34. La cena

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Emma

«Ha visualizzato tutte le mie storie! Tutte: quelle del concerto e anche quelle del giorno dopo». Ripetei per la terza a volta a Shinhai.

«Ancora con questa storia?». Trillò la mia amica che si trovava ancora dall'altra parte dell'Oceano Pacifico.

Ero parcheggiata da dieci minuti davanti casa di Ollie e ormai da dieci minuti ero un bagno di sudore.

Ero stata costretta a tirare su i finestrini perché la voce di Shinhai amplificata dal vivavoce della macchina disturbava la figlia della vicina che stava facendo i suoi giretti serali con la mia ex bicicletta di barbie.

Così, continuavo a torturarmi con quella sauna naturale perché non volevo attaccare. Shinhai mi mancava terribilmente e volevo tardare il momento in cui ci saremmo salutate. Anche perché era la sola a tenermi compagnia in quel quartiere dove era finita ad abitare quasi un mese prima.

«Non le ha mai guardate da quando vivo a casa sua e poi, improvvisamente, da quella sera il suo nome è magicamente comparso nelle visualizzazioni. Per la sorpresa, ho rischiato di strozzarmi con lo zucchero a velo della ciambella che stavo mangiando! Ho pensato che si fosse sbagliato, che avesse lasciato Instagram aperto e, invece, il giorno dopo... eccolo di nuovo là».

«Ti stai riferendo alle storie in cui orgogliosamente dimostravi che Romeo è un pesce da riporto?».

«Sì. E anche a quella che ho fatto la sera al Gin and Hop».

Mi ero sentita estremamente orgogliosa di me stessa per quella storia, perché io e Penelope eravamo riuscite ad aggiudicarci il tavolo più instagrammabile del locale: un tavolo per due appartato nell'angolo più romantico sopra cui, scritta con luci al neon viola, regnava la frase "Qui ti chiederò di bere con me e di baciarmi".

Solo che a me nessuno chiese di bere, tantomeno di baciarlo. Così, cedetti il mio posto a Chase.

Shinhai sospirò e io mi immaginai l'espressione rassegnata che stava facendo. «Emma, ti ricordi di quando credevi che Vince Stone fosse segretamente innamorato di te solo perché gli partì per sbaglio un like sotto a quel tuo post sulla prevenzione della policistosi ovarica?».

Sì, ricordavo. Il giorno dopo, lo invitai al ballo di fine anno e lui scoppiò a ridermi in faccia.

«È diverso... Ollie non è Vince Stone».

«No, infatti. Lui non scoppierebbe mai a riderti in faccia perché non ride proprio».

Finii a fissare intensamente il logo della Toyota impresso al centro del volante. «Quindi...».

«Quindi no, Emma, non guarda le tue storie perché ha capito di essere innamorato di te».

Sbuffai amareggiata. «Continuerai a dirmi la verità nuda e cruda per sempre?».

«Sempre e per sempre, amica mia. E tu continuerai a sbavare dietro a Ollie con la consapevolezza che lui non ricambierà mai?».

«Sai che non posso. La speranza è l'ultima a morire! E poi... mai dire mai».

«Ora diremo anche che l'ottimismo è il profumo della vita?».

«Sai che amo i modi di dire, e anche essere scontata».

«Sì, e ti riesce benissimo».

«Non vedo l'ora di riabbracciarti!».

«Non farò in tempo a scendere dall'aereo che starò già con il culo sulle sedie dell'università e forse tu starai vicino a me».

Al solo pensiero, mi venne la nausea. «Mancano ancora due desideri e il tempo sta finendo. Non ce la farà mai». Cercai di convincermene.

«Lo hai appena detto tu: mai dire mai».

Come le ali di una farfallaWhere stories live. Discover now