Santa Klaus - Capitolo 5

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«No.»

La sua risposta mi lascia un po' sbalordita e leggermente delusa.

«Cosa, che significa no?» agito la tazza di caffè facendo attenzione a non farlo cadere. Ok, da Klaus forse mi aspettavo un po' di resistenza e riluttanza, dopo tutto so bene di non avergli chiesto un favore semplicissimo ma non immaginavo che potesse darmi una risposta secca negativa senza sentire prima le mie ragioni.

Klaus alza gli occhi al cielo con fare innocente: «Vediamo, no significa...No. Io non parlo più coi morti, non lo faccio da anni ormai.»

Bugiardo, hai parlato con tuo fratello poco fa in bagno, ti ho sentito benissimo!

«E poi non è mica una cosa che va a comando.» Riprende avvicinandosi al frigo ma senza aprirlo, evidentemente si è ricordato che in questa casa non c'è alcol anche se in questo momento me lo farei volentieri un goccetto. «Non è che mi puoi rapire e dire "Ehi Klaus, chiami mamma e papà?» Dice imitando malamente la mia voce, ovviamente credo lo abbia fatto apposta: «Non è carino e comunque non ho intenzione di farlo.»

«Posso pagarti.»

Mi faccio schifo.
Quella dei soldi è l'ultima carta che avrei voluto giocare. So che Klaus si è dato alla tossicodipendenza e non c'è niente di più sbagliato che dare dei soldi ad un tossico per far si che possa comprarsi una dose.
Sono davvero così egoista? Butterei davvero questo incredibile ragazzo ancora più in fondo al tunnel solo per parlare nuovamente coi miei genitori e dormire tranquilla? Ma come potrei dormire tranquilla se poi avrò lui nei miei pensieri?

Lancio uno sguardo a Numero Quattro, si serve una tazza di caffè osservando il vuoto: «Non è una questione di soldi. Non posso e basta.»

Ho perso l'ultimo briciolo di speranza che avevo per parlare coi miei. Al diavolo, mi siedo battendo la testa sul tavolo, il botto del contatto col legno è talmente forte che persino Klaus si spaventa.

«Oh no, no, no tesoro, no.»

Il suo è un sussurro dolce e amaro, si accuccia accanto a me prendendomi le mani, gli occhi neri profondi grandissimi e finalmente privi del rossore che li circondavano ieri sera, il trucco mai tolto è colato verso le guance: «Non devi spaccarti la testa per questo.» cerca di consolarmi, poi sospira abbattuto: «E va bene, dimmi cosa è successo.»

Ora il suo contatto quasi mi da fastidio, mi alzo di scatto ritirando le mani sentendomi come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere: «Cos'è, adesso hai pietà di me?»

«Sto solo cercando di essere gentile!» ribatte allargando le braccia: «Possibile che voi donne dobbiate sempre comportarvi da psicopatiche?»

«Ti ho solo chiesto un favore!»

«Ma hai idea di quanto costi a ME questo favore?» sbotta all'improvviso, esattamente come me. Forse non siamo così diversi.

«E allora spiegamelo!»

Klaus non risponde, si siede nello stesso posto in cui poco prima c'ero io, beve il suo caffè fissando un punto preciso della porta e cambiando espressione ogni tanto.

«Tu hai paura.» Sussurro talmente piano che credo di aver pensato.

Ma Klaus mi ha sentita, abbozza un sorriso chiudendo gli occhi: «Vuoi sentire una storia dell'orrore?»

«Te la senti di raccontarla?»

Mi siedo davanti a lui ma i suoi occhi e la sua mente sono altrove.

«Il 1° ottobre 1989, 43 donne in tutto il mondo partoriscono contemporaneamente, nonostante nessuna di loro mostri alcun segno di gravidanza fino all'inizio del travaglio.»

Klaus Trilogy - The Umbrella Academy fanfiction - Alice Gerini -जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें