Capitolo 71: Lontanamente vicini

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Ecco che l'atmosfera alla CIA era cambiata anormalmente quel giorno.
Dopo tutte le vicende che si erano susseguite nell'ultima settimana, si era cercato di ritornare alla solita trita e ritrita routine, in attesa che potesse esserci qualche nuova emergenza di cui occuparsi per mantenere l'ordine nel mondo. Quando non accadeva nulla di particolare, ci si dedicava solamente alle pratiche d'ufficio, al completamento delle mansioni che erano rimaste in sospeso e al recupero di tutto ciò che era rimasto arretrato; le voci sul fallimento del caso e il passaggio del suddetto all'FBI avevano demoralizzato i dipendenti più facilmente influenzabili, mentre i più permalosi e suscettibili si erano legati al dito quell'affronto, calcolando già un ipotetico futuro in cui le parti si sarebbero invertite. Il Direttore Gerald Simmons aveva accolto tutti con un discorso intenso e indulgente, mostrandosi come sempre impeccabile, perfetto, un coordinatore per eccellenza.

C'era stata una chiamata tra il Presidente degli Stati Uniti e il Presidente della Russia per discutere con coercizione della situazione che stava vivendo il primo; come volevasi dimostrare, il Cremlino si era discolpato, negando il suo coinvolgimento nelle azioni dei due russi: come i soldati del Team Bravo e qualunque agente che era stato coinvolto nella realizzazione di quel dossier vuoto, anche loro avevano vissuto dieci anni con la convinzione che i due disertori fossero morti in mezzo all'Oceano Indiano. Dunque il codice rosso che era stato allestito negli Stati Uniti aveva di gran lunga colpito Washington, sede governativa per eccellenza dello Stato; nessuno poteva entrare e uscire dalla città. Era stata completamente isolata. L'FBI aveva disperso la SWAT per i centri più affollati e frequentati, in attesa che qualche altro attacco terroristico potesse prendere piede proprio davanti a loro.

Negli schermi di Langley era trasmesso il telegiornale che non faceva altro che mandare in onda notizie e aggiornamenti sull'operato dell'FBI, sulle presunte mosse dei russi che, stranamente, dopo l'ultimo colpo si erano limitati ad un silenzio radio che stava allertando maggiormente i piani alti.

Tuttavia quelle parole erano diventate una preghiera mattutina risentita tra i dipendenti, perché c'era ben altro che aveva scaturito un intenso sconcerto nei loro animi, soprattutto quel giorno.

L'arrivo inaspettato, dopo una settimana di congedo, di Dave Morrison.

Il nuovo Generale del Navy SEAL, infatti, era arrivato con una calma ed una vivacità anomala che aveva inquietato, e di parecchio, i suoi dipendenti, i quali erano rimasti senza il comando del Capo della Direzione delle Operazioni per un bel po' di tempo; l'uomo aveva dato il buongiorno più caloroso e attivo che avessero potuto aspettarsi, soprattutto dopo le vicende che aveva vissuto sulla sua pelle, e si era messo a lavoro, continuando tutte le pratiche che gli spettavano per il reclutamento di nuovi agenti operativi con una nonchalance da brividi. Uomini e donne si erano scambiati delle occhiate incerte e timorose; conoscevano bene il loro superiore e i suoi sorrisi sinistri: poteva essere pronto ad esplodere da un momento all'altro se qualcosa fosse andato storto. In quel piano si era andata a creare la stessa atmosfera che si respirava nella Direzione di Timothy Su; conoscevano e non conoscevano Dave.
La sua imprevedibilità non era da sottovalutare.

«Capo, qua ci sono i fogli che aveva richiesto.» disse un dipendente dopo aver bussato alla porta e aver ricevuto il permesso di entrare.

Dave, il quale gli stava dando le spalle, poiché seduto sulla scrivania e non sulla sedia vuota lasciata a sé stessa all'angolo, teneva una cartella in mano e ci si stava immergendo concentrato, tanto che si limitò a muovere il braccio, senza dargli udienza.

«Ti ringrazio. Posali in quello spazio libero sulla scrivania.» disse, indicando in punto indeterminato dell'ufficio, con tono assorto. «Fai una pausa adesso, non c'è altro da fare.»

OPERAZIONE YWhere stories live. Discover now