novantaquattro

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"Tu hai un mondo dentro".

Sono queste le parole che Drusilla Foer mi ha dedicato dopo la mia esibizione piano e voce di "Je te lasserai des mots". Parole che mi hanno fatto riflettere nel corso di tutta la puntata, tanto da non accorgermi quando era il mio turno di dover presentare l'inedito.
Ci sediamo sui tre trespoli io, Holden e Ayle. Se qualcuno fuori sapesse di tutto quello che è successo settimane fa si metterebbe a ridere. Le mie amiche lo faranno sicuramente quando guarderanno la puntata in televisione.

«Chi dei tre vuole iniziare?» domanda la conduttrice, per poi rivolgere il suo sguardo ai vari rappresentanti delle radio presenti. «Dai rompo io il ghiaccio» rispondo, guardando i due ragazzi, uno alla mia destra e uno alla mia sinistra. «Ci parli un po' di questo pezzo? Mi è piaciuta la spiegazione che qualche giorno fa hai dato ad Holden». «Grazie Mari. Allora, è un brano che ho scritto molto di getto. Si intitola "Hübner" e si ispira effettivamente alla storia di questo calciatore. Facendola molto breve, scelse di occupare un ruolo in una squadra meno rilevante solo per poter rimanere vicino alla donna della quale era innamorato. Io ne ho fatto chiaramente una versione un po' più individuale, più autobiografica, nella quale parlo del modo in cui sto vivendo questo mio primo amore e di come, anche io forse, farei pazzie pur di godermelo ancora un po'» spiego. «Una canzone per Holden, insomma» commenta Federica Gentile, una delle radiofoniche. «Beh sì, mettiamola così» arrossisco leggermente, senza girarmi verso il diretto interessato.

«"Venezia è bella, ma non è il mio mare
Il treno è fermo, io sono stufa di aspettare
In questo mondo che pieno di lacrime
Io certe volte dovrei fare come Dario Hübner
E non lasciarti a casa mai a consumare le unghie"» canto la prima parte restando incollata all'asta, con gli occhi chiusi e la voce che un po' mi tradisce, perché trema per l'emozione e per la paura che il pezzo non possa piacere tanto quanto piace a me. Non ho mai sentito un attaccamento così forte verso un mio inedito.

«"Stazione di Fondi, fuori il tuo giubbotto
Scaviamo una buca, tutta terra sotto
E ci hanno messo le scorie
O forse altre storie
E ci hanno messo le scorie
O forse altre storie

In questo mondo che pieno di lacrime
Io certe volte dovrei fare come Dario Hübner
E non lasciarti a casa mai a consumare le unghie

...

In questo mare che è pieno di tracine
Forse noi dovremmo fare come Dario Hübner
Per non lasciarci soli mai a consumare le unghie"» tiro un sospiro di sollievo quando la base finisce, sussurrando al microfono un "Grazie" quasi impercettibile.

Rialzato lo sguardo, la prima cosa che noto è lo sguardo commosso di Zerbi, i suoi occhi lucidi, la sua bocca che mi sussurra col labiale un flebile "Brava". Gli sorrido, anch'io un po' commossa.

Colei che esprime il suo parere riguardo il pezzo e la speaker radiofonica di Radio Italia.

«Ciao Diana, allora io ho trovato il tuo pezzo davvero toccante. È un testo semplice, ma complesso, che probabilmente nessun altro sarebbe riuscito a scrivere e soprattutto ad interpretare come hai fatto tu. Quando si crede tanto in qualcosa e quando questo qualcosa lo sentiamo particolarmente nostro si vede, è assolutamente percepibile agli altri. A me sei arrivata tutta. I miei complimenti». «Grazie mille, ammetto che è un brano a cui tengo e avevo paura che non convincesse. Maria sa quanto ci ho messo a convincermi a presentarlo, quindi può capire al meglio tutto ciò. Grazie ancora delle belle parole, ne sono contenta» sorrido genuinamente e ritorno sul mio sgabello per poter ascoltare gli inediti dei due ragazzi.

Tornati tutti a posto, la puntata giunge al termine e, dopo aver salutato il pubblico, rientriamo in casetta.

«Ragazzi, un applauso alla coppia dei dischi d'oro, forza!» urla Giovanni appena io e Jo facciamo il nostro ingresso in cucina. Anche lui è riuscito ad ottenere il disco d'oro con la sua meravigliosa "Dimmi che non è un addio". È una giornata meravigliosa, anche se è stata un po' rovinata dalla Pettinelli. Dopo gli schiamazzi e gli abbracci dei nostri compagni, assieme raggiungiamo la mia stanza. Sul letto trovo il quadro col mio disco d'oro. Mi ci siedo accanto e lo guardo attentamente, come se non credessi alla sua esistenza.

«Bello, eh?» commenta il romano, mettendosi al mio fianco. «È un sogno. Tutto questo è un sogno». Poggio il disco sul letto di Lucia, per poi stendermi e accoccolarmi a Joseph.
«Complimenti per il disco d'oro. Farò finta di non aver sentito il tuo commento sui passi a due della Tocca» gli pizzico il fianco. «Ma dai, la Tocca è la Tocca, era solo un apprezzamento verso la sua arte» cerca di giustificarsi, ma chiaramente non me la bevo. Tutti in casetta hanno un debole per la professionista, ma oggi Maria ha reso pubblico in puntata solo quello di Holden. «Sicuramente». «E poi te te sei messa a fa' apprezzamenti su Sebastian, quindi a chi vuoi fa' la ramanzina, piccoletta?» si sposta su di me, tenendosi sulle braccia e senza schiacciarmi. «Tocca difendersi in qualche modo, ammiro la sua arte» lo provoco ad un centimetro dal suo volto. Mi morde il labbro e mi lamento leggermente, mentre nasconde il suo viso tra il mio collo e i miei capelli. «Cannibale». «Sei buona» sussurra, lasciandomi tanti piccoli baci umidi sulla pelle. «Vorrei tanto festeggia' co te» continua, alludendo a ben altro che una semplice festa. Mi accarezza la gamba scoperta, salendo pian piano fino al fianco, scoprendo quella parte di pelle. «Non sei l'unico, ma non possiamo» dico vicina al suo orecchio, proprio come lui sta facendo con me. «Chi t'ha detto che non possiamo?» avvicina lentamente la sua mano alla mia intimità, senza però mai toccarla. Mi sta provocando e ci sta riuscendo. Sospiro. «Ci sono le telecamere...e il regolamento lo vieta, suppongo» dico, portando le mani sotto il tessuto della sua maglia. Rabbrividisce al mio tocco. «C'hai le mani gelate». «C'hai i brividi solo per quello?» soffio sul suo orecchio, per poi mordergli il lobo. «Dia'» mi tocca in quel punto ed istintivamente stringo le gambe. «Jo» mormoro, per poi far sfiorare le nostre labbra. «Ce dobbiamo fermà». «Ma adesso c'ho voglia però» lo stuzzico, quasi sorprendendomi di me stessa. «Non fa' la difficile più de quanto già è, te prego» allontana la sua mano dalla mia intimità ed istintivamente rabbrividisco. «Me vado a fa na doccia...fredda» si rialza. Mi aggiusto il vestito e mi metto seduta. «Ghiacciata» gli consiglio, per poi salutarlo quando esce dalla stanza.

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Sono contenta di essere tornata. Ho mischiato un po' la scorsa puntata e quella di oggi, non me ne vogliate. Nel frattempo mi è sorta un'idea malsana: vi andrebbe un'altra storia su Jo? Attendo le vostre risposte, un bacio❤️

En e Xanax |Holden Where stories live. Discover now