46. Parte Seconda

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Ero comodamente seduta al posto a fianco al guidatore, concentrata a guardare fuori dal finestrino l'immagine del New Jersey scorrermi davanti agli occhi, mentre le note al pianoforte di Say Something rieccheggiava dolcemente in tutta la macchina.

Al mio lato sinistro comodamente seduto e intento a guidare, c'era Rayan. Indossava la camicia azzurra, che faceva risaltare sia le sue braccia muscolose sia i suoi occhi altrettanto azzurri. Jeans chiari, strappati sulle ginocchia e un paio di Jordan ai piedi. Definirlo "bello" non sarebbe stato nemmeno un complimento azzeccato.

A distrarmi dalla mia visuale, furono le parole di Sorry di Justin Bieber. Non persi tempo ad unirmi a lui in una versione decisamente più stonata del cantante, provocando una sonora risata dall'uomo al mio fianco. "It is to late now to say sorry?" Fu invece Rayan a cantare, facendomi battere le palpebre per due volte consecutive dallo stupore. Non perchè stesse cantando una canzone del cantante che lui tanto odiava, ma dalla sua splendida tonalità di voce. Era un piacere sentirlo cantare. "Che c'è?" Mi domandò quest'ultimo al termine delle ultime note del brano, abbassando il volume della radio.

"Non sapevo cantassi." Dissi girando il volto in sua direzione.

"Sinceramente nemmeno io. Ma sarà stata la tua felicità nel cantare, a contagiare anche me." Si limitò a rispondere, stringendosi nelle spalle e appoggiando una mano sulla mia.

Una decina di minuti più tardi, dopo aver parcheggiato la macchina nel parcheggio di un grandissimo centro commerciale, ci incamminamo all'interno dell'enorme edificio. Mi strinsi fortemente al cappotto che avevo addosso a causa dell'aria fredda che circolava, nonostante fossero già gli ultimi giorni di marzo, sistemando meglio la sciarpa attorno al mio collo.

La sensazione di calore che provai una volta messo piedi all'interno dell'edificio, fu gratificante. "Brr." Mormorò Rayan, sfregandosi una mano nell'altra con l'intenzione di scaldarsele. "E menomale che nel Meteo dicevano che le giornate si sarebbero scaldate." Aggiunse, infilando poi le mani dentro alle tasche della sua giacca nera.

Gli rivolsi un sorriso. "Non ci azzeccano mai." Risposi tendendogli la mia mano, per far si che me la stringesse con la sua.

Passavamo di vetrina in vetrina, guardando i manichini esposti all'interno o entrando in qualche negozio alla ricerca del vestito giusto. Volevo qualcosa di elegante, corto al di sotto della coscia e non volgare, dopotutto stavo andando a cena dai suoi genitori e non ad una festa Universitaria. Rayan non era di molto aiuto, continuava a ripetermi che qualsiasi cosa avessi scelto sarebbe andato bene. Peccato che non io volessi qualsiasi cosa.
"È solo una cena Payton, e poi non è la prima volta che li vedi. Non farti problemi." Cercò di rassicurarmi, mentre mi fermavo davanti ad una vetrina che metteva in risalto un abito bianco in pizzo. "È carino, ma perchè non scegliere qualcosa di firmato: Vogue? Gucci?" Mi domandò, indicando con la mano i negozi firmati che si trovavano più avanti.

"Sono abituata alle cose semplici, e non saranno i tuoi soldi o la tua illimitata carta di credito a cambiare la Payton di una vita. Te l'ho sempre detto." Mi limitai a rispondere, con una alzata di spalle. E dopo aver dato un ultimo sguardo al vestito, decisi di entrare nel negozio per provarlo. "Mi aspetti qui?" Gli domandai girandomi poi in sua direzione, trovando il suo sguardo perso nel nulla. Decisi di lasciarlo lì e di entrare comunque.

"Salve Signorina, posso aiutarla?" Mi domandò gentilmente una commessa, indossava jeans e maglietta nera che mettevano in risalto i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia.

"Se posso, vorrei gentilmente provare il vestito bianco esposto in vetrina." Le risposi indicando il vesto con il dito, trovando Rayan nella stessa direzione venendo verso di me.

Schiava Di Un MiliardarioWhere stories live. Discover now