4. Johnson

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Oggi ero nervoso più del solito.

No, non era successo niente. Solamente che certi giorni senza alcun motivo sentivo maggiormente il peso della situazione, proprio come una cicatrice che ogni tanto riprende a bruciare, quando meno te lo aspetti.

Quella mattina come tutte le altre uscii di casa senza salutare i miei genitori che mi stavano aspettando in cucina per parlare, ero uscito sbattendo la porta e imprecando di proposito. Era un vero inferno dover subire le loro prediche e i loro rimproveri di continuo, mi trattavano come se fossi un oggetto di cristallo e la cosa mi faceva imbestialire, volevo che mi trattassero come un uomo e che mi ponessero davanti delle scelte, invece per loro ero ancora un bambino e la cosa proprio non la mandavo giù.

Non facevano altro che rinfacciarmi i miei errori del passato e per questo non mi davano fiducia, ma io ero cambiato, non avrei mai più commesso gli stessi errori e volevo che almeno loro lo capissero.

Per non parlare del fatto che poi mio padre non la voleva smetterla di cercare di persuadermi ad intraprendere il suo stesso percorso. Lui era laureato in psicologia ed era molto famoso nel campo, in un modo o nell'atro mi aveva sia convinto che costretto ad entrare alla NY psychology Academy, era riuscito a convincermi quando aveva detto che non solo mi avrebbe lasciato spazio, ma che avrei avuto campo libero con il basket, la mia più grande passione.

Accesi il motore della mia Ducati, infilai il casco per poi lasciare quel garage sfrecciando così per le strade deserte del mattino. Odiavo questa città, era come una gabbia per me e un giorno sarei andato via lasciandomi tutta questa merda alle spalle.

Odiavo questa città piena di piccole persone che mi soffocavano con le loro promesse vuote e i loro commenti su come mi comportavo.
New York era piena di ricordi che avrei voluto solo dimenticare.
Andare a scuola ogni giorno, conversare con gli amici e poi tornare a casa dove neanche vorrei starci.
Odio questa città, quando d'inverno, lo sguardo della gente che la occupa, gela i marciapiedi e ogni vicolo buio nascosto dalle case.

Odiavo anche quando in estate, questa città, era vuota, come me, tutti scappano da lei, come da me, ma odiavo più di tutto, quando questa città era piena di gente rumorosa e sorridente.

All'improvviso mi vennero in mente le parole di ieri sera di mio padre, un'altra singola cazzata ed ero fuori dai giochi. Avevo rischiato grosso mandando Brad in ospedale, quello stronzo sapeva bene come ricattarmi e questo spaventava a morte i miei genitori.

Dopo una ventina di minuti passati a vagabondare per le strade mi fermai fuori l'ingresso della mia scuola, parcheggiai così da dirigermi verso gli armadietti. Non feci caso agli sguardi che mi lanciavano le ragazze all'entrata, misi le chiavi nella tasca e presi il cellulare per poi comporre il numero di Cody

"Hey fratello" biasicò con la voce impastata dal sonno
"Muovi il tuo brutto culo e vieni subito qui" sbuffai aprendo l'armadietto per poi posarci il casco
"Cristo sono già le 8, arrivo!" Sbadigliò per poi riagganciare
Scommetto che si era portato a casa Bettany e che ora non si ricordavano nulla a causa del troppo alcool ingerito al locale ieri sera.

Cody non era altri che il mio migliore amico, non mi fidavo di nessuno in questo schifo tranne che di lui, era sempre stato al mio fianco, lui era l'unico che conosceva ogni lato della mia vita, ci guardavamo le spalle a vicenda, e poi era il co-capitano della squadra di basket.
Conobbi Cody all'inizio delle elementari, quando si trasferì a New York dopo la morte dei suoi genitori. Inizialmente lui stava sempre per conto suo, non parlava con nessuno ed era molto timido e riservato, poi abbiamo stretto amicizia durante l'anno scolastico, quando ci siamo aiutati a vicenda per una recita di fine anno.

"Ciao Dylan" squittì Bettany affiancandomi
"Credevo fossi con Cody" mi accigliai appena
La vidi stringersi nelle spalle facendo rialzare di poco il top striminzito che indossava
"Dopo la festa sono stata un po' con lui poi mi ha riaccompagnata a casa verso le quattro" sorride mordendosi il labbro inferiore.
Bettany era decisamente una bella ragazza, capelli neri lisci legati costantemente in una coda alta, labbra carnose, fisico formoso e un carattere da vera stronza, ciò che forse la rendeva più particolare di altre erano i suoi tre piercing sul viso e i tatuaggi sulle braccia.

In Another LifeWhere stories live. Discover now