23.

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Payton

Erano passati quindici minuti - circa - da quando ero salita sui sedili posteriori dell'automobile. Non avevo detto una parola, anche perché se l'avessi fatto non sarebbe uscita alcuna parola gentile. Perché si, ero arrabbiata, molto arrabbiata, troppo arrabbiata con Rayan. Gli avevo chiesto molte volte e gentilmente, di non chiamarmi 'Mrs Johnson' a scuola o davanti a chiunque in quel l'Istituto e lui che fa? Lo annuncia a Conor, anche se quest'ultimo non credo lo avesse realmente capito. Era rimasto imbambolato ad ascoltarci in biblioteca, senza nemmeno capire il vero succo del discorso. Meglio così. Ma sta di fatto che Rayan aveva infranto la promessa. Volevo davvero convivere pacificamente, ma lui non me lo permetteva. "Sei arrabbiata?" Parlò Rayan seduto al mio fianco, rompendo il silenzio che da alcuni minuti ci avvolgeva.

"Tu che dici?" Sbottai con il gomito appoggiato alla portiera, mordichiandomi l'unghia del pollice.

"Sei arrabbiata solamente perché ho detto la verità?" Chiese agrottando la fronte.

Arg.
"Rayan, nessuno li dentro sa la verità tranne i miei amici e Miley. Ti avevo chiesto di non chiamarmi più in quel modo, ma continui a farlo. Ho fatto tutto quello che mi hai chiesto: mi sono trasferita da te, sono andata addirittura al compleanno della tua ragazza, ho accettato quel maledetto contratto e ..e-.. Dio mi sono sposata con te!" Risposi alzando di gradi il tono della mia voce, girandomi in sua direzione mentre gli indicavo l'anulare della mano, dove una fede in oro stringeva perfettamente il dito. "Ti chiedo una sola cosa, e non la fai. Come dovrei sentirmi?" Aggiunsi, aspettando una sua risposta che purtroppo non arrivò. Mi limitai a sospirare scuotendo la testa, per poi appoggiarmi allo schienale del sedile beige. E da lì non mi mossi, d'altronde dove sarei potuta andare? Il mio appartamento era molto lontano da qui e in più avevo lasciato le chiavi da Rayan. Quest'ultimo non aveva parlato per tutto il resto del tragitto e non l'avevo fatto nemmeno io. L'unica cosa che volevo era tornare a casa, evitare Rayan, farmi una doccia, evitare Rayan, mangiare, evitare Rayan, andare a dormire e poi non avrei più potuto evitarlo. E come avrei potuto farlo? Condividavamo lo stesso letto.

Josè, dopo aver attraversato i cancelli della Villa e percorso i sentieri di sassolini, aveva - come ogni volta - parcheggiato l'automobile davanti alla porta d'entrata. Mi limitai quindi ad aprire la portiera al mio fianco, ringraziare Josè per il passaggio e scendere dalla macchina, per poi dirigermi all'interno della grande Villa, dove ad aspettare in piedi sulla soglia c'era Rose. Indossava come ogni giorno un grembiulino sopra al suo vestito a fiori, teneva i capelli raccolti in un chinone e ai piedi calzava due semplici paia di pantofole, straordinariamente bianche. "Bentornati a casa, Signori Johnson" furono le sue parole una volta che ebbi varcato la soglia d'entrata.

Non potei fare a meno di guardarla esasperata, nonostante cercassi di evitarlo non ci riuscivo, quel cognome mi perseguitava! "Vado a farmi una doccia" esclamai, una volta che Rayan ebbe chiuso la porta d'entrata alle sue spalle.

"Le ho preparato la vasca a temperatura ambiente, spero le piaccia il bagnoschiuma alle fragole" annunciò la donna, venendomi incontro prima che salissi le scale. Wow, anche il bagno?
Sospirai non potendo fare a meno di notare quanto fosse premurosa quella donna, e forse sarà stata la sua gentilezza o semplicemente la visione del suo viso a farmi addolcire, facendo sparire la rabbia che minuti prima si era impossessata del mio corpo.

"Grazie, Rose" risposi, regalandole un sorriso di gratitudine.

"Si figuri, Payton" disse con un cenno del capo. "La cena sarà pronta per le otto" aggiunse, rivolgendosi a me e a Rayan con un sorriso smagliante, per poi andarsene in cucina.

"Faccio una telefonata, ci sei per cena?" chiese Rayan nascondendo le mani nelle tasche dei jeans, alla ricerca del suo cellulare.

Come se potessi andare da qualche parte, tanto mi sarebbe venuto comunque a prendere.

Semplicemente annuii, mentre salivo le scale che mi avrebbero portata al piano superiore. Stranamente arrivai nella stanza senza perdermi fra i corridoi, e grazie a ciò, ebbi più tempo per fare un bagno tranquillo nella vasca.

Dopo trenta minuti circa, il bagno era ormai sfumato dal vapore e lo si poteva capire dallo specchio attaccato al muro, sopra ai due lavandini. Non persi tempo a disegnarci qualcosa con l'indice, mi era sempre piaciuto farlo e sin da bambina non avevo mai perso l'abitudine. Insomma, mi divertivo con poco.

Indossai il pigiama subito dopo essermi asciugata con un grande asciugamano rosa opaco, che Rose mi aveva messo a disposizione. Era talmente enorme, che riusciva a coprirmi dai seni fino a sotto le ginocchia.

Tornata in camera, staccai il cellulare dal caricabatteria e dopo essermi seduta sul bordo del letto matrimoniale, iniziai a navigare sulle pagine del web. Trovai due messaggi su WhatsApp: il primo era da Jacob, che informandomi sulla situazione del ritiro con i giocatori di Football, allegava un immagine di quest'ultimo con il pallone in mano mentre sorrideva. Jacob era davvero di una bellezza straordinaria, non era come quei tipici ragazzi Americani bellocci, anzi, la sua carnagione olivastra e i suoi occhioni castani riuscivano a conquistare ogni ragazza che lo guardava - aveva conquistato pure me, e dopo aver saputo che non gli sarei mai piaciuta, per il semplice fatto che non fosse etero, era stato uno shock - e nonostante fosse omosessuale aveva una popolarità altissima. Sempre stimato dalla sua squadra. dai suoi amici e da tutto il corpo studentesco. Alunno modello, amato dai professori e dai genitori che l'hanno sempre sostenuto ed incoraggiato. E per finire un amico fantastico, sempre disponibile. Lo adoravo, e non per questo era il mio migliore amico.

Il secondo messaggio invece, era da un numero sconosciuto: <<Da quando sei diventata la Signora Johnson?" Tu e Rayan, non finirete mai di stupirmi. A. Conor >> Allora si che l'aveva capito, Alex sapeva che fossi la moglie di Rayan. Le persone che erano a conoscenza di questa situazione situazione, si stava allargando ed io non potevo permetterlo. Come ho già detto, non voglio essere conosciuta dagli altri come la moglie del ragazzo più popolare della scuola, anche perché tutti sapevano delle sue prese in giro nei miei confronti durante questi ultimi anni, e scoprire che ci eravamo sposati sarebbe stato uno scoop per tutto il corpo studentesco. Non l'avrei fatto per messaggio, ma il giorno dopo appena avrò messo piedi a scuola, cercherò Alex per tutto l'Istituto per chiedergli di non farne parola con nessuno. Se era cambiato come pensavo non l'avrebbe fatto, altrimenti, avrei dovuto sopportare le voci da corridoio e sopportare i pettegolezzi, ma era proprio questo che volevo evitare.

Controllai l'orario in alto dello schermo cellulare, mancavano all'incirca dieci minuti e la cena sarebbe stata pronta. E siccome non volevo litigare questa sera, perché ne avevo già abbastanza di questo pomeriggio, mi alzai dal letto e calzai ai piedi un paio di ciabatte, per poi dirigermi alla porta e cercare la  direzione giusta per la sala da pranzo, perché si, dovevo ancora memorizzare la strada nonostante prima fossi riuscita ad arrivare qui.

E mentre camminavo fra i corridoi, non riuscivo a fare a meno di imprecare, mi sembravano tutti uguali. La soluzione migliore era farmi una mappa concettuale di quella casa, altrimenti me la sarei vista brutta. Della serie: Lost in casa.
Dopo aver girato a destra, mi sembrava di essere già passata per di qua o forse era dall'altra parte. Dio, dov'ero finita?

Ancora una volta, mi ritrovai ad entrare nella stanza che alcuni giorni prima avevo scoperto. Era tutto come avevo lasciato, tranne per la macchina fotografica, quella non era più sopra alla scrivania e mi chiesi il perché? Questa volta un profumo di lavanda inondava la camera, era dolce e lo apprezzava anche le mie narici. Sarà stata Rose a pulirla? Era la domanda che aveva sfiorato la mia mente, prima che la voce di qualcuno potesse echeggiare nella stanza e distrarmi dai pensieri.

"Che cazzo ci fai tu, qui?"

Qualcosa mi diceva che ero nei guai.
Di nuovo.

Schiava Di Un MiliardarioWhere stories live. Discover now