Prologo

316 35 75
                                    


Oceano Indiano. Latitudine: -40.235844 – Longitudine: 70.971155

Era strano che una nave coreana si trovasse in mezzo all'Oceano Indiano. Era strano forte. Ed era quello che si erano chiesti anche Stati Uniti e Russia. L'oceano era un posto meraviglioso, una distesa infinita di blu, di acqua, nella quale era impossibile ritrovare la via di casa, se le comunicazioni avessero deciso spontaneamente di dire addio al capitano. Eppure bisognava essere marinai esperti per intraprendere vie nascoste ai radar delle due più importanti potenze del mondo; non era mai capitato che un'imbarcazione non identificata si mettesse a navigare lontano dalla terra ferma, lontana dalle torri di comunicazioni dei propri alleati. Il percorso intrapreso dalle navi della Corea del Nord avveniva nell'Oceano Pacifico, allungare di un bel po' il rientro non avrebbe giovato alla nazione, benché meno al carburante di quei poveri addetti scelti per compiere un viaggio lungo quanto estenuante. Addetti? Non proprio. Una fregata leggera Classe Najin non era fatta per comuni addetti; si trattava di una nave da guerra nordcoreana. Nel bel mezzo dell'Oceano Indiano, avrebbe attirato l'attenzione di chiunque. Recentemente, spie americane e russe infiltrate del territorio nemico, avevano scovato informazioni rilevanti su un ipotetico accordo fra il Presidente nordcoreano e il Presidente cinese riguardo uno scambio non di poco conto di materiali utili per gli scavi nelle miniere di uranio presenti nel territorio della penisola coreana; come risaputo, la Corea del Nord non poteva permettersi attrezzature di prima scelta nella costruzione delle trivelle con la quale avrebbero attuato i suddetti scavi, dunque si arrivò ad una trattazione all'insaputa della Russia, alleata numero uno della Cina, e degli Stati Uniti, nemico numero uno della Corea del Nord. Un accordo alquanto imprevedibile e disinvolto; permettere la realizzazione di nuove armi nucleari per mezzo dell'uranio raccolto nelle miniere, affinché anche la Cina potesse usufruirne, agevolando la penisola con il suo supporto. In questo modo Stati Uniti e Russia avrebbero perso il primato come superpotenze del mondo, lasciando il posto a chi fosse più consono ad averne. Per nascondere il loro vero intento, decisero di agire nell'ombra, lontano dagli occhi dei satelliti che monitoravano ogni minimo angolo del globo terrestre; il carico di materiali utili per la costruzione delle trivelle venne spedito nei territori del Pakistan, spacciandolo per casse contenenti legno, acciaio e metallo per un supporto nei confronti di quei paesi poveri di difese solide. Una volta arrivato al porto, una fregata Classe Najin avrebbe ritirato il carico e sarebbe ritornata in patria senza aver destato sospetti, grazie alle spie cinesi e al supporto degli sceicchi pakistani, fedeli che il loro piano avrebbe funzionato e avrebbe fruito loro un'enorme quantità di denaro, rendendoli più ricchi di quanto non lo fossero già. Tuttavia coreani e cinesi non si erano resi conto che la Russia e gli Stati Uniti non avevano occhi solamente nello spazio, bensì negli stessi territori che loro credevano invalicabili e inviolabili.

La Russia aveva scelto un sottogruppo del reparto GRU degli Spetsnaz.
Si trattava di un team di soldati equiparabili al Navy SEAL americano, di supporto alla marina militare russa. Il distaccamento Del'fin era formato anch'esso da sei soldati. Capitanati da un giovane di ventisei anni, erano stati addestrati affinché non battessero ciglio neanche davanti a morte certa; caratteristica degli Spetsnaz russi era proprio l'impassibilità di fronte al nemico, alle avversità, alla paura. Erano vocaboli che non esistevano in quel dizionario dove
potere e tempra primeggiavano su ogni altra dote; erano freddi, privi di emozioni: seguivano gli ordini, dipendevano da essi, senza tradire alcun tipo di ripensamento. Il loro motto, feroce e cinico, parlava chiaro: "Non avremo pietà e non ne chiederemo". Qualunque situazione avessero affrontato, l'avrebbero fronteggiata con il sangue freddo. I soldati venivano scelti in base ai risultati che essi ottenevano durante l'addestramento; prove impossibili, spossanti, dalle quale eccellevano pochi fortunati – se così potevano chiamarsi, visto che la fortuna era una possibilità usata dagli stolti; chi passava erano i più predisposti a rinunciare alle emozioni e alla propria umanità per servire con onore il proprio paese. Non per questo chi riceveva quel distintivo era un atleta rinomato e che, durante la crescita, aveva già insegnato al corpo come resistere alle avversità. In quell'istante l'unità Del'fin si era allontanata dalla fregata principale, sulla quale erano salpati tutti quanti, per avvicinarsi, attraverso una fregata dalle dimensioni più piccole, verso la Classe Najin; in quanto immersioni subacquee non li batteva nessuno. Il piano era molto semplice. Tre dei Del'fin si sarebbero avviati con una scialuppa verso la fregata nordcoreana, avrebbero fatto irruzione dal basso, cercando il materiale per il quale si erano smossi, e ne avrebbero confermato o negato la presenza per dare il via al resto dell'unità di avviare il fuoco per portare quella nave ad affondare per "motivi del tutto sconosciuti". Anche se la Corea del Nord avesse intuito che vi fosse stato lo zampino della Russia o degli Stati Uniti, non avrebbe avuto prove a sufficienza per confutarlo.
Del'fin Uno era alla guida del veicolo, il quale stava sfrecciando verso la Classe Najin lentamente, all'oscuro delle vedette nemiche, usando il buio come mezzo di mimetizzazione efficace; erano immuni ai radar coreani, senza alcuno strumento di rilevazione: erano bravi in questo. La luna era la sola e unica fonte che li guidava verso il loro bersaglio.

OPERAZIONE YWhere stories live. Discover now