.
- Usciamo – disse di punto in bianco.
- Cosa? –
- Usciamo, noi due. Ci allontaniamo un po' dal campus e dai problemi. Da tutto quello che oscura i tuoi occhi. Sono molto più belli quando brillano, sai? – mi regalò un sorriso. Il. Suo. Sorriso.
Mi aveva chiesto di uscire, adesso? Il mio cuore batteva forte nel petto, sentivo le guance bruciare e un piccolo sorriso formarsi sulle mie labbra. Abbassai lo sguardo. Spostò la mano dai miei capelli e mi mise due dita sotto al mento, con gesti delicati, alzandomi la testa per farmi incontrare le stelle che aveva negli occhi.
- Preferisco quando mi guardi negli occhi – disse piano, avvolgendomi della sensazione di protezione che emanava in ogni suo gesto.
Un rumore di passi sulla porta mi riscosse dallo stato di trans in cui ero caduta. – Sky! – esclamò Lexi, con un sospiro di sollievo.
Prima di ritrarre le ali, Felix si avvicinò al mio orecchio, – Vieni in camera mia dopo – disse in un filo di voce. Tornando su con la schiena lasciò un piccolo bacio sulla mia guancia, delicato come petali di un fiore, ma che su di me ebbero come l'effetto di una puntura. Una puntura che volevo provare ancora e ancora.
Mi scoccò un altro sorriso prima di voltarsi e uscire. Sulla porta, mi fece l'occhiolino.
Quel ragazzo mi avrebbe fatto impazzire. O forse ero già impazzita.

La Nostra Ultima VoltaWhere stories live. Discover now