Capitolo 28.

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"Sono con te, anche se lontano. Con te, e con lui"
Ecco il messaggio che mi ha mandato Luke questa mattina.
E mi sono sentita vuota. Mi sono sentita inerme. Senza vita.
Inadeguata.
Avete presente quella sensazione? Mi sono svegliata da quelle poche ore di sonno ansimando, fradicia di sudore, con la mente ancora lontana. Ancora dentro quell'incubo. Poi ho visto il messaggio, e me lo sono proprio sentita dentro.
Dentro la carne. Inadeguata.
Mi sono sentita poche volte così, e mai come oggi. Mi sembra tutto così... sbagliato. Poi la nausea è arrivata, e ho vomitato, ma non mi sono liberata. Perché non piango. Non ci riesco. E Chris è ancora qui, nonostante tutto.
Chris, la sua morte, il mio dolore. Tutto ancora qui.
Ho la musica a palla nelle cuffiette, quando entro a scuola, e non lo facevo da un bel po', ma oggi è diverso.
Oggi non voglio sentire nessuno, oggi non voglio sentire nulla. Non le braccia attorno al mio corpo che mi trattenevano, non le sirene della polizia, non la voce dell'agente che comunicava il decesso di mio fratello. E nemmeno le mie urla.
Non voglio sentire le mie urla.
Tutti mi fissano, nessuno mi parla, io non vedo nessuno. Non oggi. Cammino lungo i corridoi, andando verso un punto ben preciso, che ho sempre evitato. E la maggior parte degli studenti sono lì, tutti lì. C'è una folla intorno, ma tutti si spostano al mio passaggio, mi guardano come se fossi una bomba pronta ad esplodere.
Quasi non noto nemmeno Jake, Damian, Ethan e le ragazze che mi fissano preoccupati, anche loro qui. Quasi non lo noto, perché il mio sguardo e fisso sul suo armadietto. Ricoperto di fiori, bigliettini, giocattolini e altre cianfrusaglie.
Rose, rose rosse.
Vorrei urlare che lui le odiava. Vorrei urlare e rompere tutto quel che c'è attaccato sopra quella parete di metallo.
Vorrei urlare, e vorrei piangere.
Perché il mio mondo è crollato di nuovo, oggi.
Faccio un passo avanti, poi un altro. Nessuno sta fiatando e tutti mi stanno guardando, ancora e ancora, come se fosse un loro diritto.
Forse devo vomitare di nuovo, è quello che provo, ma freddezza, freddezza più assoluta, è quella mi costringo a mostrare.
La mia mano non trema quando aggiungo una singola rosa bianca a quel mucchio di fiori. Chiudo forte gli occhi, solo per un attimo, prima di fare un passo indietro.
Per te, fratellone, provo il più puro dei sentimenti. Dovevi saperlo, e lo saprai. Sempre.
Mi volto, senza guardarmi indietro, e vado via, consapevole che non tornerò in quel corridoio per tanto, tanto tempo.
Ho quel tipico groppo in gola di quando si sta per piangere, ma non si può. Ecco, io non posso. Non posso proprio.
Esco nuovamente fuori, non sono andata a lezione per tutta la mattina, sono entrata a scuola solo per mettere quella dannata rosa in un posto suo, visto che non posso portarla in cimitero.
E in realtà potrei anche andarci, ma proprio non ci riesco.
Faccio il giro della scuola e vado dritta verso le scale antincendio, che portano fin sul tetto della scuola. Il mio posto preferito della nostra scuola. Ci vado solo io, a quanto pare. Solo e soltanto io. Sola, come lo sono ora.
Questa è la prima volta che vengo qui, quest'anno. Il mio ultimo, qui alla North.
Scatto una foto del cielo pieno di nuvole scure e la inoltro a Lucas, con sotto scritto "Sono con te, anche se lontana. Con te, e con lui."
E so che non mi risponderà, ma va bene. Anche se va male, forse, per la prima volta, va bene.
Mi appoggio con i gomiti al parapetto in cemento, osservando con una stretta allo stomaco il cortile in basso, mentre gioco con i miei capelli di metà testa lasciati liberi, mentre l'altra parte è raccolta in una treccia.
<·>
Sento delle risate dal cortile sotto di me, così alzo lo sguardo dal pc ce ho portato questa mattina qui a scuola e mi alzo da terra, appoggiandomi con i gomiti al parapetto in cemento. Sorrido divertita, osservando Chris e Luke che si stanno sedendo sopra un tavolino di fuori, mentre ridono tranquillamente, parlando fra di loro. Prendo il cellulare e scatto loro una foto, mandandola poi sul nostro gruppo.
"Ci sono due coglioni che ridono" allego questa frase alla foto, riponendo poi il cellulare in tasca.
Chris vede il messaggio, dice qualcosa a Luke e insieme alzano lo sguardo verso di me.
-Ciao sorellina- urla a gran voce Chris, sorridendomi. Scuoto la testa divertita, muovendo le dita a mo' di saluto -Hai ora buca?- continua a strillare, attirando sguardi curiosi. Annuisco senza seguire il suo esempio, e lui annuisce di rimando, inclinando la testa con u sorriso dolce sul viso, che fa sorridere anche me -Non ci raggiungi?- alzo due dita, e lui annuisce di nuovo.
Prendo il computer, lo zaino e i libri sparsi a terra, poi vado sulle scale d'emergenza e scendo le scale. Due minuti dopo, sono da loro. Da mio fratello.
<·>
-Scappi, Darling?- sobbalzo quando sento la voce di Damian alle mie spalle, tropo immersa nei miei pensieri.
Non mi giro, e lo sguardo mi cade su quel tavolino. Si mette accanto a me, nella mia stessa posizione, e sta in silenzio, non mi osserva neppure.
Che cosa ci fa qui?
-Non sono dell'umore per sopportare il tuo carattere, Damian- mormoro atona, fissando il tavolino del mio ricordo.
Vorrei sentire la sua risata solo un'altra volta. Solo un'ultima volta.
-Oggi ti concedo una tregua, Darling, stai tranquilla- con la coda dell'occhio vedo che non sorride ne il suo tono è divertito.
-Pff- sbuffo stanca, girandomi lentamente la medaglietta fra le dita -E domani?- chiedo piano, facendo una smorfia -Domani tonerai a essere uno stronzo- continuo mantenendo un tono piatto -Non me ne faccio nulla della tua tregua. Vattene-
-Va bene- sospira annoiato, non faccio nemmeno a tempo a pensare quanto sia strano che mi abbia dato ascolto che lui fa emergere la sua prepotenza del cazzo -Tu però vieni con me- si allontana dal parapetto; faccio l'ennesima smorfia, senza spostarmi di un millimetro, nemmeno per guardarlo in faccia.
Inadeguata.
-Che hai da perderci, Darling?- chiede lentamente, calmo, mettendosi dietro di me. Stringo le mani a pugno e mi costringo a non avere reazioni, mi costringo a non rabbrividire fra le sue braccia quando il suo petto aderisce alla mia schiena.
Chiudo gli occhi, cercando di allontanarmi con la mente. Dio, non può far così . Non oggi che non sono in me.
Appoggia il mento sulla mia spalla, a diretto contatto con la pelle visto che oggi indosso un top verde militare con le spalline fini. Come pantaloni indosso dei pantaloni sempre stile militare con chiazze marroni e ho messo degli stivaletti con il tacco per le scarpe.
-Vieni con me- mormora sulla mia pelle, posandoci poi un bacio.
Mi mordo le labbra, cosciente di non essere per niente lucida. E forse è un bene, oggi. Forse è un bene non essere lucida, perchè se lo fossi tornerei a cadere in quel baratro di tristezza che ha lasciato dentro di me la morte di Christopher.
Mi da un altro bacio sotto l'orecchio, poi ancora un altro.
-A fare cosa?- chiedo con voce tremante, deglutendo, mentre lui sorride e continua a darmi piccoli baci che partono dal collo alla mascella.
-Visto che oggi siamo in tregua devi fidarti di me- risponde a bassa voce, lentamente, come se mi stesse dicendo un segreto mentre le sue labbra continuano a baciare la mia pelle.
Trattengo il respiro, nervosa.
"Devi fidarti di me"
Non mi fido proprio per niente di Damian. Per niente. Non credo di poterlo mai fare.
Ma ho bisogno di non pensare, e questo riesco a farlo del tutto solo con il ragazzo dietro di me.
-Va bene- accetto con un sospiro. Lui non dice nulla e mi gira, facendomi allacciare le braccia attorno al suo collo, poi circonda i miei fianchi.
Io perdo dieci battiti.
-Va bene?- chiede di nuovo, dandomi poi un bacio a stampo.
Dieci battiti? Qui ne perdo cento.
Deglutisco di nuovo e annuisco, Damian sorride: non un sorriso malizioso, cattivo. Ma un sorriso da mozzare il fiato.
Fa un passo indietro, trascinandomi con se, mentre la sua bocca trova di nuovo la mia, in un bacio lento, caldo e profondo.
Questo bacio è troppo intimo. Troppo intimo per noi due.
Appoggia la fronte alla mia, il suo respiro si infrange su di me e i nostri occhi si incontrano, si fondono.
E mi fa tremare il cuore.
-Una tregua, solo per oggi?- chiedo con voce rauca, pregandolo, supplicandolo di darmi qualcosa, di darmi una risposta. Ma essa non arriva, Damian scuote leggermente la testa e mi da un altro bacio a stampo, poi cerca di scostarsi, ma io glielo impedisco, stringendo la sua maglietta nera fra le mani -Damian- sussurro tremante, cercando qualcosa nel suo sguardo. Lui ha ancora le braccia attorno al mio corpo e la fronte sulla mia. Mi guarda per un attimo, poi chiude gli occhi, strofinando lentamente il suo naso sul mio. Le mie mani finiscono sul suo volto, con le dita gli accarezzo la guancia sinistra, continuando a guardarlo dal basso, mentre lui mi priva del suo sguardo.
Le sue dita premono sulla mia pelle della schiena, come a volermi lasciare un'impronta. Come se si stia aggrappando a me, per non crollare.
Gli sfioro piano il viso, con calma, senza dire nulla. In silenzio.
-Ti porto via- mormora sulle mie labbra, prima di posarci un bacio sopra.
Ti porto via.
Si allontana, questa volta lo lascio andare; mi mette un braccio intorno al collo e la mia guancia finisce premuta contro il suo petto.
Non per dire eh, ma ha un profumo spettacolare.
Non si tratta di un profumo artificiale, si tratta proprio del suo profumo. E io ne sono totalmente, completamente attratta.
-Damian ci vedranno- sussurro agitata, cercando di allontanarmi da lui quando ci stiamo avvicinando al cortile principale, quello in comune di entrambe le scuole. Damian invece mi tiene stretta vicino a lui, alzo la testa per protestare e ne approfitta per darmi un altro bacio.
-Abbracci in continuazione mio fratello e non ti fai problemi che la gente ti veda- protesta lui in un tono strano, che mi fa corrugare le sopracciglia.
-Jake è Jake- mormoro dubbiosa, lui mi lancia un'occhiataccia.
-E io invece sono Damian- non mi piace il suo tono, mi fa chiudere lo stomaco.
Inadeguata, di nuovo.
-Perspicace- mormoro con una lieve nota d'ironia. Usciamo da dietro la scuola e lui non mi lascia andare, e per un attimo gli sono grata.
Tutte queste persone non aspettano altro di vedermi crollare, proprio oggi. Tutte queste persone che stanno puntando lo sguardo su di me non aspettano altro che io cada, dopo tutti questi anni nel quali hanno avuto solo la mia indifferenza. Perché è così che funziona nel mio mondo: ci sono solo avvoltoi.
Nascondo il viso sul suo petto e stringo i denti, mentre mi si mozza il respiro.
Non posso permettere che mi vedano debole.
Ci stanno guardando tutti.
Voglio che mi guardino perchè sono con Damian, non perchè oggi è il compleanno di mio fratello morto.
Quando salgo nella sua auto quella sensazione di vuoto torna a farsi sentire dentro di me, portandomi alla nausea. Chiudo forte gli occhi, appoggiando la fronte al finestrino, mentre lui guida. Il cielo è grigio, oggi in effetti il clima era molto più freddo e umido, probabilmente quindi oggi pioverà. La rappresentazione perfetta del mio umore.
Mi ha lasciato. Christopher non c'è più, e mi ha lasciato.
E io non riesco a piangere.
E forse sto anche per avere un attacco di panico. Una fottuta crisi.
La mia mano scatta sulla targhetta.
Combatti.
Mi concentro sulla respirazione, imponendomi di restare calma. Devo restare calma. Calma.
Combatti. Ma per che cosa? Per che cosa dovrei combattere?
"Combatti per te stessa, sempre, sorellina. Promettimelo."
Me lo aveva detto dopo una delle prime litigate con mia madre. Dopo che lei mi aveva schiaffeggiata e insultata, e io glielo avevo lasciato fare, inerme, senza sapere come reagire.
"Combatti per te stessa"
-Darling- ritorno alla realtà di scatto, sentendomi scombussolata -Charlene?- mi chiama ancora, così lentamente mi giro verso di lui, in silenzio. Sono stanca. Lui mi lancia un'occhiata, poi con un braccio mi fa appoggiare la testa sulla sua spalla, poi mi prende la mano destra con la sua, giocando piano con le mie dita.
Non faccio domande, e sinceramente nemmeno voglio pormele: un giorno di tregua, da tutto e da tutti.
-Dovresti parlare con Lucas, Darling- dice dopo un po', calmo, concentrato sulla strada. Faccio un profondo respiro, ignorando il dolore che provocano quelle parole. Mi concentro sul calore della sua pelle contro la mia guancia, e sulla sua mano premuta contro la mia.
-Abbiamo deciso di non sentirci più come prima- decido di dirgli in un mormorio, dopo attimi di silenzio. Mi guarda un'altra volta, velocemente, prima di guardare di nuovo la strada. Non dice nulla, per l'ennesima volta capisce come comportarsi con me. Come se mi capisca.
Un giorno di tregua, mi ripeto nella mente.
Sto ignorando la faccenda, sto rimandando le domande sul nostro strano rapporto, sui miei sentimenti e sulle risposte che inevitabilmente devo darmi. Me ne rendo benissimo conto, ma per ora, per oggi, mi sta bene così.
Non mi porta a casa mia, ma andiamo direttamente a casa sua. Damian mi attira di nuovo a se, mettendomi un braccio attorno al collo: glielo lascio fare, come se fossi una bambolina di pezza.
Sono solo stanca.
Dopo essere entrati in casa mi trascina in camera sua, apre l'armadio e prende una felpa nera, me la porge subito dopo.
-Starai più comoda- annuisco piano, e lui mi lascia sola nella stanza. Sciolgo lentamente la treccia, sedendomi sul suo letto, poi tolgo il top che indosso e mi infilo velocemente la felpa di Damian. Mi tolgo le scarpe, poi anche i pantaloni, e si, sono effettivamente molto più comoda.
Un giorno di tregua.
-Darling- sobbalzo, ancora seduta sul suo letto. Non lo guardo e fisso la finestra, fisso il cielo scuro.
Sono stanchissima.
Lo sento sospirare e si avvicina a me, sedendosi sul letto. Mi trascina più vicino, mettendo una mia coscia sulle sue, e finendo così fra le mie gambe, di fianco. Chiudo forte gli occhi, appoggiando la fronte sulla sua spalla, e lui sta un po' in silenzio, inclinando la testa per appoggiarla alla mia.
Mi sento vuota, di nuovo, senza di lui.
Le sue mani ruvide mi accarezzano la pelle. Sta in silenzio, facendomi sentire compresa.
Perché il dolore non è quello che dici, ma quello che taci.
-Dai, vieni- sussurra, prendendomi sulla schiena come se pesassi nulla, con le mani sotto le mie cosce. Sgrano gli occhi, aggrappandomi al suo collo, poi nascondo il viso nello spazio tra esso e a spalla, respirando il suo profumo.
Solo un giorno di tregua.
-Non ho fame- lo avverto, mentre mi fa sedere sul piano da cucina.
-Lo so- ribatte lui con un sospiro, osservandomi -Ma mangerai comunque- mi circonda il mento con una mano e mi da un bacio a stampo. Faccio una smorfia, osservandolo mentre inizia a cucinare.
-Non ho fame- ripeto ancora, giocherellando con la medaglietta. Lui abbozza un sorriso divertito ma non mi guarda, continuando a essere concentrato sui fornelli.
-Spiegami i tuoi tatuaggi- dice invece, facendomi corrugare le sopracciglia.
-Perché?- chiedo stranita. Perché mai gli interessano i miei tatuaggi?
-Mi piacciono su di te- spiega con un ghigno, facendomi alzare gli occhi al cielo.
-Il numero 22 è il numero di mio fratello- ma questo lo sa già -Questo- indico la parola "art" in mezzo alle clavicole -È, diciamo, un complimento che usavamo io e Chris- ammetto leggermente imbarazzata, lui mi lancia una breve occhiata ma non commenta -Il tatuaggio sul seno è una runa, il simbolo identificativo di una saga di libri: la prima che ho letto, Shadowhunters- faccio una pausa, mordicchiandomi le labbra.
Gli sto dicendo cose che nessuno sa. Gli sto facendo conoscere qualcosa che nessuno ha mai visto.
E mi fa paura, perché lui, in fin dei conti, resta Damian: che odia, disprezza e ferisce.
-Ho una rosa nera sulle costole, a lato- la mia bocca si muove da sola -Significa...- faccio una smorfia, poi stringo fra le dita la targhetta -Beh, significa quello che significa la rosa nera- borbotto -Ho la frase rappresentativa del mio libro sul braccio- continuo poi -Quello sotto al seno l'ho fatto solo per estetica, senza un motivo ben preciso-
-Quelli sotto e sopra al seno sono parecchio sexy- ammicca verso di me, facendomi alzare di nuovo gli occhi al cielo.
-Le fasi lunari sulla clavicola significano che la notte prima o poi, nonostante tutto, finisce- continuo ignorando il suo commento.
-La faccia di Medusa sul polso, invece?- chiede, guardandomi un'altra volta.
-Da bambina pensavo che se avessi avuto la testa di Medusa sempre in tasca sarei stata invincibile- alzo un angolo della bocca, osservandolo. Lui alza la testa su di me con un sorrisetto sulle labbra.
-E quindi ti sei tatuata la sua faccia nel polso- faccio spallucce, mordicchiandomi le labbra. Dio, fai che se ne sia dimenticato.
-Non credo tu ti sia improvvisamente scordata della frase sulla schiena- faccio una smorfia e sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
-Non alzare gli occhi al cielo, Darling- rimbecca lui, mettendomi in mano una tazza di caffè per poi sistemarsi fra le mie gambe -Cosa c'è scritto qui?- chiede con un sorriso divertito, passando lentamente le dita lungo la mia spina dorsale.
-Sei frustrante- lo insulto, sbuffando nuovamente.
-Che c'è scritto?- chiede ancora, facendo scivolare le mani sui miei fianchi.
-Non lo saprai mai- rispondo, scuotendo la testa, tenendo stretto fra le mani la tazza che mi ha dato prima. Lui stringe le labbra ma non commenta, la sua mano sale lentamente verso l'alto e posa le dita sul tatuaggio sotto al collo, sulla parola "art". Rabbrividisco e trattengo il fiato, come se le sue dita mi stessero ustionando la pelle. Guarda attentamente il mio tatuaggio, passandoci sopra il dito. Poi la sua mano sale sul mio viso, e i suoi occhi trovano i miei.
Damian possiede una bellezza devastante, rude. Una bellezza che ti squarcia via il fiato.
Si scosta, tirando via con se anche il mio respiro.
-Non ho fame- soffio, osservandolo, mentre la mia mano torna con la catenella. Lui lancia un'occhiata a quel gesto e io sento improvvisamente il bisogno di togliere la mano, ma non lo faccio, stringendo la medaglietta cosí forte da farmi male.
Ovviamente lui ignora le mie parole e finisce di cucinare la colazione, poi mi fa scendere dal bancone. Lo seguo in salotto, sedendomi sul divano, di fronte a lui, che mi passa il piatto con il cibo.
-Non ho fame- mi lamento ancora, lui mi lancia un'occhiataccia, facendomi alzare gli occhi al cielo.
-Te li stacco quegli occhi, Darling-
-Te li stacco quegli occhi, Darling- scimmiotto irritata, tagliando con forza un pezzo di pancake salato ripieno e mettendomelo in bocca.
Damian ghigna soddisfatto e mangia anche lui.
-Come sono?- chiede Damian, osservandomi attentamente.
Dannatamente buoni.
-Decenti- rispondo facendo spallucce, mentre lui invece alza un angolo della bocca, divertito.
-L'ho già sentito- inclina la testa, osservandomi. Sorrido anche io, ricordandomi di quando avevo commentato così il suo sugo.
-Jake non torna a pranzo?- chiedo curiosa, mettendomi poi in bocca un altro pezzo di pancake, masticando lentamente.
-Gli ho detto che sei con me oggi- ribatte abbastanza freddo, e anche, se non sbaglio, abbastanza infastidito da quella domanda. Annuisco piano, evitando di commentare ad alta voce.
Prima detestava anche la mia sola presenza e ora dice a Jake che vuole stare da solo con me.
E io vado in tilt, perchè non riesco a definire e capire il suo comportamento.
Chiudo forte gli occhi.
Niente pensieri, Charlene. Niente problemi, ne domande. Un giorno di tregua.
-Abbiamo matematica insieme- osserva poi quando abbiamo finito, cambiando discorso. Faccio una smorfia.
-Già, vedrai quanto faccio schifo in prima persona- rispondo ironica.
-Devo ancora aiutarti, non è detta l'ultima parola- alzo le sopracciglia, scettica.
-Faccio davvero schifo con i numeri, Damian-
-Fortunatamente io no, Darling. Andrai benissimo in matematica- scoppio a ridere, davvero divertita.
-Simpatico-
Lui abbozza un ghigno malefico, strillo quando mi afferra la caviglia, trascinandomi seduta sopra di lui. Abbasso all'indietro la testa sulla sua spalla e lui posa le labbra sul mio collo, attirandomi con le braccia ancora più vicino a lui.
Un giorno di tregua: niente problemi, niente discussioni, niente domande.
Mi prende una mano fra le sue e gioca con le mie dita, con il mento appoggiato nell'incavo del mio collo. Chiudo forte gli occhi, mentre il mio cuore inizia a galoppare.
Solo un giorno di tregua, Charlene.
-Sono decisamente scomoda- mormoro, sentendolo poi sorridere sulla mia pelle.
-Decisamente scomoda?- chiede lui, divertito, io annuisco impercettibilmente, tornando a guardarlo: con la coda dell'occhio vedo che sta guardando le nostre mani.
Deglutisco con un vuoto nello stomaco. Solo un giorno di tregua.
Il mio sguardo finisce sulla finestra e noto senza stupore che ha incominciato a piovere anche molto violentemente. Damian riprende a baciare il mio collo con calma, anche se il suo sguardo resta sulle nostre dita.
-Quanto hai dormito oggi?- chiede mentre appoggia il palmo contro il mio, evidenziando quanto la mia mano sia estremamente più piccola della sua, come in generale il mio corpo: lui è gigantesco mentre io sono minuscola.
-Mmm...- mugugno con una smorfia, non rispondendo alla domanda.
-Questa non credo sia una risposta, Darling- si gira verso di me con un sorriso -Quindi?-
-Poco- rispondo facendo spallucce, lui sbuffa, alzando gli occhi al cielo, poi mi sistema a cavalcioni su di lui, mettendomi le mani sui fianchi da sopra la sua felpa. Deglutisco, messa in soggezione dal suo sguardo. Appoggio le mani dietro la sua nuca e infilo le dita fra i suoi capelli, osservando il suo volto.
-Quanto hai dormito?- chiede ancora, osservandomi attentamente.
-Poche ore- rispondo mordicchiandomi le labbra -Nemmeno tre- ammetto con un sospiro.
-Si nota- dice serio, come se mi stesse rimproverando. Alzo gli occhi al cielo, facendo scivolare le mani sulla sua mascella, accarezzandogli una la guancia con le dita.
-Grazie- rispondo ironica, inclinando leggermente la testa, mentre lui abbozza un sorrisetto.
-Stai dormendo male- ribatte poi con una smorfia, sempre con quel tono. Ma che ci posso fare io?
-Non è di certo colpa mia- obbietto indispettita, corrugando le sopracciglia. Lui sorride di nuovo e mi da un bacio a stampo, avvicinando il suo viso al mio, poi mi scosta i capelli dal viso con una mano, mentre l'altra rimane salda sul mio fianco.
Il cuore mi batte forte, per un attimo smetto di respirare.
Lui mi guarda intensamente, studiandomi, mentre anche la sua mano si posa sul mio viso.
Si dice che l'umanità viva costantemente alla ricerca di un momento, di un solo attimo, in cui il mondo sembri giusto. Si dice che morire non sia nulla, ma che non vivere sia spaventoso. Si dice che se non hai la soluzione, tu sei parte del problema.
E io, in questo momento, il mio attimo l'ho trovato. In questo momento, mi sento viva. In questo momento, ho trovato la mia soluzione.
La mano che stava sul mio viso passa lentamente sulla mia nuca, poi scende lentamente sulla mia spina dorsale, premendo le dita su di essa attraverso la felpa. E io sento comunque la mia pelle andare a fuoco. Mi fa venire comunque i brividi.
-Facciamo matematica- mi da un veloce bacio a stampo, poi si alza con me addosso, sostenendomi con le mani sul culo per poi lasciarmi scendere, seppur mi tenga appiccicata a lui. Boccheggio, diventando rossa come un peperone, e lui ghigna soddisfatto, dandomi un altro bacio, mentre cammina in avanti mentre io all'indietro.
Le nostre lingue si toccano e vado quasi su di giri. Gli circondo il collo con le braccia, attirandolo più vicino a me, ricambiando il bacio con il suo stesso trasporto.
-Matematica...- mugugno tra un bacio e l'altro, lasciandomi guidare verso la sua camera da lui, che non risponde ma continua semplicemente a baciarmi, racchiudendo i miei capelli in un pugno per alzarmi il viso verso l'alto.
Si sente la suoneria del suo telefono, in lontananza, e lui grugnisce infastidito, ma non si stacca, anzi. E i miei polmoni iniziano a bruciare, sentendo il bisogno di ossigeno reale, nonostante tutto ciò che vorrei respirare in questo momento è solo e soltanto Damian Scott.
Il cellulare torna a squillare.
-Damian- ansimo senza fiato, strattonandogli i capelli all'indietro per farci separare -Il cellulare- dico col fiato corto, guardandolo negli occhi.
-Se è mio fratello lo ammazzo- fa una smorfia infastidita, poi mi circonda il mento con una mano e mi da un altro bacio a stampo -Matematica- biascica sulle mie labbra, prima di darmi un altro bacio a stampo e un altro ancora. Come se non ne potesse fare a meno.
La suoneria finisce ma torna a suonare un'altra volta.
-Il cellulare- rido mentre lui posa per l'ennesima volta le labbra sulle mie. Lo sento sbuffare, e finalmente, o purtroppo, si allontana.
-Glielo faccio ingoiare, quel cellulare- mi da ancora un bacio prima di allontanasi. Vado in camera e lo sento sbraitare, appunto, contro Jake.
Prendo il libro di matematica dalla sua scrivania con una smorfia, anche se ovviamente non protesto: le lezioni in matematica mi servono per forza, visto come sto andando a scuola in questa materia. Inoltre mi aiuterà a non pensare.
-Il mio adorato fratellino ti saluta- esclama irritato, entrando con una smorfia infastidita sul viso -E mi ha minacciato, tanto per cambiare- alza gli occhi al cielo, io invece sorrido divertita.
-No, no, no- strillo quando lo vedo che si toglie la maglietta -Questo non è per niente professionale- lui alza le sopracciglia, ghignando divertito.
-Chi ha detto che dovevo essere professionale?-
-Sei fastidioso- e decisamente i suoi addominali mi distrarranno, ma di certo questo non lo dico.
Lui continua a ghignare e si siede sul letto con fare svogliato, poi inizia a spiegarmi un argomento. Oltre al fatto che lo guardo di continuo, è davvero un ottimo insegnante: lo ascolto attentamente mentre mi fa capire tutti i passaggi in modo accurato, poi mi costringe a fare alcuni di esercizi, che riesco a fare con il suo aiuto.
Quasi svengo dalla felicità. E lui mi guarda.
Questione di sguardi.
"Perché come ti guarda conta più di quello che ti dice"

Un Porto Sicuro.Where stories live. Discover now