sessantanove

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«Dia', dove vai?» sento Holden dietro di me chiamarmi, ma io a passo svelto mi dirigo nel bagno dello spogliatoio femminile in sala relax.

Il compito della Pettinelli non è andato come doveva.

«Dia', mi fai entrare per favore?» mi chiede ancora il cantante, bussando delicatamente alla porta. «Jo, lasciami da sola, per favore. Non è il momento» dico tra una lacrima e un'altra. «Amore non prenderla così, me fa male vederti sta così» abbasso la testa, anche se so che non può vedermi. Dopo qualche secondo di silenzio, ci riprova. «La apri questa porta? Per favore» mi arrendo al suo tono dolce. Non appena riapro la porta chiusa precedentemente a chiave, subito mi fiondo fra le sue braccia. Mi stringe a sé, lasciandomi qualche bacio fra i capelli. «Mi ha tolto la maglia» ripeto sottovoce. «Shh, stai tranquilla, la riprenderai» cerca di consolarmi, anche se so bene che non è una delle sue migliori qualità. Proprio per questo ne apprezzo ancora di più lo sforzo. Alcuni lo darebbero scontato come gesto, ma al contrario per me non lo è. «È andata malissimo, peggio delle prove di ieri» continuo a lamentarmi. «Non sei andata male». «Mi ha messo 5!» alzo il volto verso il suo. Non sapendo cosa dirmi, mi lascia un bacio in fronte. «Dai, sciacquati il viso, ti sei macchiata col mascara».

Mi avvicino al lavandino, mentre lui fa lo stesso per poi inumidire un pezzo di carta e passarmelo delicatamente sotto agli occhi.

«Torna in studio» gli sussurro mentre è vicino al mio viso. «Non fino a quando avrai bisogno di me» sorrido leggermente. «Vai, tanto io devo tornare in casetta». «Non posso credere che ti abbia tolto la maglia» commenta buttando nel cestino il pezzo di carta. «È la prassi: insufficienza ad un compito=maglia sospesa. Non ha fatto nulla di sbagliato, sono stata io a sbagliare tutto». «Non capisco cosa sia andato storto sinceramente, a me sei piaciuta». «Non lo sentivo mio e non sono riuscita a fingere, tutto qui. Mi sono rovinata l'ultima puntata dell'anno in pratica. Ora vai, su, io me ne torno a casa».

Recupero la mia borsa nell'armadietto ed entrambi usciamo dalla sala relax. «Dammi un bacio» faccio come mi dice, per poi lasciarlo rientrare in studio, mentre io vado nella direzione opposta.

Una volta rientrata in casetta, raggiungo la mia stanza. Lascio la borsa ai piedi del letto e poi mi butto su quest'ultimo a peso morto. Sospiro pesantemente. È frustrante pensare che probabilmente non riavrò la maglia fino a gennaio, mi sembra quasi di essere un'abusiva in questa casa.

Mi cambio, mi strucco e lego i capelli rovinando i ricci aggiustati questa mattina. Metto sul fuoco un pentolino con dell'acqua e la lascio a bollire. Nel mentre, raggiungo il pianoforte vicino alla gradinata ed inizio a suonare note a caso. A lungo andare inizio a comporre una vera e propria melodia.

«Na na na na na na» sussurro, immaginando cosa potrei scrivere. Presa dall'ispirazione del momento corro in camera a recuperare penna e taccuino, dimenticando per qualche attimo l'acqua sul fuoco e rischiando di fare un pasticcio. La verso nella tazza ed aggiungo una bustina di tisana, portandola poi con me al piano insieme a ciò che avevo reperito in camera da letto.

«In questo mondo che pieno di lacrime» canticchio accompagnandomi con la melodia precedentemente creata. Annoto qualche verso e sorseggio ogni tanto la tisana fumante.

Scrivo e cancello frasi, parole, note circa mille volte nel giro di mezz'ora, interrogandomi sull'effettivo tema del quale sto cercando di parlare. Mi alzo e chiamo al telefono la produzione, chiedendo di poter utilizzare il computer a scopo didattico e mi viene concesso, quindi subito mi metto all'opera. Cerco in internet ciò che mi serve e trovo proprio la storia che anni fa mi raccontò mio padre.

"Cosa non farai per amore, piccola mia. Se vuoi te ne racconto di storie" diceva, e poi faceva esattamente questo. Mi raccontava storie su storie, ma in particolare fu una a colpirmi: la storia di Dario Hübner. Nel 2001 Dario Hübner, ex attaccante di serie A, si ritrovò davanti ad una scelta importante. Gli vennero offerti due diversi contratti per chiudere al meglio la sua carriera calcistica. Avrebbe potuto arricchirsi, migliorare ancora di più la sua prestazione e la sua nomea, ma alla fine decise di non accettare nessuno dei due. A quel tempo, la scelta parve strana a chiunque, nessuno riusciva a spiegarsi le motivazioni di tale gesto. Decise piuttosto di trasferirsi al Piacenza, neo-promessa della serie A, sebbene comportasse uno stipendio più basso e una squadra di minore prestigio. Hübner non si preoccupò di fornire le motivazioni di tale gesto sul momento, lo fece dopo anni in un'intervista. Spiegò che Piacenza era più vicina a Crema, città nella quale abitava la moglie. Fu insomma una scelta d'amore, ai suoi occhi molto più rilevante rispetto al prelevare qualche spicciolo in più.

Butto giù il ritornello e buona parte della prima strofa.

Infine scrivo il titolo, anche se di solito è la cosa che faccio all'ultimo: Hübner.

Cosa non farei io, papà, per amore adesso.
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Perdonatemi tanto l'assenza, è stato un brutto periodo, ma il concerto di Calcutta ieri mi ha fatta riprendere (almeno spero). Spero che il capitolo possa piacervi tanto quanto piace a me❤️.

En e Xanax |Holden Where stories live. Discover now