Capitolo 23.

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-Odio quel cane- alzo gli occhi al cielo, irritata.
-Nessuno ha chiesto il tuo parere- ribatto osservando il mio cagnolino che corre lungo tutta la casa, senza un motivo ben preciso.
Jake è tornato a casa e la situazione qui é tesa, lui e Damian hanno litigato in toni anche leggermente accesi ma ora, almeno, non si urlano più contro.
Il mio fratellastro adorato sbuffa annoiato e continua a fare zapping alla tv, mentre io finisco la relazione per la mia professoressa, la quale vuole delle opinioni su vari pensieri di alcuni filosofi.
Damian entra nel salotto, porgendomi la tazza di tisana. La prendo in silenzio, sotto lo sguardo irritato di Jake e quello impassibile del fratello.
-Lo stai facendo solo per i tuoi stupidi giochetti, eh!?- sbotta Jake, guardando fisso il fratello che si gira verso di lui, guardandolo con sfida.
Io mi immobilizzo.
-Andiamo, fratellino, vai dritto al punto- lo istiga Damian, come se fosse contento della rabbia di Jacob. Come se ne godesse.
-Non ci provare minimamente, fratello, con me non funziona- sbotta ancora -Vuoi solo portartela a letto- ringhia, facendomi gelare.
Oh. Mio. Dio.
Damian ghigna, osservando il fratello con uno sguardo calcolatore, agghiacciante.
-Fai la parte dell'eroe, Jacob? E da quando!?- sibila cattivo.
Perchè mi sembra che ci sia qualocosa che non riesco a cogliere? Qualcosa che mi sfugge?
-Non ti azzardare- tuona Jake, alzandosi dal divano, Damian si avvicina, furibondo.
-Tu sei stato il primo, Jake!- sputa fuori, velenoso. Jacob scatta, prendendolo per la maglia. Mi alzo immediatamente, nervosa.
-Datevi una cazzo di calmata entrambi!- dico irritata, cercando di separarli.
-Tu non c'entri un cazzo, vedi di starne fuori!- ringhia di rimando Damian, strattonando via le mani di Jacob dalla sua maglia, per poi fulminarmi con lo sguardo. Accuso il colpo, rimanendo indifferente.
-La devi finire, Damian!- ringhia a sua volta jake, fulminandolo con lo sguardo.
-Dio santo, fratellino, stai calmo. È libera e consenziente, non la obligo a stare con me- ribatte acido Damian, lanciandomi un'occhiata penetrante; io quasi ci sprofondo, dentro i suoi occhi.
-Ti fará piangere, Charlene- mi avverte Jake, duro, schifato.
Uno schiaffo. Questa frase mi arriva dritta come uno schiaffo: uno di quelli che non fa male, ma che rischia di ucciderti.
Alzo un angolo della bocca, gelida.
-Nessuno può farmi piangere, Jake, puoi stare tranquillo-
-Ti farà piangere, nonostante tutto- ribatte con una lieve nota di disperazione nella voce.
Ci dovevo arrivare prima, non credete? Dovevo capirlo, che lui aveva capito. Che non piango.
Che non piango più.
-Non mi metto a piangere per un ragazzo, Jacob- dico gelida -Ho sopportato ben di peggio di un ragazzo che mi spezza il cuore- sposto lo sguardo sul fratello, indifferente, senza emozioni -Non cadrò di certo a pezzi per te, Damian- perchè lo sono già, a pezzi -Se volete picchiarvi come ragazzini fate pure eh- prendo il computer e volto loro le spalle, irritata dalla conversazione.
Vado in camera e chiudo la porta, Mojito, che mi ha seguito, sale tranquillamente sul letto e si accuccia lì, osservandomi e aspettando che io vada con lui. Sbuffo, mordicchiandomi le labbra, e vado a coricarmi anche io sul letto, non prima di avergli dato una grattatina dietro l'orecchio.
-Questi due ragazzi sono un casino, vero piccolino?- mormoro, accarezzando il suo pelo morbido. Fisso il paronama fuori dalla finestra, con Mjito nello spazio fra le mie gambe incrociate, e ripenso alla loro strana discussione.
Sembrava stessero parlando di qualcosa che non conosco.
Corrugo le sopracciglia.
Sono paranoica?
Faccio un grosso sospiro e chiudo gli occhi, inziando a giocherellare con la targhetta di Chris. La porta si spalanca di colpo e il ragazzo che mi sta tormentando la mente in questi giorni entra, chiudendo poi la porta dietro di lui.
-Voglio uscire- alzo lentamente gli occhi su Damian, corrugando le sopracciglia.
-Cercati una delle tue amichette. Non sono dell'umore- ribatto irritata, lui serra la mascella, infastidito.
-Per favore?- chiede in tono falso, avvicinandosi al letto.
-Ma che gentile- inclino la testa, sorridendo anche io falsamente -Quasi quanto prima, quando mi hai detto di farmi i cazzi miei- continuo acida, lui abozza un sorrisetto e si abbassa alla mia altezza, ai piedi del letto.
-Ero incazzato- ribatte piano, inclinando la testa.
-Sono incazzata anche io- incazzata e confusa.
-Bene, usciamo così mi faccio perdonare- decide lui contento, alzandosi -Muoviti- dice prima di uscire dalla camera.
È dannatamente bipolare.
"Ti farà piangere, nonostante tutto"
Nessuno può farmi piangere. Nessun dolore potrà mai sovrastrare quello per la morte di mio fratello.
È così. Dev'essere così.
Per cui non devo preoccuparmi.
Mi alzo lentamente e decido che mettermi: voglio essere comoda, per cui opto per una maglia gigantesca che mi sta a vestito e che appunto uso come tale, sopra metto una giacca a mezza manica stile militare, metto delle scarpe comode e mi sistemo i capelli in uno chignon disordinato, lasciando alcune ciocche cadere fuori dall'elastico. Metto giusto un po' di mascara nelle ciglia, dentro la lima inferiore passo della matita nera e sono pronta. Vado in camera sua, appoggiandomi allo stipite della porta.
-Pronta?- chiede uscendo dal bagno a petto nudo.
Dannazione!
Ghigna soddisfatto, vedendo sicuramente come lo sto guardando. Si avvicina a me e mi posa una mano sul viso, poi mi da un lungo, lungo bacio, che mi fa tremare il cuore per un breve momento. Dannazione.
-Bene- mormora staccandosi, va a prendere la maglietta posata sul letto e se la infila con una naturalezza sorprendente, prende le chiavi dal comodino, poi apre un cassettone, estraendone due caschi. Sgrano gli occhi.
-No, no, no, no, no- squoto la testa, fissando i caschi -Camminare è molto meglio, non credi?-
-No- ribatte lui, divertito -Dai, non corri nessun pericolo con me, Darling- mi prende la mano e mi trascina fuori dall'appartamento.
-Non sono mai salita su quell'affare, Damian, non voglio- mi oppongo piagnucolando, Damian ride e mi avvicina a lui, mettendomi un braccio sul collo.
-Vorrà dire che la tua prima volta sarà con me- perdo circa dieci anni di vita.
"Vorrá dire che la tua prima volta sarà con me"
Andiamo a prendere la moto dal garage del palazzo, Damian mi tiene ancora stretta a se e io cerco di leggere il mio corpo, come reagisce alla sua vicinanza. La moto è da mozzare il fiato, è nera opaca e io rischio di avere uno svenimento.
Vomiterò, ne sono certa.
-Andiamo, non avrai davvero paura- gli lancio un'occhiataccia, lui sorride lievemente e si avvicina, aiutandomi a mettere il casco. È delicato come non l'ho mai visto -Non succederà nulla, Darling. Promesso- mormora, finendo di sistemarmi il casco.
Chiudo gli occhi per un breve attimo.
Non mi piacciono le promesse. Le detesto con tutta l'anima. Sono sbagliate, in qualche modo malate. Come puoi promettere qualcosa, quando la vita è imprevedibile? Come puoi promettermi qualcosa, quando la vita può rompersi in mille pezzi in un secondo?
Quando riapro gli occhi, lascio andare tutto. Per un po', lo prometto, poi torno alla realtà.
Lui sale sulla moto dopo aver messo il casco e aspetta che io mi sieda dietro di lui.
Oh, fanculo.
Mi metto dietro di lui, provando a fidarmi, e allaccio titubante le braccia attorno al suo addome.
-Tieniti forte, Darling- ok, ho cambiato già idea.
prima che io possa tornare correndo in letargo sotto alle coperte del letto lui parte, facendomi tirare un urlo stridulo, lo sento ridere, e la sua risata, Dio, la sua risata.
Mi aggrappo più forte a lui, che sfreccia veloce lungo le strade di Miami.
-Non ci credo- ribatte lui, facendomi scoppiare a ridere.
-Te lo giuro- ribatto, girando il ghiaccio nel bicchiere della mia cocacola -Mi aveva dato tre biscotti pieni di cioccolato per farmi fare un esercizio di matematica- sorrido divertita -Quella tata è durata circa una settimana in casa mia-
-Quindi eri insopportabile fin da bambina- commenta con un sorrisetto, appoggiando i gomiti al tavolino sul quale siamo seduti. Abbiamo deciso di fermarci in un bar, sotto mia insistenza visto che stavo per morire disidratata.
-Peggio che insopportabile, a dire il vero. Stavo buona solo con Rosa- e Chris.
-Da quanto lavora per voi?- chiede, riferendosi a Rosa.
-Da prima che io e mio fratello nascessimo- rispondo con un sorriso dolce -Ci è sempre stata accanto. È un amore- io adoro quella donna, farei di tutto per renderla contenta.
-Vi ha cresciuti- non é una domanda, lo sta affermando. Annuisco lentamente.
-Sì- dico facendo spallucce -Cresciuti e educati, molto più di quanto abbiano fatto i miei genitori o tutte le varie educatrici che facevamo impazzire-
-Perchè?- continua a chiedere, guardandomi negli occhi così intensamente da farmi quasi male.
-Perchè facevamo impazzire gli educatori?- chiedo per sicurezza, mordicchiandomi le labbra, lui annuisce -Per attirare l'attenzione di nostro padre- ammetto, sorseggiando la mia bibita -Volevamo lui in casa, non estranei-
-Lavorava tanto- borbotta Damian -Ne hai parlato una volta a mia madre, no?-
-Si, più o meno sì- rispondo -Papà lavorava troppo, tornava bene o male tre volte all'anno a casa- Damian sgrana gli occhi.
-Tuo padre- ripete scettico, come se avessi detto la cazzata del secolo. Gli rivolgo un sorriso teso.
-Non era il padre che conoscete ora- rispondo -In questi anni ha pensato solo ed esclusivamente al lavoro, ed è arrivato dove è ora grazie a quello-
-Un'azienda multimiliardaria- faccio una smorfia, ma annuisco.
Multimiliardaria. Troppi soldi nelle mani di un solo uomo.
-Perchè non suoni più?- mi si secca la gola.
Apro la bocca per rispondere, ma non esce nulla, quindi la richiudo, spostando lo sguardo verso i passanti.
-Suonavo per mio fratello- rispondo piano -Mi ha sempre sentito solo ed esclusivamente lui, quando me lo chiedeva. Ora non lo faccio più-
Lui annuisce lentamente ma non commenta, mi sta studiando, invece.
-Perchè non mi chiedi di mio padre?- chiede dopo un po', calmo. Fin troppo calmo.
-Perché se mai vorrai dirmi qualcosa sarai tu a scegliere il momento, ormai l'ho capito- rispondo cauta, bevendo poi un sorso di cocacola.
Lui alza un angolo della bocca, poi si riappoggia allo schienale della sedia.
-Devi andare a casa tua per prendere altra roba, vero?- corrugo le sopracciglia.
-Sì, dovevo andarci domani con Jake, ho dimenticato alcune cose-
-Andiamo oggi, ho un'idea- lo osservo sospettosa ma non chiedo niente, continuando a bere la mia cocacola -Che vuoi fare dopo la scuola?-
-Bhe, io vorrei fare la scrittrice a tempo pieno, però dovrò, devo adattarmi-
-Che intendi?-
-L'azienda di mio padre- rispondo con una smorfia -Non può andare nelle mani di uno sconosciuto. È un'impresa di famiglia, dovrò gestirla io. È sempre stato così- faccio spallucce -Scriverò nel tempo libero, quello nessuno me lo vieta-
-È sempre stato così- capisco che intende, ovviamente.
-Christopher era nato per fare il giocatore di football, e non si può fare sia quello che gestire l'attività di famiglia- taglio corto.
-Tu odi la matematica. Come farai a gestire i conti?-
-Oddio, ci saranno i contabili, spero- esclamo terrorizzata -Mi occuperò di fare affari, credo, e spero che non mandare in rovina tutto quel che mio padre ha costruito nella sua vita- Damian sorride divertito.
-Tu che farai, dopo aver concluso gli studi?- mi azzardo a chiedere, cogliendolo di sorpresa -Opterai per il football?-
-Non credo- risponde lui -Io sono bravo, e sono capitano perchè sono furbo e calcolatore. Se dovessero basarsi sul talento e la passione, di certo il capitano sarebbe Jake. Lui continuerà, io non ho idea di quel che farò- rabbrividisco.
Non ha idea di quel che farà.
-Perchè quella faccia?- ridacchia, osservandomi.
-Per una che ha sempre avuto la vita programmata al minimo dettaglio, e che sempre l'avrà, non avere un futuro stabilito è terrorizzante-
-Puoi fare molte più cose di chiunque altro, Darling, come puoi dire di avere la vita programmata?-
-È così, Damian- rispondo calma, cercando di spiegarmi -Fin da quando sono nata ho la vita programmata: buona famiglia, il miglior supporto scolstico, la miglior educazione. Devo frequentare l'alta società e diventare un donna rispettabile, dai sani principi. Studierò diritto dopo la scuola, per essere una dirigente competente, e prima o poi dovrò sposarmi. Avere un famiglia- deglutisco, con il cuore che batte a mille e la bocca amara -Prima era più semplice, con Chris- faccio un sorriso tirato, triste -O almeno tutto il peso di avere il mio cognome pesava meno- faccio un sospiro e mi alzo, visto che ho finito la cocacola. Si alza pure lui, ma resta comunque ad osservarmi mentre torniamo alla moto.
Ad un certo punto mi attira a lui, mettendomi nuovamente un braccio intorno al collo. Il cuore mi batte forte, e non mi piace.
Non ho idea di cosa stiamo facendo e di certo non so cosa vuole. Dovrei allontanarmi da questa situazione.
Ma non mi farà piangere. Ho sopportato di peggio.
Non riesco. Non riesco ad andarmene via.
Mi mordicchio le labbra mentre lui mi prende la mano con quella che ha attorno al mio collo.
Appoggio la testa alla sua sua spalla, respirando il suo profumo.
Se ci vedessero in questo momento, sembreremmo una coppia come tante, anche se in realtà siamo ben lontani da esserlo.
Quando vedo uno studio di tatuaggi mi torna in mente che ultimamente ho pensato di farmi un nuovo tatuaggio.
Devo ricordarmi di chiamare il mio tatuatore.
-Devi spiegarmi la tua idea- chiarisco mentre ci avviciniamo alla moto. Lui ghigna, poi inchina il viso per darmi un bacio.
-Lo scoprirai- alzo gli occhi al cielo.
-Lo scoprirai- scimmiotto, facendogli nascere un sorriso divertito sul volto. Arriviamo in poco tempo davanti alla moto, subito ci mettiamo il casco e lui guida verso l'enorme villa in cui ormai non c'è nessuno.
Apro la porta d'ingresso e il silenzio all'interno della casa mi travolge.
Una casa troppo grande, per una famiglia troppo distrutta.
Vado nuovamente in camera mia senza aspettare Damian, prendo uno zainetto da poter mettere in spalla e metto dentro quel che ho scordato l'altra volta.
Delle braccia si avvolgono alla mia vita e Damian incomincia a darmi baci sul collo, facendomi chiudere gli occhi, rilassata.
-Mi stai distraendo- mormoro lasciandomi sfuggire un sospiro di piacere. Mi appoggio al suo petto, mentre le sue mani mi sfiorano la pancia. Lo sento sorridere sulla mia pelle, poi appoggia il mento sulla mia spalla, osservando l'armadio con me.
-Hai finito?- chiede, con la guancia appicicata alla mia.
-Sì- ribatto, chiudendo le ante. Mi mordicchio le labbra mentre lui mi fa camminare all'indietro, contro il suo petto.
-Bene- mormora, riandando in camera, poi mi prende la mano, portandomi fuori dalla stanza. Scendiamo al piano di sotto -Dov'è la sala del pianoforte?- domanda, continuando a cercare la sala da solo. Deglutisco, nervosa.
-Che vuoi fare?- chiedo agitata, mentre entriamo nella sala, appunto, dove c'è il piano -Damian...- sono nervossisima.
Non sto capendo.
Lui si mette davanti a me e mi bacia. E, stranamente, mi tranquillizzo.
-Suona per me...- mormora sulle mie labbra, con le mani sulle mie guance. Divento di ghiaccio.
Suona per me.
-Suona per me e mi puoi chiedere di tutto, quando vuoi- guardo lui, poi sposto lo sguardo sul pianoforte. Il mio pianoforte, una delle poche cose che ho voluto tenere.
-Io non...-
-Suona per me- la sua voce è bassa e roca, i suoi occhi sono dentro i miei.
Ha gli occhi rari di chi sa guardare dentro e far crollare un cuore; uno sguardo che ha dentro tutta la bellezza di Berlino mentre cade.
-Ok- sussurro lentamente.
Qualcosa nei suoi occhi cambia, e forse cambia qualcosa anche dentro di me.
Mi avvicino al piano, sfiorando con le dita la superficie bianca. Mi siedo sulla panchetta, deglutendo.
-Che vuoi sentire?- chiedo senza voltarmi, sentendo però il suo sguardo scavarmi la pelle.
-Suona il tuo brano preferito-
Faccio un lieve sorriso e vado sul sicuro con un brano che mi sta molto a cuore: perfect horizon. Mi tremano le mani, e inizialmente infatti si nota, però è... liberatorio.
Lascio andare tutto, mi faccio trasportare completamente; mi lascio travolgere, sconvolgere, dalle emozioni.
Scappo via. E mi manca il fiato.
Perchè butto fuori la rabbia. La solitudine. Butto fuori la mancanza, la paura. Butto fuori le urla che non hanno voce, ma che logorano la mia anima in modo stravolgente. Butto fuori le notte insonni, e gli incubi, e le incomprensioni. E le lacrime mai versate.

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