54. Siamo insieme

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Sky

Mi girava la testa. Ormai ero abituata a non sentirmi bene, e i sintomi erano sempre gli stessi: capogiri, nausea, brividi, pensieri. Tanti pensieri.
Ogni volta che si aggiungeva una scena a quello strano – e terrificante – film delle visioni, ci capivo sempre meno. Era Fredrik, quello che avevo visto? Il medaglione era fatto allo stesso modo. Non sapevo più se potevo fidarmi di loro, non che avessero fatto niente per dimostrare di essere dalla nostra parte.
Non stavo bene. Non stavo affatto bene.
Erano successe troppe cose troppo in fretta, tutti gli avvenimenti delle ultime settimane mi stavano crollando addosso come macigni e non sapevo più come fare a sostenerli. Non sapevo dove guardare, cosa pensare, da chi andare... no, da chi andare lo sapevo, ma non volevo disturbarlo ancora. Mi aveva salvata fin troppe volte, e io non avevo fatto niente per lui. Volevo risparmiargli almeno la fatica di stare sveglio un'altra volta solo perché non riuscivo a dormire.
Però lui si avvicinò, lo sentii camminare verso il letto. Si infilò sotto le coperte sull'altro lato del letto, venendomi vicino, avvolgendomi con le sue braccia intorno alla mia vita e tirandomi a sé. Mise il mento sulla mia spalla e mi baciò sul collo e sulla guancia, poi mi sussurrò all'orecchio.
- So che c'è qualcosa che non va. Dimmi come posso farti stare meglio –
- Hai già fatto abbastanza per me, Felix. Va pure a dormire – bisbigliai in risposta.
- Stavolta no, principessa. Non ti lascerò sola – rispose. - Ti va bene se resto qui? Mi sei mancata... -
- Non sono mai andata via... -
- Era come se tu non ci fossi – affondò nei miei capelli, abbracciandomi più stretta.
- Certo che va bene se resti – risposi poi.
Restai in silenzio per un po', fissando davanti a me non so bene cosa. Non riuscivo a chiudere occhio. Era come se ci fossero paure e caos nella mia testa a tenermi una gelida compagnia.
- Dovresti dormire – disse Felix in un sussurro. Annuii soltanto e cercai di chiudere gli occhi, facendomi cullare dalla presenza di Felix, dalla sua essenza. Ma, guarda caso, non riuscii a scuotermi di dosso la sensazione di essere osservata, di nausea, di tutto.
Sentii le dita di Felix scivolare sul mio palmo fino ad intrecciarsi con le mie, sul cuscino, mentre lasciavo la sua voce angelica avvolgermi nel buio della stanza.
- Come mai non vuoi piangere quando c'è qualcuno che ti vede? Cosa c'è che ti spaventa nel farti vedere fragile? – chiese, tranquillo.
- Non aveva senso piangere se non c'era nessuno ad asciugarmi le lacrime –
- Adesso ci sono io per questo – affermò.
- Grida, piangi, fa venire un temporale qui dentro. Io sarò con te fino alla fine –
Quelle parole sbloccarono qualcosa in me. Come se Felix mi avesse finalmente dato l'autorizzazione che mi serviva per liberarmi del fumo che sentivo crescere sempre di più dentro. Era come se adesso non avessi più paura di essere debole, come se potessi concedermi il lusso di crollare, almeno per un momento, tra le braccia di qualcuno. Mi voltai, faccia a faccia con Felix, e mi nascosi nel suo petto, lasciando scorrere sulle guance tutti i dettagli della mia vita che mi avevano fatto male, ma che avevo represso per paura di diventare un peso.
L'assenza di mia madre quando ero piccola. Un sospiro.
La passività di mio padre in fatto di sentimenti. Una lacrima.
La solitudine del Regno di Mezzo, la paura quando ci entrai e quando ne venni fuori. Il segno che mi lasciò cambiare epoca in cui vivere. Un singhiozzo.
Quando tutti si erano scordati di me nel mio compleanno. Un pianto.
I poteri che portavano solo guai, pur essendo belli. Un lamento scappato dal profondo.
Tutte le visioni, i mostri, i lividi, le grida, il sangue, l'odore del fumo, quello di alcol. Un grido ovattato nella sua maglia, ormai pregna del mio strazio lacrimante.
La pressione di sapere che ero io la causa del malessere di tutti nel campus. Dolore. Dolore, lacrime, grida, di nuovo.
Soffocai un altro urlo nella sua maglia, singhiozzando in maniera patetica come mai prima di allora. Felix mi stringeva e basta. Non provò a calmarmi o a farmi ragionare. Gli fui grata, per questo.
Continuavo a lasciarmi andare, a lasciare che tutte le cose mi cadessero addosso per farle scivolare via. Soffrivo? Sì. Faceva male. Ma andava bene così.
Autodistruggersi. Questo stavo facendo. Però c'era Felix. Lo faceva con me.
   - Sky... - Felix sembrava stare male quasi quanto me.
   - Sto bene - singhiozzai, mentendo a me stessa e a lui, cercando di fingere che fosse tutto normale, che non mi stessi disintegrando dentro.
    - No principessa, non stai bene - mi accarezzò i capelli premendomi contro la sua maglia. - E va bene così, principessa. Puoi permetterti di crollare, ne hai bisogno anche tu... -
   Lasciai uscire tutto. Mi svuotai delle lacrime, del dolore che rimaneva ancorato in me e non sarebbe andato via neanche se lo tiravo con la forza. Ma andava tutto bene, stavo bene...
- Fammi entrare nel tuo cuore – chiese in un sussurro.
- Non voglio soffocarti nel mio dolore –
- Non mi farai del male. Voglio aiutarti a superare le tue ferite. Ti fidi di me? – lo guardai negli occhi. La determinazione faceva a gara con l'affetto per farsi vedere.
- Sempre – gli risposi. Lo abbracciai stretto, desiderando di potergli spiegare a parole ciò che mi disturbava.
E poi si sentì una voce, poi un'altra e ancora una, urla sconnesse che dicevano cose, passandoci attorno come vento. Aprii gli occhi, eravamo in una stanza immensa, senza pareti, di un colore grigio chiaro spento. Eravamo in piedi al centro di quello che sembrava un tornado, sopra di noi si stagliavano nuvole nere come il catrame, illuminate qua e là da fulmini bianchissimi.
Felix mi strinse a sé, con fare protettivo. – Che diavolo... -
Sapevo dove eravamo. O meglio, non sapevo dove eravamo, ma ci ero già stata. Assomigliava al casino che c'era nella mia mente.
- Credo... - deglutii, - Credo che siamo in una rappresentazione della mia testa –
Ci passò accanto un grido che diceva "non sei nessuno". "Sei così stupida" "rovini sempre tutto" "non ti stupire se ti abbandonano" "non lo meriti" "io ti lascio andare..."
Erano tutte cose che avevo pensato. Dalle autocritiche alle richieste d'aiuto, tutto ci frullava intorno in maniera insensata.
- Sky – Felix mi prese il volto tra le mani. Aveva notato che ero sul punto di avere una crisi.
- Guardami – disse, - Ci sono io con te. Non sei sola –
- Ci sono io con te. Non sei solo – ripetei, rivolta a lui. Pensava che non avessi notato che stava male anche lui. Gli presi i polsi con le mani, continuando a guardarlo negli occhi.
- Andrà tutto bene. Niente di tutto questo sta succedendo davvero. È solo nella mia testa – gli dissi.
- Andrà tutto bene. Siamo insieme, niente ci può toccare – disse lui.
- Siamo insieme. Non ti accadrà nulla fin quando sono qui – dissi. Ci avvicinammo in contemporanea, facendo toccare le fronti, con gli occhi chiusi.
Sembrava che i battiti dei nostri cuori si fossero coordinati sulla stessa frequenza, che battessero a tempo l'uno con l'altro.
Quando riaprii gli occhi Felix mi stava già guardando. Mi rivolse un piccolo sorriso sollevato, in un sospiro. Si avvicinò, rompendo la distanza che separava i nostri volti. Il bacio mi diede una scarica elettrica, morii e poi rinacqui, cinta dalle ali di Felix che si erano aperte per abbracciarmi. Eravamo di nuovo stesi sul letto, l'uno davanti all'altra, distanti solo pochi centimetri dal toccarci, il suo sorriso sfiorava le mie labbra.
- Grazie di avermi salvato, principessa –
- Non è niente in confronto a ciò che farei per te -

La Nostra Ultima VoltaWhere stories live. Discover now