Capitolo 1 Nuova Edizione.

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Sto ascoltando il mare, e sono nel suo piccolo posto felice. Chris veniva sempre qui quando stava male, quando si sentiva perso.
"Il mare cura i traumi che non dici a nessuno."
Me lo diceva sempre, e io vorrei tanto crederci.
Vorrei sperare, ma la mia speranza è morta con lui, e il mare non riesce a curare il mio dolore.
Drapetomania (greco) : struggente voglia di scappare.
Quanto può distruggerti la voglia di fuggire da te stessa? Quanto può distruggerti la voglia di scappare da un dolore atroce che provi dentro?
Mi sta travolgendo.
Mi sta devastando.
Sto dimenticando me stessa, ed è la cosa che più mi fa impazzire.
Voglio urlare, buttare fuori tutto il dolore che mi sta attanagliando il cuore. Sapete, quell'urlo agghiacciante che ti fa capire quanto l'anima sia logorata?
Quanto tu sia distrutta?
Quanto tu sia squarciata?
Nascondo il viso tra le braccia, posando la fronte sulle ginocchia.
Sono qui perché il mare era la cosa che più lo rendeva felice, e io mi sto aggrappando alle uniche cose che ho di lui per non spezzarmi del tutto.
Il suono delle onde sulla sabbia aumenta, entrando nella mia mente, nella mia anima, nel mio cuore squarciato da una ferita troppo grande.
Forse anche il rumore del mare mi sta facendo impazzire.
E' troppo. È troppo, cazzo.
C'è lui, in questa spiaggia. C'è lui sempre, e non lo sopporto.
Non riesco ad accettarlo.
Sono talmente sbagliata, da non riuscire nemmeno a piangere. Come faccio? Come diamine faccio?
Stringo forte i capelli fra le dita.
Non posso accettarlo.
Dicono che un genitore non accetti mai di seppellire un figlio. Sapete come si chiama?
Ya'aburnee (arabo): la speranza di morire prima di una persona amata, perché altrimenti sarebbe insopportabile vivere senza di lei.
Io non accetto di aver seppellito mio fratello a quest'età. Non lo accetto, e mai lo accetterò.
Le onde continuano a parlarmi, ma io non voglio più ascoltarle. Non posso più, perché fa troppo male.
Quando mio padre arriva a farmi sette chiamate, decido che è arrivato il tempo di tornare.
Sta provano a ricucire un rapporto che è stato rovinato da anni di mancanze, e lo apprezzo, davvero, anche se è difficile accettarlo.
I miei genitori sono genitori complicati, e ad un certo punto non riesco nemmeno a far loro una colpa di questo: non tutti sono subito pronti ad essere madri e padri, e non tutti sono pronti a fare i figli.
Io forse non sono stata in grado di essere loro figlia.
Mia madre è andata via di casa da quando ero piccola, e da allora il nostro rapporto è stato inesistente. Mio padre ha preferito il lavoro al compleanno dei figli, al natale tutti insieme, a un abbraccio o un sorriso, e ha colmato queste assenze con lo sfarzo, regali costosi, soldi che non ci hanno mai dato il calore dell'amore di un genitore.
Siamo stati io e Chris la nostra famiglia, l'uno al fianco dell'altra sempre, nonostante tutto. Lui era la mia anima gemella, capite? Mi ha cresciuta, protetta.
Poi è morto, e papà si è reso conto di tutto ciò che ha perso, e di quello che non avrà mai più.
Come ho detto, sta provando a ricucire un rapporto a pezzi, e ci sto provando anche io.
Ci siamo trasferiti in un altra casa, e credo che papà abbia preso questa decisione più per me che per se stesso.
Sono io che non riesco, non posso, e nemmeno voglio.
Sono passati ormai mesi, e stiamo cercando di creare una sorta di stabilità.
Prima di andare via, ascolto nuovamente i sussurri del mare.
"Secondo alcune leggende, il mare è la dimora di tutto ciò che abbiamo perduto, di quello che non abbiamo avuto, dei desideri infranti, dei dolori, delle lacrime che abbiamo versato" - Osho.
Una volta tornata nell'immensa villa in cui ora abitiamo, ad accogliermi c'è subito la piccola novità della mia vita: Mojito, un piccolo chiwawa decisamente tanto vivace, che mi è entrato nel cuore, e ha portato dentro di me un po' di amore e di sorrisi in questo periodo tanto freddo.
-Ehi piccolino- sorrido leggermente, prendendolo in braccio, mentre lui scodinzola felice e mi lecca tutta la faccia, facendomi fare una smorfia divertita.
Chiudo la porta alle mie spalle e, coccolando Mojito, vado verso il salotto. Trovo mio padre seduto accanto al fuoco, concentrato sull'ennesima trattativa al computer, e trovo anche Rosa, che invece legge un libro mentre sorseggia una tisana calda.
Rosa è la governante, ma è presente nella mia vita da quando sono nata, e per me e Chris è la nonna che non abbiamo mai avuto, è il calore di un abbraccio pieno di amore genuino e incondizionato. Ci ha visti crescere, ci è sempre stata accanto, anche se di certo sia io che mio fratello siamo stati bambini e adolescenti molto, molto impegnativi.
Abbiamo avuto una vita colma di agi e sfarzo.
Ma arriva un momento in cui hai tutto, e capisci in realtà di non avere niente.
Io e Chris eravamo così. Due ragazzi che avevano tutto, senza avere niente.
Così abbiamo azionato un meccanismo di difesa, e abbiamo iniziato ad attaccare prima di poter essere attaccati. La gente voleva vedere i due ragazzini viziati, i classici figli di genitori ricchi, e noi li abbiamo accontentati, dando il meglio di cui eravamo capaci. O il peggio, dipende dai punti di vista.
Con un sospiro poso a terra Mojito, poi vado in silenzio in camera mia, chiudendo la porta alle mie spalle.
Appoggio la schiena alla parete in legno, osservando la stanza che non sento mia.
Non la sento proprio mia, e so anche il perché.
Chiudo gli occhi, stringendo forte nella mano la medaglietta al collo, su cui è inciso "Combatti"
Devo combattere per forza, capite?
Perché sto affogando, e non c'è nessuno che mi salva. Perché ho perso per sempre la mia casa, e non c'è nessuno che mi mostra come fare, come sopravvivere.
Qualcuno bussa titubante alle mie spalle, facendomi aprire gli occhi di scatto.
-Tesoro? Sei tornata?- domanda piano la voce di Rosa da dietro la porta.
-Sì- rispondo, deglutendo -Sì, sono tornata ora. Mi cambio i vestiti e scendo-
-Va bene, tesoro.- risponde dolcemente -Fai con calma, io nel mentre finisco di preparare la cena. Ti aspettiamo giù- 
Mi passo le mani in faccia, facendo un bel respiro per calmare il mio cuore.
E' solo un altro giorno, Charlene. Solo un altro giorno che finirà, sarà dimenticato. Devi solo resistere.
Metto la maglia di football di mio fratello come pigiama, con il numero "22", il suo numero, stampato sulla schiena.
Chris viveva per il football. Era la sua passione, un fuoco che gli scorreva nelle vene, l'ossigeno che gli permetteva di respirare. Chris era nato per il campo, e lì sono certa che sarebbe rimasto tutta la vita.
Eravamo il giorno e la notte, il sole e la luna, il fuoco e la pioggia. Lui è sempre stato il più divertente, quello più pazzo, il più espansivo, mentre io invece sono sempre stata quella più fredda, silenziosa, e decisamente quella più stronza. Ci completavamo, e ci bastavamo.
Lucas era il nostro migliore amico, ma dopo la morte di Chris si è trasferito fuori dalla città. Non lo biasimo, dopotutto. Per lui è stato... troppo. Scappare è il suo modo di affrontare il lutto, il mio è quello di aggrapparmi a ciò che mi resta.
Entrambi abbiamo perso un fratello. Entrambi abbiamo perso un ragazzo meraviglioso.
Ci sentiamo ogni giorno, però. Ci saremo sempre l'uno per l'altra, perché io, lui e Chris ci siamo fatti una promessa, e noi due manterremo la parola data.
Mi siedo per un attimo sul letto, dove questa mattina ho lasciato aperto il computer. Lo sblocco per un attimo, ritrovando la pagina su cui avrei dovuto scrivere qualcosa per il mio libro.
La pagina è bianca, perché da tempo ho un blocco che non mi permette di scrivere come vorrei, come ho sempre fatto. E' qualcosa di profondo, che sta rovinando una delle poche cose belle che ho sempre avuto nella mia vita.
La scrittura è per me ciò che il football era per Chris.
Scrivere significa aprirsi in una maniera che non conosce limiti, e io mi sono sempre messa a nudo. Scrivere mi purifica l'anima, mi fa bene al cuore.
E ora...
Credo sia un percorso lungo, semplicemente. Credo che arriverò ad un certo punto di questo lungo tunnel e le parole usciranno senza dolore, senza aprire di nuovo le cicatrici.
Vado in bagno per sciacquarmi il volto, poi alzo lo sguardo, e vedo ciò che lo specchio riflette: capelli color pece, occhi color ghiaccio, pelle molto pallida, occhiaie troppo evidenti.
Chiudo forte gli occhi.
Sono solo il ricordo della ragazza che ero un tempo.
Sono ormai mesi che evito il mio riflesso, perché fa troppo male, e perché non riesco ad accettarlo: sono uguale a lui.
"Sei la mia piccola fotocopia, sorellina."
Me ne vado di scatto dal bagno, non potendo sopportare oltre. Stringo forte la medaglietta che porto al collo per farmi forza.
Mio padre mi dà un bacio sulla fronte prima di sedersi a tavola. Mi sorride, mi fa sentire quel calore che per tanto tempo non mi ha dato.
-Sai...- dice ad un certo punto, cauto, osservandomi attentamente -Stavo pensando che questi giorni potresti conoscere Christine, tesoro- 
Mi blocco per un attimo, travolta dalla sensazione di una doccia fredda.
-Conoscere...- cerco di non sembrare una che rischia di vomitare alla sola idea -Mi stai chiedendo di conoscere la tua compagna?-  domando schietta, con voce piatta.
-Sì, tesoro. Sto chiedendo a mia figlia di conoscere la donna che amo- ribatte lui.
Vuole farmi conoscere la donna che ama.
Se vogliamo definire la situazione, potrei dire che si tratta di qualcosa di complicato, qualcosa di difficile da digerire.
Lui e Christine si sono conosciuti perché accomunati dalla stessa perdita, dallo stesso dolore. Si sono conosciuti perché la figlia di lei è morta nello stesso incidente che ha spezzato la vita di mio fratello.
Stavano insieme, capite? Erano fidanzati, e lui non mi ha mai detto nulla. Ho dovuto scoprirlo quando, insieme al corpo morto di mio fratello, hanno tirato fuori anche quello di lei dalla macchina distrutta.
Io... non lo so. Non ho idea di come affrontare tutto questo.
Però ora guardo mio padre, e so quello che devo fare, per provare a stare meglio, anche se lui non c'è più.
"Combatti."
-Certo, papà- mormoro, alzando lo sguardo verso di lui -Posso conoscere Christine-

Un Porto Sicuro.Where stories live. Discover now