58. Aprile

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DOPPIO AGGIORNAMENTO ❗️
Non perdete il capitolo 57...🫶🏻

Emma

Se il primo mese me l'ero cavata abbastanza bene, il secondo mese senza di lui andò decisamente peggio.

Mi mancava come manca l'aria quando trattieni il respiro, come il sole della California quando è nuvoloso da troppo tempo, come i colori quando ti vesti sempre di nero, come la primavera quando l'inverno dura più del solito.

Mi mancava ogni secondo che scandiva i minuti delle ore passate a cercare di non pensare a lui. Ma era pressoché impossibile.

Alcune volte domandavo a me stessa perché continuassi a autoinfliggermi quel dolore, perché ancora non fossi salita in macchina, perché ancora non stessi bussando alla porta della sua casa scongiurandolo di perdonarmi.

Mi ero immaginata diverse volta la scena. Alcune volte il finale mi faceva sorridere e battere il cuore all'impazzata, altre volte soffrire ancora di più perché, se lo avessi fatto per davvero, non avrei mai ricevuto il perdono di Ollie.

Avevo fatto il più grande sbaglio della mia vita ed era giusto che ne pagassi le conseguenze.

Inoltre, ancora desideravo visceralmente che Ollie partisse e io, fino a prova contraria, ero ancora irrimediabilmente malata, un impedimento ambulante che costringeva le persone che mi stavano accanto a un sacrificio continuo.

Era un dato di fatto, evidente e persistente, il motore immobile di quella sofferenza che, forse, prima o poi avrebbe allentato la presa liberandomi di quel dolore.

Quando Shinhai e Davis fecero irruzione nella mia camera, io ero rannicchiata sul mio letto, sepolta sotto la coperta di cotone e immersa nel buio grazie alle tende oscuranti che coprivano i vetri della mia finestra.

Non ricambiai il loro saluto e questo fece innervosire ancora di più Shinhai.

«Vedi? Cosa ti ho detto? Passa le sue giornate così. Parlaci tu perché io potrei anche alzare le mani, se non si riprende».

Sentii dei passi nella mia direzione, poi il materasso sprofondò di poco sotto il peso del sedere di uno dei due.

Una mano tastò il bozzolo che avevo creato con la coperta e sotto cui mi ero rifugiata, finché si fermò all'altezza del mio braccio.

«Emma». La voce di Davis cercava di scuotermi anche più di quanto stesse facendo la sua mano.

«Cosa ci fai qui?». Domandai con la voce attutita dallo scudo di cotone della coperta.

«Beh, mi sarei aspettato un "che bello vederti, amico mio"».

«Intendo: cosa ci fai qui qui, non qui in camera mia. Non avevi detto che non saresti tornato quest'anno per lo spring break?».

«Ho cambiato idea. Volevo vederti e stare un po' con te. Sono arrivato ieri sera».

Non risposi, facendo aumentare l'ira di Shinhai.

«Ora basta, cazzo!».

La coperta mi venne strappata via di dosso, scoprendo me e il mio dolore.

«Devi riprenderti, Emma. Davis, fa' entrare un po' di luce, per favore». Ordinò autorevole e Davis non perse tempo.

Si alzò, raggiunse la finestra e tirò le tende facendo entrare la luce che mi colpì spietatamente.

Forse, ero diventata un vampiro e quasi lo sperai così mi sarei sciolta all'istante.

Come le ali di una farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora