Capitolo 31.

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-Sicura che non stai cercando di ammazzarmi?- chiede Damian con un sorrisetto da schiaffi, fissando attentamente la strada.
Siamo nella sua macchina e stiamo andando in un posto che ho scelto io, un posto importante per me. Un pezzetto della mia vita che gli sto facendo conoscere. Un passo decisamente rischioso, visto con chi ho a che fare, ma sono pronta a rischiare.
Rischiare.
Ho fatto tante cose, nella mia vita, ma mai rischiare. Rischiare che qualcuno mi conosca realmente, che conosca la parte intima di me. Io e Chris siamo stati sempre iper-protettivi della nostra vita privata, è sempre stato importante che nessuno sapesse qualcosa.
Un modo di proteggerci, credo.
Quando tutto è sotto la vista di tutti, l'unica cosa a cui puoi aggrapparti è quel che nessuno vede.
Abbozzo un sorriso, evitando di rispondere alla domanda del ragazzo che sta incasinando la mia vita, poi faccio scendere lo sguardo sulla mia coscia, più precisamente sulla sua mano appoggiata lì, con le mie dita intrecciate alle sue. Non è stato un gesto di mia iniziativa, è stato lui che mi ha preso la mano, come se fosse un gesto naturale. Mi piace da impazzire.
Sfioro con le dita l'elastico nero e fine che porta al polso, il mio. Devo averlo lasciato in camera sua, e ora è nel suo polso. Non so esattamente che significhi, ma significa tanto. E il cuore subisce un colpo.
Credo che la sua maglia sia il mio elastico. E il mio elastico la sua maglia.
Maglia che ho ancora a casa mia, insieme a due magliette e una felpa. E un bracciale, che ha dimenticato a casa due giorni fa. E la sua camera, invece, assieme al bagno, è piena di mie cose. Lui non me le ha ancora restituite, per cui credo non gli diano fastidio. Ed è utile averle nel caso mi fermassi a dormire a casa sua e del fratello.
Sistemo una piega del tessuto della gonna del vestito che indosso oggi, fatto dello stesso tessuto che si utilizza per le camicie, perchè alla fine ha lo stesso stile: è completamente bianco e a spezzoni ci sono dei testi in italiano, da cui proviene il vestito, confezionato da una stilista bravissima che personalmente adoro.
Damian segue le istruzioni del navigatore senza dire più una parola, nonostante non sappia minimamente dove stia andando.
-Il navigatore ha sbagliato?- chiede stranito, osservando la strada.
-No, stai andando nella direzione giusta- gli dico con un sorriso nervoso, mordicchiandomi le labbra -Sei pronto?- chiedo poi, fingendomi scherzosa, anche se l'ansia mi sta divorando -Stai per entrare nella mia vita, in un certo senso- spigo lentamente, notando il suo sguardo su di me, che chiedeva silenziosamente spiegazioni.
-Non ci sono da un bel po'?- chiede di rimando lui, aggrottando le sopracciglia. Gli sorrido dolcemente, inclinando la testa.
-Sei nel mio mondo- dico cauta, osservandolo -Essere nella mia vita è diverso- lui mi guarda per un secondo, poi stringe la presa sulla mia mano e non ribatte.
Lui ha capito, e non chiede. Come non chiedo io.
Questo mi piace, il fatto che capisca quando è meglio stare in silenzio. In qualche modo, lui riesce a leggermi. Mi spaventa, davvero. Mi spaventa terribilmente. Ma non riesco a scappare. Non oggi, e di certo non domani.
Quando finalmente l'auto si ferma, sorrido contenta. Non vengo da mesi qui.
Un piccolo negozietto vintage, il mio piccolo angolo di paradiso. Vende libri antichi, fiori, e ha, dopo un'abbondante donazione da parte del mio conto in banca, una casa di farfalle, sul retro. Oggi è teoricamente chiuso, ma io ho le chiavi.

Questo negozio sembra che sia stato lasciato a morire all'interno della natura: nelle pareti ci sono rampicanti, i quali s'insinuano anche negli scaffali di legno; stile "disordinato"; all'interno si respira l'odore del bosco misto a l'odore di carta antica.
-Io e Chris eravamo da queste parti un giorno, e abbiamo visto una donna sconvolta e una bambina che piangeva disperata- gli racconto mentre andiamo verso l'entrata, lui mi osserva e ascolta attentamente -Piangeva, ma non emetteva suoni- sussurro deglutendo il groppo in gola -La bambina, Amelie, è muta, ma aveva, e ha, bisogno di cure, poichè il suo mutismo è dovuto ad una grave malattia- apro la porta in legno, venendo accolta dal tipico calore e profumo che ricordavo.
Damian chiude la porta alle sue spalle e si guarda attorno, studiando l'ambiente.
-Alejandra, la madre, non aveva abbastanza soldi per pagarle l'assistenza medica- continuo il mio racconto, regalandogli una parte di me che nessuno, ormai, conosce più -Aveva smesso di pagare le spese di questo piccolo negozio, e quel giorno, nel quale l'abbiamo notata, la stavano sfrattando- i suoi occhi mi trovano, e dentro di me il mio cuore trema per l'intensità del suo sguardo -L'abbiamo aiutata- spiego semplicemente, annegando nei suoi occhi verde ghiaccio -Io e Chris abbiamo pagato sia i suoi debiti che le spese per Amelie- voglio che lo sappia.
Lui inclina la testa, studiandomi.
-Perchè mi dici questo, Darling?- chiede piano. Abbozzo un sorriso incerto, nervosa, poi faccio quello che facevo quando venivo qui con Chris: sistemo i libri, i fiori, metto le piccole cose in ordine.
-Perchè io e te non parliamo mai di mio fratello- incomincio calma, vedendo subito come lui si irrigidisce, serrando la mascella -Non voglio farlo oggi, se tu non vuoi..- mi affretto ad aggiungere, prendendo un libro da uno scaffale per stringerlo fra le dita, sperando di placare il nervosismo -Vorrei solo farti sapere che io e lui non siamo solo gli stronzi arroganti che hai conosciuto, Damian- spiego -Chris non era solo il coglione che hai conosciuto, era anche mio fratello- e mio fratello, il mio fratellone, era una persona eccezionale.
Metto nervosamente il libro in uno scaffale di legno, poi mi dirigo dietro la cassa e agguanto il quaderno dove Alejandra annota ciò che le serve. In tutti questi mesi ho mandato costantemente qualcuno per darle aiuto, perchè lei se può cerca di fare tutto da sola. Si sente in colpa, ma non sa che lei e sua figlia hanno aiutato a lenire il nostro, di senso di colpa. Col tempo ci ha restituito un po' di umanità.
Faccio una foto e mi assicuro che entro domani abbia tutto ciò che le occorre, poi faccio depositare una consistente somma di denaro nel conto che io e Chris abbiamo intestato ad Amelie. La bambina è forte, e la ricerca è veloce. Guarirà, e io mi assicurerò che riceva il migliore trattamento.
-Quanti anni avevate?- chiede Damian, appoggiando i gomiti al bancone, mentre mi osserva. Alzo gli occhi su di lui.
-Quattordici- rispondo dopo attimi di silenzio, nervosa: non ho mai raccontato a nessuno questa storia a nessuno, non sa nulla nemmeno Lucas.
Damian mi guarda sorpreso.
-Quattordici?-
-Quattordici- annuisco con una smorfia -Alejandra non voleva il nostro aiuto, ma noi glielo abbiamo dato comunque- eravamo dei ragazzini ostinati, e alla fine lei si è arresa, vista la sua situazione disperata.
-Qualcuno sa?- chiede lentamente, non staccando gli occhi dai miei.
-Soltanto io e Christopher sapevamo, nessun altro- ammetto sincera, mordicchiandomi le labbra.
-Jhonson?- chiede di nuovo, senza smettere per un attimo di guardarmi, o studiarmi.
-Non sa nulla nemmeno Lucas- qualcosa, nel suo sguardo, cambia. Una luce diversa. Alza una mano sul mio viso.
-Ma lo stai dicendo a me- osserva calmo, sfiorandomi la guancia con le nocche della mano. Dei brividi si propagano dal viso in tutto il mio corpo.
-Lo sto dicendo a te- mormoro in risposta, beandomi del suo tocco.
Damian questo sembra notarlo, visto che alza lievemente un angolo della bocca. Apre il palmo contro la mia pelle, continuando ad accarezzarmi, senza interrompere il silenzio confortevole che si è creato qui dentro.
Nessuno lo sa, ma lo sto dicendo a lui. Lo sto facendo entrare nella mia vita.
Spero solo di non pentirmene.
Indipendentemente da come andrà, qualunque cosa ci sia fra noi due, spero di non pentirmi di nulla. Anche se andrà male e tutto tornerà come se non ci fossimo mai conosciuti, non vorrei mai pentirmi di qualcosa.
-Perchè rose bianche?- chiede dopo un po', osservandomi appoggiato al bancone, mentre io sistemo un po' in giro. Divento leggermente nervosa e gli lancio un'occhiata, chiedendogli silenziosamente di essere più specifico -Al funerale eri l'unica con la rosa bianca- spiega poi, guardandomi con attenzione -E l'hai appesa anche nel suo armadietto- 
Ignoro la strana sensazione che si insinua dentro di me quando capisco che lui è l'unico che abbia mai notato il particolare della rosa bianca. 
-La rosa bianca era il suo fiore preferito, e odiava le rose rosse- rispondo atona, sistemando i cuscini nel piccolo divanetto messo lì per far riposare i clienti, in combinazione con due poltroncine e un tavolino. 
-Tutti avevano rose rosse- osserva lui
-Nessuno conosceva Christopher, infatti- ribatto calma, girandomi verso di lui. Lui annuisce semplicemente, senza distogliere lo sguardo da me. 
-E il tuo, di fiore preferito?- chiede, inclinano la testa. 
-Il bucaneve- dico con un sospiro, avvicinandomi a lui, che abbozza un sorriso compiaciuto e mi afferra per i polsi, trascinandomi sul suo petto, dove poso i palmi. Una sua mano finisce sul mio fianco, mentre l'altra prende mi una ciocca di capelli.
-Perchè è il tuo fiore preferito?- chiede piano, giocando con i miei capelli. 
-Significa "vita", "speranza"- mormoro, appoggiando la fronte sul suo petto e respirando affondo il profumo della sua pelle -Il fiore che nasce nonostante il freddo dell'inverno, facendosi spazio fra la neve. Detto anche "Stella del mattino"-
Le sue dita scorrono fra i miei capelli, poi sulla mia mascella, e mi costringe ad alzare il viso verso il suo; avvolgo le bracia attorno al suo collo, mentre i suoi occhi catturano i miei. Le sue mani mi circondano a coppa il viso. Si abbassa a darmi un bacio sulla tempia senza distogliere lo sguardo, poi mi da un bacio sullo zigomo, sul naso, all'angolo della bocca. 
Sorrido divertita, poi le mie labbra cercano le sue, bisognose di un contatto. 
E averne la consapevolezza, di questo, è sconvolgente. Travolgente.
Quindi sono ferma qui, tra la consapevolezza di aver bisogno di lui e la certezza che rovinerà tutto, in un modo o nell'altro. 
Gli faccio vedere il retro, nella casa delle farfalle.
-Amelie era felicissima quando abbiamo creato queste stanza- gli racconto con un sorriso, annaffiando le piante messe all'interno -Lei adora le farfalle, era il suo sogno. La serenità mentale è importante quando si ha la sua malattia, per cui abbiamo creato questo posto come regalo di compleanno. La maggior parte del tempo lo passa qui dentro- 
-E' bellissimo- si complimenta, osservandomi -Non credevo che tu e tuo fratello foste capaci di fare una cosa del genere- 
Abbozzo un sorriso. 
-Non ci piaceva raccontare in giro la nostra vita privata- spiego calma, stando attenta alle farfalle che ci svolazzano intorno. 
-E questo non ti piace ancora- osserva lui.
Faccio spallucce, annaffiando la pianta più grande. 
-Non credo mi piacerà mai- 
-Perchè preferisci che di te vedano solo la ragazzina viziata?- 
-Per lo stesso motivo per il quale anche tu lasci vedere solo lo stronzo insensibile- 
Per proteggerci. 
-Nessuno cerca di scavare più affondo se mostri la parte brutta di te stesso- mormora lui alle mie spalle. 
Sento i suoi occhi sulla mia schiena, che non m lasciano nemmeno per un secondo. 
-Era il giorno del tuo compleanno, vero?- mi irrigidisco notevolmente, diventando di ghiaccio -Il giorno in cui è morto. Era il giorno del tuo compleanno- mi sale la bile in bocca. 

Un Porto Sicuro.Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt