Capitolo 44: Nuove conoscenze

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William Kelly aveva trascorso una settimana infernale.
Non perché l'avessero picchiato, maltrattato o torturato, bensì per il contrario. Lo avevano tenuto rinchiuso in una prigione da quattro soldi, isolato da qualunque contatto con l'esterno. C'erano due guardie che, a intervalli regolari, si scambiavano di posto con altre due per alternare i turni, ma nessuno di loro aveva ribattuto alle sue provocazioni, intente per realizzare l'escamotage adatto per evadere. Era rimasto seduto su quella brandina scadente ad osservare il soffitto in cemento; aveva mangiato qualcosina, sporadicamente, con l'aspettativa di beccare un piatto avvelenato per morire in quella cella e fregare tutti quanti. Ma la sua spavalderia era rimasta incontentata, la frustrazione di essere un topo in gabbia sempre più manifesta. Il suo capo non si era fatto vivo; se avesse avuto modo di farlo uscire da lì, lo avrebbe fatto tempo prima, tuttavia sapeva che se avesse avuto il campo libero per poter intervenire, non avrebbe visto la luce del sole. Aveva commesso un errore nel non mordere immediatamente la capsula di cianuro che aveva sul dente; quel dannato Morrison aveva studiato così bene i suoi avversari da averne scoperto tutti gli assi che nascondevano nelle maniche. E quel fottuto moscerino di Noah...Avrebbe dovuto picchiarlo più forte, fargli rimpiangere di aver osato disinnescare la sua bomba.
Tutto ciò che era avvenuto all'esterno per lui non esisteva, e dopo essere stato legato ai sedili, non ricordava più nulla; si era svegliato già ammanettato e in prigione. Quel Dave c'era andato giù pesante da stenderlo per quasi quattro ore, col rischio di fargli venire un trauma cranico.
Era così vicino a completare quello che aveva fatto.
Così maledettamente vicino.
Digrignò i denti dalla rabbia, mentre camminava lungo gli stretti e monocromatici corridoi dei bunker della Central Intelligence Agency. Quell'ambiente slavato gli fece sussultare i nervi, ma non poté muoversi più di tanto per opporre resistenza; i suoi polsi e le sue caviglie erano ammanettate, era disarmato e privo della divisa rovinata del controllore, rimpiazzata da un completo unico grigio. Era circondato da quattro guardie, tutte in giacca, cravatta e occhiali da sole: il solito cliché dei servizi segreti. Rinchiuderlo in una prigione normale lo avrebbe reso scoperto ed una preda facile da eliminare.
Era un peccato.
Sarebbe voluto morire che essere umiliato in questo modo.
Se anche avesse voluto ribellarsi, provare a spintonare via quelle guardie per provare a scappare, non lo avrebbero ucciso. Avrebbe dovuto aspettarselo.
Entrò in ascensore, dopodiché salì in direzione della stanza degli interrogatori. Quando arrivò al piano destinato, camminò senza che lo costringessero, impassibile e sereno, lo sguardo dritto davanti a sé. Lo scortarono dentro una stanza vuota, caratterizzata da un tavolo centrale ed un lampione appeso al soffitto, c'era un lungo vetro oscurato nero sul lato sinistro ed una porta dalla quale sarebbe entrato chi avrebbe voluto interrogarlo. Senza essere strattonato, si sedette da solo e lasciò che agganciassero le manette ai polsi sulla superficie e quelle alle caviglie sulle gambe della sedia, cosicché non potesse muoversi e inibissero qualunque tentativo di violenza. Guardò verso lo specchio, stoico e calmo.

«Vogliamo farla breve, Morrison?» domandò, arricciando le labbra in una smorfia arresa. «Sono qui, mi hai fatto navigare nella merda dell'impotenza, e non ho opposto resistenza. Finiamola con questa pagliacciata.» allargò le mani, facendo cigolare le catene.

«Sono sempre stato qui, Kelly.»

Una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare. Inclinò la testa quanto poteva per vedere che, quando la porta da dove era entrato si chiuse, Dave Morrison era proprio lì.
Braccia incrociate davanti al petto e punta del piede che batteva contro il pavimento, era puntellato al muro con fare quieto e severo; a differenza degli agenti della CIA che lo avevano accompagnato, indossava una t-shirt nera, pantaloni cargo verde militare e anfibi neri. In quel modo ebbe la possibilità di vedere quanto fossero tesi i suoi bicipiti e quanto la sua stazza avesse potuto intimidire chiunque. Rispetto alla figura del civile che aveva visto in treno, adesso il suo ruolo da soldato spiccava come una luce bianca in un mare di oscurità infinita. Era imponente. Dallo sguardo fermo come una roccia.
William sbuffò una risata, scuotendo la testa.

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