Capitolo 64: Il prezzo da pagare

46 6 26
                                    




«L'incontro è stato fissato per domani: ho avuto la sicurezza dall'obbiettivo di alto valore.»

La voce di Iari Staniv sovrastò la penombra che si era andata a creare in quell'ufficio isolato. In mano teneva un tablet, sulla quale era mostrata una chat criptata appartenente al deep web. Era la luminosità dello schermo a mettere in risalto i suoi tratti russi; i capelli erano perfettamente portati all'indietro, lievemente mossi sulle punte, mentre il baffetto gli copriva le labbra sottili; gli occhi azzurri, freddi come il cielo autunnale di Washington, non si erano staccati dalla risposta positiva che aveva ricevuto, in una lingua lontana dal russo... e dall'americano. Vestito con un gilet marrone al di sopra di una camicia bianca arrotolata in coincidenza dei gomiti, se ne stava in piedi dall'altro lato della scrivania con una classe ed un portamento che nessuno avrebbe potuto accostare a chi era in precedenza stato un soldato degli Spetsnaz. Si comportava e si esprimeva come qualcuno che era egregiamente portato per quel lavoro; il sangue che scorreva nelle sue vene non era solamente caratterizzato da valori, ideali e codice morale; quei pezzi di patria erano stato aggiunti solo quando la decisione di indossare una divisa era stata presa, perché dentro di lui l'immagine da impiegato era sempre stata palpabile e imprescindibile. La mano libera era dentro la tasca del pantalone, l'aria abbastanza indifferente e acchitata, senza nemmeno un briciolo di esitazione o di insicurezza sul cammino che stava intraprendendo. Quella frase, seppur avesse lo sguardo concentrato da un'altra parte, era rivolta a chi aveva di fronte, tuttavia nessuna risposta aveva soddisfatto il suo operato, innalzandolo ad un valore che avrebbe dovuto fargli provare almeno un minimo di appagamento. Allora si leccò le labbra, emettendo un piccolo schiocco che trasudava una punta di insoddisfazione.

«Dimitri-»

«Fa' silenzio.»

Un suono roco, torvo e basso, replicò sgarbatamente al suo, più classico. 
Azzardò a distogliere lo sguardo dallo schermo.
Realizzò di avere davanti la schiena di chi era seduto sulla scrivania, gambe larghe e gomiti poggiati sulle ginocchia per osservare il panorama notturno al di là del vetro.
Quel luogo non aveva nulla a che vedere con la SIH e non era stato difficile scappare e muoversi con la stessa discrezione di una pulce in mezzo al pelo di un animale; avevano studiato il loro piano nei minimi particolari. Dieci anni non erano serviti solo a controllare i bersagli, a costruire il loro profilo americano e a muoversi silenziosamente per la costruzione del loro esercito di agenti afferrati sul campo. Avevano progettato anche la scelta di un edificio di riserva una volta che avrebbero dovuto far saltare le loro coperture; certo, non avrebbero immaginato che tutto sarebbe successo in fretta, dovuto ad un informatico impertinente che aveva anticipato ogni loro piano, ma erano comunque preparati per sfuggire alle forze armate americane, continuando a muoversi tra di loro come se niente fosse.

Adesso stavano sostando in un'abitazione abbandonata che loro avevano illegalmente ristrutturato. Si trattava di un condominio di cinque piani allestiti come se fosse una piccola agenzia dove chi si occupava del lavoro da scrivania era rimasto con loro, mentre gli agenti più riservati, con l'incarico di salvaguardare la zona da qualunque occhio ficcanaso, si muovevano come spiriti di Washington. A loro era toccato l'ultimo piano, dove avevano buttato giù tutte le mura per creare un openspace dedicato al lavoro, con un letto e un bagno. Sapevano che quella sarebbe stata l'ultima spiaggia, perciò erano consci che quel passo era sinonimo di avvicinamento verso il giorno decisivo.

Iari studiò quella postura, togliendo la mano dalla tasca e abbassando il tablet dal suo campo visivo per distendere le braccia lungo i fianchi; era contratta, in una fase a cui lui era avvezzo. Socchiuse le palpebre, espirando dalle narici con fare silenzioso e rispettoso, affinché quell'impercettibile suono di aria non disturbasse la stasi di chi condivideva con lui quel tetto.
Quando il suo superiore rimaneva immobile, nella stessa posizione per chissà quanto tempo, senza neanche concedergli un segnale che gli facesse intendere che lo stava ascoltando, significava che la sua mente era pervasa da una rabbia incontenibile che stava tentando di contrastare con tutti i mezzi della psiche devastata che quella guerra di dieci anni fa aveva spezzato. Una guerra che avrebbero dovuto rifiutare, ma che a causa dell'orgoglio russo si erano ritrovati a voler ostentare. Era stata un'idea che li aveva accumunati, una promessa che avrebbero mantenuto nel bene e nel male.

OPERAZIONE YWhere stories live. Discover now