Capitolo 81: Iari Staniv

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Nel frattempo, Iari Staniv aveva smesso di sparare perché il suo elmetto corazzato si era riempito di polvere e non vedeva più niente. Il suo copricapo era munito pure di una visiera antiproiettile che lo avrebbe reso immune ai colpi in faccia, eppure questa era diventata tutta opaca e bianca. Dovette posare per terra il mitragliatore per il troppo peso, non potendo sorreggerlo con una sola mano, e provò a pulirsi con il guanto per vedere meglio. Peccato che spostò semplicemente lo sporco e non ottenne una visuale nitida di quello che stava accadendo. Furioso, imprecò sottovoce in russo e si privò dell'elmetto per osservare i suoi uomini venir uccisi da Dave, ad uno ad un uno; vide soprattutto il penultimo essere perforato da un proiettile, mentre scorse i due cadaveri a terra e adesso il bastardo dell'americano tentare di recuperare l'arma che il suo ultimo uomo non voleva lasciare andare. 

Cosa cazzo avevano fatto per rendere l'ambiente in quel modo? L'intera hall era stata abbellita da una nebbia che aveva reso il piano una foresta umida, un ambiente horror cliché dove all'improvviso sarebbe sbucato un essere paranormale pronto a sbranare tutti loro senza che se ne accorgessero. Quella non era l'effetto di una granata fumogena né di un qualche tipo di strumento tattico; ne conosceva a bizzeffe, aggiornandosi a tutte le innovazioni militari degli ultimi tempi. L'altra mano si agganciò nuovamente sul mitragliatore e lo sollevò per voltarsi e mirare verso Dave. Non gliene fregava nulla se il mercenario sarebbe morto, ma la tentazione di premere il grilletto e far sparire dalla faccia della terra il suo peggior nemico avrebbe potuto fargli guadagnare ciò che aveva sempre desiderato in quegli anni. 

Dimitri sarebbe stato fiero di lui, fiero del suo impegno, dei sacrifici che aveva attuato in tutta la sua vita da creare quello su cui loro si erano mossi; senza di lui non avrebbero potuto comunicare con la linea criptata, senza di lui non avrebbero potuto costruire la SIH.
Se quell'odio era diventato tangibile, era stato grazie a lui.
Se Dimitri aveva dato la scintilla, lui era stato il fuoco.
Era sempre stata la sua vocazione da quando aveva perso tutto quel giorno.

Quel giorno in cui suo fratello...

Un movimento alla sua destra gli fece svanire il viso adirato.
Non ebbe il tempo di voltarsi del tutto con l'arma che lo vide.

Noah uscì dall'ultima nube nell'aria e si catapultò verso di lui. Aveva esaurito l'intero estintore, dato che l'aria stava di nuovo facendosi limpida. Attento, valutò bene ogni passo, l'estintore saldo nelle mani e gli occhi fissi sul suo bersaglio. Salì sulla panchina di marmo che lo separava da lui e compì un salto per slanciarsi di poco; caricò quel recipiente di metallo all'indietro con una semi-rotazione del busto.
E con un ringhio sommesso lo sbatté in faccia a Iari.
Questi perse la presa sul mitragliatore, il quale emise un tonfo energico contro il pavimento che attirò l'attenzione di Dave. Indietreggiò di qualche passo, la mano sulla guancia ferita, lo zigomo che stava diventando subito nero, ed inclinò il capo per scoccare un'occhiata di sbieco all'artefice di quel giochetto di merda. Noah lo stava scrutando con uno sguardo affaticato quanto di sfida, imperturbabile, come se volesse dirgli implicitamente che qualunque cosa gli avesse fatto non lo avrebbe mai e poi mai messo alle strette.
Un affronto che non mandò giù.

«Non ti sopporto più!»

Non poteva farsi sconfiggere da un fottuto moccioso che non aveva neanche la metà della sua esperienza. Quel trucchetto, quindi, era stata opera sua. Un estintore. Un dannato estintore che aveva raso al suolo il suo piano, per l'ennesima volta. Quelle idee da adolescente non avrebbero potuto eliminare le sue abilità.

Non si sarebbe fatto sottomettere così.

Noah non ebbe neanche il tempo di fare un passo che Iari, con un verso famelico, gli occhi azzurri incendiati dall'odio, gli strappò bruscamente dalle mani l'estintore con una facilità aberrante. Dopodiché gli diede il ben servito, spingendo con forza la base circolare del metallo contro il suo busto. Noah, tentò a spostare immediatamente le braccia davanti ad esso come riflesso di sopravvivenza, ma l'urto lo sentì comunque; strinse gli occhi, sentendo l'aria venire meno nei suoi polmoni e le piastre del tattico comprimergli il petto da fargli aprire la bocca per emettere un gemito strozzato e soffocato. L'intensità lo spinse di schiena contro il pavimento, ove vi si contorse per il troppo dolore. Quello sì che era stato un colpo che non poteva essere equiparato al suo. Gli venne da tossire, il petto voleva recuperare l'aria perduta; fece lavorare le narici, tentando di prendere respiri profondi.
Ma cedette, gemendo e dovendosi mettere su un fianco per riprendersi.

OPERAZIONE YWhere stories live. Discover now