Capitolo 26.

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Quando entro in classe mi viene il secondo infarto della giornata: Robinson e Brigitte.
Dannazione.
Non solo Damian, ma anche questi due.
-Non ti senti un po' sporca a sederti con gli Scott e i suoi amichetti nella mensa della scuola di tuo fratello!?- chiede Brigitte con un tono acido, seduta sulle gambe di Robinson.
-Non ti senti un po' sporca a sapere che tutti sanno che oggi hai scopato nello stanzino delle scope con uno che non è il tuo fidanzato?- ammicco verso di lei, maligna, per poi sedermi in un banco libero.
-Sei una stronza- ringhia alle mie spalle, mentre la sento alzarsi e sbattere le mani in un banco. Scoppio in una risata velenosa, senza nemmeno voltarmi.
-Dimmi qualcosa che non so, tesoro- rispondo ironica, aprendo il quaderno di letterattura, finisco di riscrivere a penna un esercizio ch ho scritto a matita.
-"Qualcosa che non so"-
-Sei penoso, Jake- ribatto senza alzare lo sguardo, finendo di scrivere -Non è questa l'aula di matematica, e farai ritardo a lezione- lo rimprovero, alzando gli occhi su di lui. Mi sorride, poi le sue labbra si allargano in un ghigno mentre fissa dietro di me -Non fare lo stronzo- Ovviamente Jake non mi ascolta, anzi, continua a fissarli.
-Finiscila- mormoro, lanciandogli il tappo della penna. Il mio fratellastro sbuffa, poi si siede nel banco accanto a me, osservando il quaderno.
-Stai facendo gli esercizi in classe?- chiede sconvolto scompigliandomi i capelli, gli tiro una gomitata per allontanarlo.
-Non sono come te, idiota-
-Mmm...- corrugo le sopracciglia, lanciandogli un'occhiataccia.
-Mmm che?-
-Mmm che?- mi fa il verso come un bambino -Ehi fratellone- sghignazza Jake, alzando il mento a mo' di saluto.
Alzo gli occhi su di lui, che mi sta già osservando, poi osserva anche il fratello e infine Robinson con brigitte, insieme a tutti i nostri copagni. E nell'aula è caduto un silenzio carico di tensione. Imbarazzante, decisamente.
Rimediamo.
-Conoscete il detto "chi si fa i cazzi suoi campa 100 anni" ?- dico ad alta voce, irritata, voltandomi verso il resto della classe.
Immediatamente ritorna il solito brusio, ma Brigitte mi guarda come se mi odiasse. Le rivolgo un sorriso da stronza e muovo le dita in segno di saluto, prima di girarmi di nuovo dai fratelli Scott. Damian alza le sopracciglia ma non commenta, sedendosi poi accanto a me con fare annoiato.
Dannazione, perchè si deve sedere proprio qui?!
È colpa di Jake.
-Signorino Scott esca dalla mia classe- dice tranquillamente la professoressa appena entra in classe, come se sapesse di averlo trovato lì. Jake sorride entusiasta.
-Professoressa!- commenta in tono da leccaculo -Come sta?-
-Molto meglio se uscissi da questa classe per andare in quella della mia collega- risponde la prof con un sorriso, sedendosi sulla cattedra -Sei in ritardo-
-Mi muovo solo perchè me lo dice lei- ammicca Jake, alzandosi con un sospiro dal banco -Charlene stava facendo i compiti in classe- dice camminando all'indietro verso la porta. Gli lancio contro la penna, che prende al volo -Dovrebbe sospenderla- suggerisce alla prof, che sorride e gli indica la porta.
-La lezione, Jacob-
-Era solo un suggerimento- mi rilancia la penna, che prendo al volo -Bella presa, Thompson- poi lancia un bacio alla professoressa, che lo ignora -La amo anche io, prof. A dopo fratellini- esclama divertito, uscendo dalla classe.
Credo che alla prof Jake stia simpatico, e sarebbe un miracolo visto che sta sulle palle a tutti.
Mi impongo di ignorare Damian.
Ma ovviamente sono nervosa. Lui mi rende nervosa. Troppo. Ed è irritante.
-Vediamo se avete ripassato- esclama la professoressa dopo aver fatto l'appello, la classe immediatamente si lamenta ma la prof guarda tutti in modo storto, come a rimproverare tutti -Chi è lo scrittore del romanzo considerato il primo horror/gotico moderno della storia?- chiede decisa.
Mi mordicchio le labbra, giocherellando con la penna. Nessuno risponde.
-Horace Walpole- dico ad alta, leggermente annoiata -"Il castello d'Oltranto", 1764- continuo poi, girando la penna fra le dita. La professoressa mi sorride e annuisce, poi torna al resto della classe.
-Perchè leggiamo un romanzo horror?- pone un altra domanda, ma ancora nessuno risponde.
Dio, ma nessuno studia, qui?
-Gli scritti del genere letterario "Horror" suscitano paura, la portata di essa dipende da vari fattori: la bravura dello scrittore nel raccontare un determinato evento; la suscettibilità del lettore; la veridicità del narrato e infine tempo e luogo nei quali si legge lo scritto. In ogni caso i lettori sono attratti da questo tipo di romanzi pechè vogliono provare qualcosa, nel leggere le parole, e la paura è uno dei sentimenti più forti che un essere umano possa provare-
- I fattori che influenzano l'intento dello scrittore, ovvero quello di far provare paura. Qualcuno sa spiegarmi gli utlimi due punti della lista proposta dalla vostra compagna in merito a questo?- sbuffa contrariata, poi mi fa un cenno con la mano -Spiega ai tuoi compagni, Charlene-
-Perchè dev'essere sempre lei a parlare?- chiede acida Brigitte alle mie spalle, facendomi fare una smorfia.
La professoressa la fulmina con lo sguardo, irritata
-Perchè è l'unica che a quanto pare ha studiato, qui dentro, e vorrei ricordare che nella lezione di cui abbiamo parlato dell'argomento in questione Charlene mancava. Ma prego, se vuole stupirci, Brigitte, siamo tutti orecchie- poi, vedendo che non risponde, si rivolge completamente a me -Gli ultimi due punti. Spiega cosa hai capito, per piacere-
-Veridicità del narrato- inizio, giocherellando ancora con la penna -Beh, quel che si scrive dev'essere credibile, anche se si sta scrivendo un romanzo horror-fantasy. Se scrivo che un girasole gigante mi sta aprendo la pancia in due in mezzo a un campo di unicorni non è credibile quanto a un alieno che ti sta sezionando il cervello dentro un laboratorio supertecnologico- la professoressa annuisce soddisfatta, invitandomi poi a continuare -Invece altri fattori che influenzano il lettore sono decisamente il tempo e il luogo nel quale si legge. Se leggi un libro horror in pieno giorno, nel salotto con i tuoi genitori non avrai tanto paura quanto quando leggerai un libro horro alle tre di notte, nella tua camera, sola in casa con una tempesta fuori-
-Ma perchè proprio la paura?- chiede la professoressa, come se vesse posto la domanda del secolo -Ovviamente il lettore vuole viaggiare, vuole conoscere, provare. Ma perchè decide di leggere proprio un romanzo horror? È davvero così condizionante il voler provare qualcosa? A tal punto dal voler provare paura?- chiede ancora, cercando di farci capire.
Stiamo un po' in silenzio, cercando di trovare la risposta giusta.
Perchè proprio la paura?
Mi immobilizzo all'improvviso quando Damian inizia a giocare con una ciocca dei miei capelli, con fare annoiato. Con la codadell'occhio noto che però ha l'alone di un sorrisetto divertito sulle labbra. Stringo le mie in una linea sottile, irritata.
-La paura è come il peccato: attrae-
Damian mi guarda mentre lo dice, ed è come se quelle parole mi si fondessero dentro, lasciando un marchio indelebile nella mia carne.
Il mio sguardo si immerge nel suo.
La paura è come il peccato: attrae.
Per un attimo, per un solo, minuscolo e insignificante attimo, provo a trovarlo. Provo davvero a trovare Damian, dietro tutta quell'oscurità.
Ma lui è rotto, ed è perso. E io non posso salvare nessuno.
Per cui distolgo lo sguardo, anche se mi sento vigliacca, e per l'ennesima volta fuggo, scappo via, nonostante io rimanga sempre qui, seduta in questo dannato banco, accanto a lui.
Lui sembra in qualche modo accettarlo, non dice una singola parola, ma continua a giocare con i miei capelli in silenzio. E mi guarda, sento il suo sguardo bruciarmi la pelle.
-Esattamente- mormora la professoressa, osservando cautamente Damian -Come ha detto il signorino Scott, la paura ci attrae. Come il peccato, il pericolo, e il proibito. Questo non ci rende coraggiosi, migliori, superiori. Ci rende umani- si blocca per un attimo, e posa nuovamente lo sguardo sulla classe.
E Damian mi guarda ancora, come se volesse scoprire la mia anima, come se la volesse analizzare, studiare.
-La paura è non fondamentale, ma essenziale, nella vita di tutti noi. E io vorrei che voi scopriste il perchè, e che me lo spiegaste in tremila parole per la prossima settimana- la professoressa va a sedersi dietro la cattedra, sorride cordialmente a tutta la classe -Tutti, nessuno escluso. Brigitte, se continui a usare il cellulare nella mia ora le tue parole raddoppiano-
-Ma per favore- ridacchia lei, a mo' di sfotto.
-Diecimila parole, Brigitte, per la prossima lezione- la voce della professoressa ha perso ogni traccia della comprensione che la caratterizza solitamente -Non si azzardi a protestare, signorina Smith- minaccia la prof -Anzi, per sicurezza si accomodi fuori dalla mia classe, immediatamente-
Brigitte è letteralmente furente di rabbia, ma stringe le labbra e si alza dalla sedia.
La professoressa di letteratura è una dei docenti più influenti della scuola, e di sicuro anche una delle più competenti.
Quando esce si assicura di sbattere la porta.
La lezione riprende come se non si fosse mai interrotta.
Ma il mio cuore batte forte.
Si avvicina come se nulla fosse, come se non ci fossimo urlati contro in tutti gli ultimi giorni.
-Non so se sei più sexy quando sei incazzata, quando cerchi di ignorarmi o quando mi baci- sgrano gli occhi, trattenendo il respiro.
-Chiudi quella bocca, Damian- sibilo, lanciandogli un'occhiataccia di sfuggita, noto con la coda dell'occhio che fa una smorfia irritata.
-Non mi piace quando fai finta che io non esista e di certo odio quando non mi guardi- sbotta irritato, cosa che fa irritare il doppio me.
Stronzo, presuntuoso ed egocentrico.
-Non me ne frega niente di quello che ti piace o non ti piace, Scott- ringhio a bassa, rifiutandomi di guardarlo.
-Bene, perchè mi piacerebbe davvero baciarti, in questo momento. Ma tanto a te non fraga nulla e mi lasceresti fare, no?- mi immobilizzo, letteralmente -Ti converrebbe guardarmi, Darling-
Valuto velocemente le sue parole.
Ne sarebbe capace.
Se conosco un minimo Damian, so per certo che non valuta attentamente le conseguenze delle proprie azioni, se tali sono fatte al fine di avere quello che vuole. Quello che vuole, è la mia attenzione: non so per quale assurdo motivo, ma questo non è importante, o forse sì, anzi, sicuramente sì, ma lo sarà più tardi. Non gli interessa come potrei reagire io: gli potrei tirare uno schiaffo o anche ricambiare il bacio. Avrebbe la mia attenzione, e per me sarebbe la catastrofe in entrambi i modi.
Catastrofe. Probabilmente l'apocalisse della mia vita.
E la mia vita privata è già troppo pubblica.
-Sono certo che hai fatto la scelta giusta- mi tira leggermente la ciocca, in modo da girare il viso verso di lui. Non opposi resistenza, voltando il viso verso di lui, ma assicurandomi di far trasparire tutta la mia irritazione.
Abozza un lieve sorriso divertito che vorrei togliergli volentieri con una manata a palmo aperto.
Lui mi fissa per un attimo, inclinando la testa, e io lo so per certo: mi sta valutando.
E questo mi mette a disagio, e mi mette in agitazione, e mi irrita. Mi irrita più di qualunque altra cosa al mondo.
Chi diavolo si crede di essere, questo stronzo?
-Sei ancora incazzata con me- osserva piano, socchiudendo gli occhi, mentre io non muovo un muscolo -Giusto?- alza le sopracciglia, aspettandosi che io risponda.
-Sorprendente, il fatto che tu ci sia arrivato- dico gelida, subito dopo la campanella mi libera da questa lezione frustrante. Prendo le mie cose in fretta e furia, lui mi guarda ma non fa nulla per fermarmi, come al solito.
Quindi vado via, scappando dentro il corridoio, con la sensazione dei suoi occhi ancora sulla schiena, e quella delle sue dita attorno al mio polso. Mi blocco per un attimo, fissandomelo.
Le lievi macchioline che si erano create, dopo la sua presa ferrea di quel pomeriggio, stanno scomparendo, ma sono ancora presenti.
Ecco, questo è il motivo per il quale lui non va bene per me.
Perchè, come ho detto prima, lui è rotto, ed è perso. E io, io non posso salvare nessuno.

Un Porto Sicuro.Where stories live. Discover now