Capitolo 45.

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Corro ansante per i corridoi, tremendamente in ritardo per la lezione, e non mi fermo nemmeno per un attimo per riprendere fiato quando arrivo di fronte alla porta dell'aula. 
-Mi scusi, professore- ansiamo, portandomi una mano sul petto -Ho avuto un imprevisto, non ho potuto evitare il ritardo- 
-Si metta a sedere, signorina Thompson, nessun problema- ribatte il professore, tornando poi alla spiegazione. Mi trascino fra Scarlett e Jake, che mi osservano incuriositi. 
-Ma dove diamine eri finita, si può sapere?- chiede Jake in un sussurro mentre apro il libro scolastico, cercando la pagina in cui inizia il nuovo argomento. 
-Ho scordato di aumentare la suoneria, ieri notte- spiego brevemente -Dov'è il tuo libro?- chiedo poi a Jake, corrugando le sopracciglia nel vedere la parte di banco di fronte a lui completamente vuota. 
-Ti sembro uno che porta i libri?- chiede di rimando lui. Evito di rispondere, portando la mia attenzione sul professore. Jake si riposiziona com'era prima che io entrassi: coricato sul banco mentre cerca di dormire. 
-Dovresti stare attento a lezione- borbotto, osservandolo corrucciata. 
-A che serve se ci sei tu che mi spieghi tutto?- biascica senza aprire gli occhi, facendo poi uno sbadiglio assonnato -Svegliami alla fine dell'ora, sorellina- 
Alzo gli occhi al cielo e seguo attentamente la lezione, prendendo appunti anche per Jacob, che ha deciso di entrare in sciopero momentaneo. 
-Hai sentito Damian, questi giorni?- chiede in un sussurro Scarlett, seduta accanto a me. Nego in silenzio, continuando a guardare il professore. 
-Ethan invece?- domando, scrivendo un appunto sul quaderno. 
-Sì, ha parlato un po' con tutti- ribatte nervosa, osservandomi -Tu come stai?-
-Come dovrei stare?- 
-Zitta, magari?- grugnisce Jake, aprendo un occhio per guardarmi male -Potete parlarne dopo? Qualcuno qui sta cercando di dormire. Grazie mille- 
-Dovresti cercare di seguire la lezione, scansafatiche- 
-Sì, sì, come se mi interessasse- dice assonnato, con un lieve tono sarcastico, prima di chiudere nuovamente gli occhi. 
Quando devo svegliarlo, alla fine della lezione, sembra più stanco di prima. 
-Che lezione hai ora?- chiedo con un sorrisetto divertito, mentre lui si scompiglia i capelli. 
-Non ne ho idea- fa spallucce -Tu?- 
-Un'ora buca- ribatto -Poi altre tre lezioni- continuo, mentre andiamo in direzione del suo armadietto. 
-Vieni a vederci agli allenamenti, questo pomeriggio?- chiede poi, lanciandomi un'occhiata nervosa prima di aprire l'anta e prendere non i libri, ma un pacchetto di patatine. Evito di commentare quel che tiene nel suo armadietto e mi faccio accompagnare al mio per posare i libri. 
-Vederci chi?- domando, fingendomi tranquillissima, quando invece il mio cuore inizia a battere più velocemente. 
-Mi ha detto che avete parlato- osserva, guardandomi preoccupato -Ti ha parlato, vero?- 
-Sì, abbiamo parlato- dico con una smorfia, camminando per i corridoi mezzi pieni.
-E?-
-E nulla, Jake- gli lancio un'occhiataccia -Damian mi ha detto tante cose di un'importanza enorme ma non mi ha detto un solo motivo che spieghi il suo comportamento. Ho bisogno di pensare- queste parole non lo tranquillizzano, anzi, lui sbianca leggermente. 
-Non è sempre semplice spiegare
-La vita non è semplice- ribatto stizzita -Dirmi il perchè lui mi abbia trattato di mera è semplicissimo, invece- apro l'anta del mio armadietto e poso i libri. 
Il mio sguardo cade sulla nuova foto che ho appeso accanto a quelle con mio fratello e Lucas: una con Damian e Jake. Tutti e tre abbiamo gli occhiali da sole, loro due avevano una bandana nera identica e la foto è stata scattata dal basso, infatti i nostri visi sono sullo sfondo del cielo. 
Chiudo di scatto l'anta dell'armadietto, voltandomi verso Jake. 
-Va bene. Non ho niente da fare, per cui vengo- dico con finta indifferenza -Non aspettarti, però, chissà quali cerimonie-
-Mi basta- ribatte lui, sorridendomi -Basterà anche a Damian, credo. Sai, è diventato alquanto deprimente. L'altro giorno ne ho approfittato per fargli un fallo e lui nemmeno se n'è accorto. Potresti chiarire con lui prima della partita, per piacere? Siamo in testa alla classifica e vorrei davvero rimanerci, altrimenti dovrai sopportare le arie di superiorità che avrà quel coglione di Robinson- ammicca verso di me, camminando all'indietro -Ci vediamo dopo, quindi?- 
-A dopo- confermo divertita, allontanandomi poi per andare sul tetto per tutta l'ora buca. 
Finite le lezioni fuggo velocemente a casa, dove Rosa mi accoglie con un pranzo salutare a base di asparagi e salmone affumicato. Mi racconta del più e del meno e io mi costringo a sorriderle tranquilla, come se nulla fosse, nonostante non sia per niente dell'umore per sorridere: mi sento frustrata, confusa, e sono giù di tono.
-Ti piace?- chiede Caroline, mostrandomi una camicia che le è appena arrivata -L'ho disegnata io, quando la mamma ha fatto la collaborazione con Chanel. E' una delle mie poche idee che ha approvato- vedendo la mia poca collaborazione, alza gli occhi al cielo, sbuffando, e si trascina sul mio letto, sedendosi a gambe incrociate davanti a me -Se sei così triste, mi spieghi perchè non vai da lui?-
Sono... triste?
-Perchè ho rispetto per me stessa- rispondo con una smorfia, osservandola -Quel che ha detto in tutto questo periodo mi ha fatto male. Mi ha fatta soffrire. E non mi spiega nulla. Non ho basi per poterlo perdonare- ed è questo che più mi fa incazzare, fra l'altro. 
-Hai ciò che provi per lui-
-I sentimenti non bastano, Caroline- dico, giocherellando con la targhetta, sfiorando con il dito l'incisione "combatti".
-Lui ti ha detto che ha bisogno di tempo, no? Prova a farteli bastare fino ad allora-
-"Fino ad allora" potrebbe essere un periodo tanto lungo, Caroline- ribatto, scoccandole un'occhiata severa.
-Io penso che tu stia sprecando tempo prezioso, sorellona, perchè potresti vivertelo, viverlo davvero, per una volta. Lui ti ha detto cose importanti, cose che farebbero venire la pelle d'oca a chiunque. Sprechi tempo. Come fai a non dargli una possibilità, quando le sue parole sono state così forti da farti tremare? Capirai tu quando non varrà più la pena aspettare- poi si alza dal letto, continuando ad osservare la camicia -Finché tu non tornerai fra le braccia del tuo ragazzo, per cui io faccio il tifo, anche se è un tale stronzo...-
-Non è il mio ragazzo-
-...mi aiuterai- continua a parlare come se non avessi aperto bocca -Ora prova la camicia e fai la modella per me, grazie- mi lancia in faccia il capo, con un'espressione divertita sul volto.
-Scordatelo- ribatto, lanciandoglielo a mia volta -Devo finire i compiti e scrivere un capitolo, e alle sei devo andare al loro allenamento-
-E me lo dici ora che devi andare da lui?!- strilla sconvolta Caroline, lanciando in aria quella benedetta camicia, poi si fionda nella mia cabina armadio -Se quello ti salta addosso col cavolo che pensi a tutte queste scuse. Finisci nel suo letto senza sensi di colpa e io non ti dovrò più sopportare con quel muso lungo- dopo un attimo si affaccia dalla porta, con il viso corrucciato -Siete già andati a letto assieme, vero?- 
Ma che cosa diamine si è fumata?
-Ti sembra una domanda da farmi?- strillo, scoccandogli un'occhiataccia. 
-Oh, non fare la pudica, sorellona- alza gli occhi al cielo -Quindi? Sì o no?- sorride maliziosa, inclinando la testa per osservarmi.
-Non gira tutto intorno al sesso, Caroline- le lancio contro il cuscino, ma lei entra nuovamente nella cabina armadio, ridacchiando. 
-Ti scelgo io i vestiti- urla da lì dentro, e questa volta sono io ad alzare gli occhi al cielo, buttandomi poi all'indietro nel materasso. Giro sulla pancia, aprendo il computer, mentre la sento trafficare in mezzo ai miei vestiti. 
Scrivo velocemente una relazione di 1500 parole per scuola e inizio il capitolo, nonostante non sappia minimamente cosa far accadere. Quando è ora di prepararmi non ho nemmeno scritto un quarto della lunghezza che solitamente i miei capitoli dovrebbero avere. 
-Metti i vestiti sul letto, Caroline!- urlo mentre entro in bagno per farmi una doccia calda. 
Mezz'ora dopo osservo l'outfit che mi ha scelto: una camicia nera a maniche lunghe, che però lascia la pancia scoperta; un pantalone in jeans a vita alta, del colore classico, con degli strappi sulle gambe, abbinato a una cintura nera. 
Faccio una coda alta e mi trucco con un filo di eyeliner e mascara, poi vado di sotto ed esco di casa, con la borsa del computer in mano: mentre sto lì cercherò di scrivere qualcos'altro, vista la penosa prova di questo pomeriggio. 
Fortunatamente Caroline ha scelto una maglia a maniche lunghe, perchè di c'è il venticello freddo degli ultimi giorni, che di certo non mi sarebbe piaciuto se fossi più scoperta. 
Mano a mano che arrivo a scuola, divento sempre più nervosa: io e Damian non ci vediamo da quando abbiamo parlato.
E io... non lo so. Non so proprio che fare o pensare. Sono in un periodo di totale confusione, ed è altamente frustrante. 
"Siete già andati a letto insieme, vero?"
No, non siamo stati insieme in quel senso. Non che il sesso non sia importante, perchè la chimica fra due persone in una relazione è una parte fondamentale di essa secondo me; e non c'entra nemmeno il fatto che non lo volessimo, perchè sia io che lui non ci facciamo problemi ad essere fisici, e non per questo dobbiamo essere condannati, sia chiaro. Se il rapporto è consensuale, protetto (e sopratutto se le intenzioni future di entrambe le persone sono chiare) non vedo quale sia il problema, per l'amor del cielo, siamo nel ventunesimo secolo e certi ostacoli, prettamente mentali, dovrebbero essere sorpassati. Nessuno dovrebbe giudicare una persona per le sue scelte di vita, almeno finché esse non siano illegali, per lo meno. 
In ogni caso, fra me e Damian non è mai successo niente, forse perchè... siamo andati oltre. 
Tra me e lui c'è qualcosa che va oltre la fisicità, qualcosa di mentale, che non puoi comandare, che sfugge a ogni logica, regola o controllo. 
Entro nel cortile scolastico attraverso il cancello, andando dritta verso il campo da football, poi mi sistemo negli spalti, lanciando un'occhiata a Jake, Damian e tutta la lor  squadra, che si stanno allenando, credo, più o meno da mezz'ora. Non mi notano, presi come sono a esercitarsi in varie azioni di gioco, per cui apro il computer e, con la schiena appoggiata al muro in pietra, apro la pagina nella quale ho iniziato a scrivere. Mi metto le cuffiette con la musica, sperando che mi aiuti a buttare giù qualcosa di buono. 
Passa un bel po' quando una persona si siede di scatto davanti a me, e poichè ero completamente immersa nella scrittura e completamente isolata nella mia testa a causa della musica, sobbalzo violentemente, presa alla sprovvista.  
-Puoi evitare di farmi morire dalla paura, la prossima volta?- chiedo, scoccando a Damian una leggera occhiataccia. Lui, in tutta risposta, mi sorride, vestito con la sua tuta di football, decisamente sudato. 
-Non pensavo venissi qui, Darling- osserva piano.
-Come mai no?- mi schiarisco la voce mentre sento tornare l'agitazione di prima. 
Senza dare una risposta alla mia domanda, lui si appoggia all'indietro sulle mani, i palmi posati sul pavimento di pietra, e inclina la testa, osservandomi molto attentamente, studiandomi, come se volesse risolvere uno dei più grandi enigmi della storia. 
Mi si attorciglia un po' lo stomaco, perchè nessuno mai mi ha guardata come mi guarda lui. 
-Che fai a cena?- mi chiede invece, continuando ad osservarmi. 
-Niente, sono sola in casa, stasera- rispondo cauta, osservandolo a mia volta -Tu, invece?- lui fa spallucce, ancora senza rispondermi. 
Giuro che se alla mia prossima domanda non risponde gli do un ceffone.
Veniamo praticamente circondati dalla sua squadra, sparpagliata qua e la seduta sugli spalti intenti a bere e a fare una pausa, visto che si allenano da un'ora e mezza circa. Tutti sono vestiti con le loro divise e sembrano abbastanza stanchi: Jake e Damian li stanno strapazzando, oggi. 
-Ciao ragazzi- saluto tutti con un sorriso, mentre Jake si siede nel gradino sopra Damian, poco distante da lui. 
-Hai scritto qualcosa?- mi chiede tranquillo, lanciandomi la palla da football, che prendo al volo. 
-Magari- borbotto con una smorfia, lanciandogli la palla di rimando -Contro chi giocate?-
-Contro la Pacific- mi risponde un ragazzo della squadra, mentre Jake mi passa nuovamente la palla. 
-La scuola privata?- chiedo corrugando le sopracciglia, stupita -Non era stata espulsa l'anno scorso? Non dovrebbe gareggiare nemmeno per quest'anno, no?- 
-E' una scuola privata, raggio di sole, credi che loro non abbiano abbastanza soldi per pagarsi l'ammissione anticipata?- chiede Jake, con un ghigno. 
-Hanno cambiato capitano. La scusa è quella- interviene un altro ragazzo della squadra, giocherellando con la sua bottiglietta d'acqua. 
-Ma tu come lo sai che sono stati espulsi?- domanda Jake, osservandomi stranita -La Pacific l'anno scorso non ha mai giocato contro la North- 
-Come se voi non abbiate tenuto d'occhio tutti i risultati della nostra squadra, Jake- dico ironica, sorridendo, prendendo nuovamente al volo la palla da football che ci stiamo lanciando. 
-Non eravate così importanti, piccola Thompson- dice Jake con un ghigno.
-Come no, Scott- ribatto sarcastica, lanciandogli la palla, che afferra senza problemi -Magari non guardavate i nostri risultati perchè sapevate di essere spacciati, visto che vi stavamo facendo il culo di brutto, l'anno scorso- rido, schivando la palla che ha cercato di lanciarmi in testa. 
-Avevamo due giocatori infortunati, l'anno scorso- si difende sconvolto, puntandomi il dito contro -Facile vincere così, Thompson. Avrei voluto vedere la North con due giocatori fatti fuori, come avrebbe giocato- 
-Avevate Jefferson, no?- chiedo con un sorrisetto -Era un buon giocatore, e lo avete messo in difesa, e doveva stare come minimo in posizione d'attacco. E'colpa vostra se avete perso- 
-Oh, stai zitta- borbotta Jacob, con l'aria di uno che avrebbe preferito di gran lunga non sentire le mie parole -Mi viene ancora da piangere se ripenso a quella partita- dice, diventando di una leggera sfumatura verdognola.
-La North ci ha stracciato, quella volta- dice nauseato un ragazzo della squadra -Che giorno orribile- 
-Però poi la Saint John vi ha battuto alla partita seguente- mi accusa Jake -Cosa che ogni tanto non vi fa male, fra l'altro. Siete dei palloni gonfiati- 
-Voi lo sapete bene, no? Quante partite avete perso, l'anno scorso? Oltre quelle contro la North, s'intende- è esilarante prenderli in giro in questo modo. 
Mi scocca un'occhiataccia e cambia argomento come se non avessi mai parlato, conversando con i suoi compagni di squadra, che sorridono divertiti. Damian, invece, non ha smesso di osservarmi. 
"Che c'è?" gli chiedo silenziosamente senza parlare, muovendo solo le labbra. Lui scuote solo la testa con un vago sorriso sulle labbra, poi volge lo sguardo sui ragazzi e ascolta il loro discorso. Come sempre, non parla praticamente nulla, ma c'è qualcosa di diverso, non so spiegarlo bene nemmeno io, ma ora lo sto osservando e lo vedo, noto che qualcosa, che lui è cambiato. 
Sembra meno... freddo? Non so, ha quel calore negli occhi che prima gli mancava. Ora, anche se non parla, è presente. E' qui con noi. 
"Dammi tempo. Non riesco. Io non riesco"
"Non ci sei più tu e la mia vita è un po' più grigia"
"La verità è che ho bisogno di te anche se non te l'ho mai detto"
"Sono tuo senza le catene ai polsi"
-Comunque- esclama ad un certo punto Jake -Ho sentito che Aurora Finnigan ha avuto una specie di crisi a lezione. Troppo studio. E a quanto pare il suo criceto è morto- il mio fratellastro sbuffa, sarcastico -Come se la morte di un criceto potesse essere così dolorosa- 
-Lo pensi solo perchè tu hai la varietà di emozioni di un cucchiaino- intervengo, scoccandogli un'occhiataccia, che lui ricambia molto volentieri. 
Tutti dopo un po' tornano ad allenarsi, così io apro nuovamente il computer, tormentata dal mio blocco dello scrittore. Ad un certo punto afferro il cellulare, irritata dalla mia poca produttività, e  messaggio con le ragazze nel nostro gruppo, poi Caroline mi manda la foto di una bozza che ha fatto: un bellissimo abito da sera color rosa carne, con svariati brillanti e la scollatura a "V". 

Un Porto Sicuro.Where stories live. Discover now