6. La dichiarazione

943 61 48
                                    

C'è un mazzo di fiori sul mio sedile,
guiderò.
Per tutte le cose che non so dire mentirò
Che certe parole non sanno uscire,
forse no...

Coez, La tua canzone 🎶

Emma

Il mio soggiorno ospedaliero stava durando più del previsto.

Era trascorsa già una settimana dall'evento catastrofico grazie al quale Ollie era venuto a conoscenza della mia esistenza su questo pianeta e probabilmente già l'aveva rimossa.

Il mio video era diventato virale. Dopo sette giorni, ancora girava tra le pagine social delle università di zona. Se avesse valicato virtualmente i confini della California, i miei amici non me lo avrebbero mai detto.

Shinhai era diventata una despota digitale. Mi vietò di leggere i commenti e mi costrinse a un percorso di social detox: libero accesso a Instagram e Tik Tok solo in sua presenza.

Controllava i miei accessi a cadenza regolare, ogni due ore, e l'ordine perentorio dei medici di non sforzare l'occhio buono davanti a qualsiasi tipo di schermo costituì un valido aiuto alla sua crociata.

Il mondo si era messo d'accordo per togliermi l'opportunità di stalkerare Ollie nell'unico modo di cui ormai disponevo.

Quella sera, ero stesa sul letto. Era mezzanotte passata e non riuscivo a prendere sonno. Il mio telefono era accanto a me, adagiato sul comodino. Non lo usavo dal pomeriggio, quando Shinhai mi diede il permesso di rispondere a Beatrice. Poi, proprio quando ero riuscita a entrare su Instagram e stavo per digitare una O nella barra di ricerca, lei me lo aveva tolto di mano bruscamente, minacciandomi che avrebbe cambiato il codice di accesso e il face ID impostando la sua di faccia.

Mi voltai a guardarlo amareggiata.

O, forse, era il telefono a guardare me?

Come sempre, era solo una questione di punti di vista...

Sentivo le mani formicolare e sospirai nel tentativo di ignorare la sensazione. Così, mi tirai su a sedere e i miei occhi si persero nella parete bianca di fronte al mio letto. La fissai con intensità tale da convincermi che, in fin dei conti, avevo sofferto abbastanza in questa vita da riuscire a sopravvivere all'ira della mia amica che si sarebbe abbattuta su di me a ritmo di heavy metal e punk rock quando avrebbe controllato il mio ultimo accesso.

In confronto all'epidermolisi bollosa, Shinhai era la Primavera di Vivaldi!

Afferrai il telefono e mi chiusi al bagno. Mi sedetti sulla tavoletta chiusa del water e le mie dita pizzicarono la tastiera con la stessa precisione con cui pizzicavo le corde del violino quando lo suonavo.

Feci il tour completo di tutti i profili che avessero anche la più remota interazione con colui che tormentava la mia vita da ormai tre anni. Non c'era niente di nuovo, così mi accontentai di perdermi in vecchie foto che ormai conoscevo a memoria.

Era il profilo del suo amico Ben quello che regalava più gioie, perché Ollie era la migliore delle comparse nelle sue foto. Non era quasi mai in primo piano, se non nei pochi scatti rubati che lo avevano immortalato in momenti qualunque della giornata che però a me sembravano irripetibili.

Ollie che passava la paraffina sulla tavola da surf, con i muscoli della braccia contratti e gli occhi scuri fissi sulla superficie liscia della sua tavola.

Ollie che giocava a biliardo, proteso in modo così tremendamente sexy sul tavolo, con le dita che si chiudevano intorno all'estremità della stecca e lo sguardo concentrato, perso nella distanza tra lui e il suo obiettivo.

Come le ali di una farfallaWhere stories live. Discover now