I fantasmi del cuore - Capitolo 9

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Chiacchiere confuse, sussurri che si perdono nel vento, fastidiosi come una vecchia radio a tutto volume che non riesce a trovare una stazione fissa. Sento il mio nome ripetuto di continuo.

«Zitti.» Sussurro con la bocca impastata. «State zitti.» Imploro ma non mi ascoltano. Impazzirò se continuerò a stare chiusa dentro questa camera oscura con sottofondo questa stressante litania.
Perché queste voci mi chiamano? Cosa vogliono da me?

«ZITTI VI PREGO!»

***

Mi sveglio di soprassalto tirando via le coperte, respirando come se stessi risalendo dall'apnea più lunga del mondo.
Sono in camera mia esattamente come successo per ieri mattina con la sola differenza che oggi c'è Diego che mi osserva con occhi spalancati, seduto accanto al letto.
Mi gira la testa, ho la nausea, tachicardia, la solita fitta allo stomaco, ho sonno ma ho paura di addormentarmi e rivivere questo assurdo incubo.
Nemmeno nelle peggiori post sbronza del mondo!

«Ho conosciuto una sola persona che ogni mattina si risvegliava così. E urlava le tue stesse cose.» Diego si avvicina ma non lo guardo, ho le forze solo per alzare la mano destra sulla fronte nella vana speranza di placare questa maledetta emicrania ma tutto quello che sento son gocce di gelido sudore. «Mio fratello Klaus.»

Adesso ha tutta la mia attenzione.

«Vestiti Valery, ti porto in un posto.»

***

Ho preso due aspirine ma l'emicrania non vuole saperne di andarsene, seduta sul sedile del passeggero cerco di distrarmi il più possibile ma anche la luce esterna mi da fastidio. A malapena mi accorgo che siamo scesi, Diego mi accompagna all'interno di un edificio la cui luce è leggermente più fioca, così posso tenere gli occhi aperti...Per vedere l'immensità di un atrio.

«Aspetta qui.» ordina Diego per poi allontanarsi e sparire dietro una porta.

Di fronte a me una scalinata in legno lucente che si dirama al piano superiore, sopra la testa uno splendido lampadario in stile ottocentesco in ottone e cristalli, alla mia sinistra una serie di porte chiuse, alla mia destra un salone ampio in cui decido di inoltrarmi senza fare troppi complimenti.
La prima cosa a colpirmi nella stanza è un gran dipinto ritraente un ragazzino dallo sguardo furbo e allo stesso tempo fiero, vestito con la divisa della Umbrella Academy, si tratta di Numero 5, disperso quando era solo un ragazzino.
Un momento...Perché sono in una magione in cui è appeso un quadro di Cinque, ci sono libri ovunque e sulle pareti sono appesi ritagli di giornale riguardanti i ragazzi prodigio?

Sento una serie di passi alle mie spalle: «Quale parte dell' 'aspetta qui' non è chiara?»

Mi giro lentamente verso Diego preparando una frase con cui ribattere, è sempre difficile tenergli testa ma in un certo senso anche stimolante, quando la mia attenzione è rivolta ad una scimmia (giuro, una scimmia!) con una zampa poggiata ad un bastone e il corpo coperto da un panciotto elegantissimo, sugli occhi un paio di occhialetti sottili.

«Buongiorno signorina, lieto di conoscerla.»

«Oh porca vacca, la scimmia ha parlato!» sbotto facendo un passo indietro.

Klaus Trilogy - The Umbrella Academy fanfiction - Alice Gerini -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora