Capitolo 8: Sconosciuto

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La sala da biliardo di Georgetown era un posto di estrema classe. Dave si stupì nel vedere che non si trattava di un comune e rivisto pub da strada dove si riunivano persone di media classe; in realtà era un raduno di professionisti, uomini che nel tempo libero si erano dedicati a quell'hobby con serietà ed impegno, accompagnando il tutto con alcolici – rimanendo tuttavia nella strada della lucidità per non macchiare e diffamare la reputazione del club di cui facevano parte. Un luogo molto classico, dai mobili in legno lucido, era una sala bella grande, di almeno sette tavoli da biliardo. All'entrata vi era un ristorante, una simil locanda all'americana, come se i clienti venissero trasportati nel Montana e in tutte le sue tradizioni; non solo la musica di sottofondo richiamava l'ambientazione tipica di chi era appena entrato in una taverna, ma i quadri, le bandiere e le decorazioni non facevano altro che catapultarti fuori dalla metropoli di Washington, in un ambiente davvero confortevole e quieto. In quell'orario, infatti, non vi era un grande afflusso di gente; la colazione era passata già da un pezzo e forse il personale si stava preparando per il pranzo da offrire ai turisti e ai loro clienti abitudinali. La sala da biliardo era situata oltre la porta ad ante; dai finestrini a cerchio si vedevano le luci soffuse e i tavoli perfettamente immacolati, incredibilmente pregiati. Anche all'interno vi era un bancone con alcolici: un apposito barista serviva chi era impegnato a giocare. Aveva fatto male, Dave, a non rendersi conto di quanta bellezza si celasse in quella città; se lo avesse saputo prima, avrebbe frequentato quel locale tanto quanto lo aveva fatto il defunto Trevor.

«La ringrazio per la disponibilità, signor Turner.» esordì, sorseggiando un bicchiere di acqua fresca. A differenza di Noah, seduto in fondo al bancone con la schiena appoggiata al muro, le scarpe sui poggiapiedi dello sgabello accanto e una lattina di Coca-Cola in mano, per i fatti suoi con il cellulare e le cuffie. «Non le ruberemo troppo tempo. Solo qualche domanda.»

Il proprietario del locale, Dylan Turner, stava asciugando un bicchiere con una pezza. «Non si preoccupi agente Morrison. Può darmi del tu: gli amici di Trevor sono anche mie amici. Specialmente lei, essendo qui per sapere di più sulla faccenda.» sottolineò con amarezza, abbozzando un leggerissimo sorriso cordiale.

Il soldato doveva ringraziare il ventilatore sopra la testa per la lieve brezza fresca che stava colpendo i suoi bicipiti; avrebbe dovuto indossare una polo, seppur le odiasse. Ma quel giorno il caldo era insopportabile, tanto che si dovette allentare il colletto, sebbene non fosse abbottonato. «Conoscevo bene Trevor, ma mi era sfuggito questo lato incline al biliardo. Da quanto tempo frequentava questo posto?»

«Da quando il locale è diventato mio: circa tre anni. – raccontò Dylan, posando il bicchiere per prendere la bottiglia e versare altra acqua al suo ospite. – Io e Trevor eravamo amici al college. Poi lui si è ritirato per darsi alla vita militare, mentre io ho continuato fino alla laurea.» sogghignò, appoggiando le mani sul bancone. «Diciamo che la chimica non ha molto a che vedere con un bar, ma ho sempre sognato fare il barman e aprirmi un'attività. Trevor mi ha supportato molto con i lavori di ristrutturazione. Praticamente è come se questo posto fosse anche suo...»

Dave sorrise, picchiettando le dita sulla superficie del bicchiere. «Io affisserei una bella targa in onore di Trevor Spencer proprio lì. – indicò il muro libero accanto all'accesso alla sala da biliardo. – Merita di essere ricordato. E se fossi in te, cercherei di non mandare in bancarotta il locale per impedire che qualche strafottente rovini il titolo di cui vanta questo posto.»

«Ci puoi scommettere, amico. Questo posto rimarrà in piedi fino alla fine dei miei giorni.» concordò Dylan.

Una targa non avrebbe recuperato l'irreparabile, tuttavia Dave avrebbe fatto la qualunque cosa pur di mantenere vivo il ricordo di Trevor e di Nicholas nei loro cuori. Uomini che hanno fatto tanto per il Paese non meritavano di essere dimenticati a causa di un pezzo di merda; non avevano nulla di meno di coloro che erano morti sul campo. Ma il sol pensiero che se n'erano andati mentre stavano semplicemente compiendo azioni quotidiane, e per giunta a causa di un uomo sconosciuto di cui non sapevano ancora nulla, gli faceva ribollire il sangue nelle vene come non mai; il tallone del piede batteva imperterrito contro il poggiapiedi dello sgabello, mentre il secondo bicchiere d'acqua veniva scolato in un unico sorso. Cosa avrebbe dato per un po' di alcol; solo un sorsetto, niente di troppo che avesse potuto compromettere l'andamento delle indagini. E forse Dylan parve leggergli la mente, poiché prese due piccoli bicchierini, dopodiché svitò una bottiglia di scotch e li riempì a metà. Gli porse il più pieno, mentre l'altro lo riservò a sé stesso, sollevandolo.

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