44. Parte Terza

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Rayan

L'intero corpo studentesco si era oramai radunato intorno a me e al corpo di mia moglie. Quest'ultima l'avevo appoggiata sopra alle mie gambe mentre le accarezzavo i capelli con le mani, che - per la miseria - non smettevano di tremare.

Perdeva molto sangue dalla nuca e sfiorandole la fronte, avevo sentito quanto fosse terribilmente calda. Teneva gli occhi chiusi ormai da cinque minuti buoni, impedendomi di ammirare i suoi occhioni verdi e di capire se potesse stare bene.

"Lei doveva stare bene." Erano le parole che continuavo a mormorare, guardandomi attorno per capire da quale direzione sarebbe arrivata l'ambulanza, che avevo chiamato - urlando come un perfetto disperato - dieci minuti prima.

Guardai Payton ancora una volta, accarezzando le sue guance rosee e graffiate a causa dell'impatto contro l'asfalto della strada, ripensando a come tutto quello fosse potuto succedere.

Sapevo, anzi, ero certo che quella macchina sarebbe dovuta arrivare a me, era indirizzata al sottoscritto e Payton lo aveva capito prima che potesse succedermi qualcosa. E non esitando nemmeno un secondo, si era buttata per proteggermi. Mia moglie mi aveva appena salvato la vita.

E fu allora che ripensai all'incidente in palestra, nemmeno quel lampadario era caduto per finire contro Edward, ma ancora una volta a me e lui mi aveva protetto. Le persone a me più care mi stavano proteggendo - senza nemmeno accorgermene - da qualcuno che mi voleva fare del male, non riuscendoci e puntando sempre alle persone sbagliate. Non aveva una bella mira a quanto pare.

"Zzz Zzz"
Sentii vibrare qualcosa nei pantaloni di Payton e - cercando per vedere cosa potesse essere - estrassi da una delle tasche il suo cellulare, notando che ci fosse un messaggio da uno sconosciuto.

Sapevo benissimo che fosse il suo cellulare e che di conseguenza non avrei dovuto guardare i contenuti al suo interno, ma quel messaggio sconosciuto aveva - in qualche modo - attirato la mia attenzione.

Vorrei non aver mai letto i messaggi trascritti in quello schermo cellulare.

<<Ti darò il tempo necessario per scappare e allontanarti da tuo marito. Ma se non avrò risultati, non avrò problemi a rovinare anche te.>>

<<Se non vuoi che i suoi sorrisi si spengano per sempre, sei ancora in tempo per andartene dalla sua vita.>>

Minacce, risate amare e avvertenze erano il contenuto dei messaggi seguenti. Chi era lo sconosciuto che aveva avuto il coraggio di scrivere e mandare tali messaggi a mia moglie?

Sentii in lontananza il suono della sirena dell'ambulanza in arrivo e non persi tempo a bloccare lo schermo del cellulare, per poi metterlo nella tasca del mio giubbotto. Avrei prima pensato a mia moglie e poi sarei andato a prendere l'idiota che aveva provato a fare una tale assurdità.

Se mi voleva avrebbe dovuto toccare me e invece si era preso il permesso di toccare la mia donna. Gran figlio di puttana, non sapeva che le donne impegnate non andavo mai toccate.
Sopratutto la mia.

"Può accompagnarla solo se è un parente." Annunciò l'infermiere, dopo aver aiutato un altro ad appoggiare il lettino - su cui era oramai distesa Payton - all'interno del veicolo a forma di furgoncino.

"Sono suo marito." Risposi a denti stretti, alzando la mano - dove si trovata nell'annulare la fede - indicando quest'ultima con un dito.

Annuì. "Prego, entri pure." Disse e dopo essere salito al posto guida, mi affrettai a fare lo stesso su una della sedie a fianco al lettino. Payton era avvolta da una coperta beije, una flebo sul braccio e una maschera sulla bocca, che le facilitava la respirazione. Le strinsi leggermente la mano e mentre il veicolo era intento a partire, continuavo a sussurrarle: "Stai con me, andrà tutto bene piccola, continua a stare con me. Per favore, non mollare."

Schiava Di Un MiliardarioWhere stories live. Discover now