Capitolo 52: Portare via tutto

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Noah spalancò la porta della copisteria per dirigersi all'ufficio del Direttore. Scosse insistentemente la mano per riprendersi dal formicolio che si era impossessato di essa dopo aver lavorato alla velocità della luce per modificare quella stupidissima pistola sparachiodi ed aver subìto il contraccolpo e le vibrazioni accentuate al momento dell'utilizzo. Se doveva essere onesto con sé stesso, non ci avrebbe scommesso neanche un centesimo sulla riuscita di quell'esperimento. Vedere al primo tentativo la pistola sparare i chiodi ad una distanza pari o superiore ai venti metri era stato ammirevole, per un arnese che a stento arrivava a mezzo metro. Aveva messo a soqquadro l'intera copisteria in cerca di qualcosa che avesse potuto aiutarlo, non appena aveva riconosciuto la figura annaspante di Dave sotto la presa di Dimitri; una volta adocchiato quell'arnese del cazzo, lo aveva smontato e rimontato a mani nude, usufruendo di qualche penna o compasso nel processo per aumentarne le prestazioni. Sotto le provocazioni di quel dannato, Dave aveva perso il lume della ragione; voleva solo capire da dove diavolo fosse nato quel rancore, come avesse fatto a passarne una parte persino a Dave per costringerlo ad affrontarlo lì, al posto di scappare dopo che era stato smascherato. Perché non li avevano uccisi quando ne avevano avuto l'opportunità? In quel tunnel aveva creduto che la sua ora fosse giunta, invece li avevano solo sedati.
A che gioco stai giocando? Pensò in preda al dubbio.
Poi inciampò.
Non su qualcosa.
Perse l'andamento della camminata non appena un flash invase la sua vista e il pavimento si inclinò davanti alla nebbia dei suoi occhi. Il suo corpo ondeggiò e fu costretto ad accasciarsi sul muro per non cadere dall'altro lato; sbatté le palpebre ripetutamente per scostare via quell'abbaglio che gli rese le cose più difficili. Emise un lamento tenue, massaggiandosi le tempie con insistenza per eliminare quelle fitte lancinanti alla nuca. Riaprì gli occhi lucidi e sollevò la testa, non rendendosi conto di averla abbassata. Doveva muoversi. Tornò dritto e riprese a camminare, imprecando sottovoce. Non poteva perdere tempo; Dave e Dimitri si stavano picchiando senza una fine: l'uno non riusciva ad eliminare l'altro. Arrivò all'ufficio; come volevasi dimostrare, la serratura era stata distrutta dai proiettili di Dave. Entrò senza fatica e si diresse al computer. La scrivania era stata spostata; se prima lo schermo fronteggiava l'enorme vetrata, adesso era rivolto verso di lui, come se avessero avuto l'idea di staccare e portare via tutto. Celere si puntellò sulla scrivania; tirò su col naso ed iniziò a smanettare con la tastiera per raggiungere il software criptato. Si chinò per prendere la chiavetta dentro il calzino e l'attaccò al case. Irruppe nel cuore del server con semplici passi; non avevano attivato la sicurezza informatica, tuttavia aveva dovuto comunque inserire qualche linea di codice per poter avere il via libera e sfuggire al programma di emergenza che gli avrebbe solamente complicato e allungato le cose. Nonostante la poca vista, fu in grado di leggere dei nomi, di riconoscere le cartelle e il resto che mancava nella chiavetta; premette invio ed avviò il trasferimento, pregando che...
Percepì qualcosa di freddo appoggiarsi sul retro della sua nuca.

«Alza le mani e allontanati da lì.» disse una voce alle sue spalle.

Noah fermò le dita sopra la testiera del computer, assieme al suo respiro. Obbedì a quella richiesta, alzando le mani alla stessa altezza della nuca. Raddrizzò la postura lentamente, scoccando un'occhiata di sbieco alle sue spalle.
Una pistola era puntata alla sua testa, impugnata da delle mani ustionate, eppure decorate da una serie di anelli appariscenti. Anche se non aveva gli occhiali e vedeva poco e niente, il completo blu indossato dall'uomo non fu difficile da riconoscere, inclusi i baffetti e i lunghi capelli castani portati all'indietro.
Aveva già visto una simile descrizione qualche settimana fa.

«Bene. Bene. – esordì, deglutendo per eliminare il nodo alla gola che gli si era formato alla presenza dell'arma. Si voltò del tutto. – Il famoso uomo d'affari. O forse dovrei dire... Iari Staniv?»

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