31. Lo scontro

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Emma

Ollie era sparito con David, Ben stava ballando sulle note di una canzone di Miley Cyrius e tutti gli altri erano impegnati a parlottare tra di loro.

Diedi un'occhiata in giro alla ricerca di Penelope, ma anche lei era sparita.

Iniziai a camminare avventurandomi per i prati, tra capannoni e recinti di ogni dimensione.

Capii di essermi allontanata parecchio quando non riuscii più a distinguere la musica, e il vocio indistinto degli ospiti aveva lasciato il posto a un altro tipo di vocio, quello degli animali nelle loro stalle.

Quando passai accanto al recinto delle galline, mi prese un colpo. Erano per davvero delle psicopatiche...

Mi chinai per osservale meglio sbattere le teste contro la rete della recinzione, chiedendomi se sarebbero state in grado di sfondarla. Già me le figuravo banchettare sugli strati di pelle che mi avrebbero tolto. Poi, sentii un singhiozzo e fui certa che non fosse nessuna delle galline.

Quando mi voltai, intravidi una chioma bionda seduta poco lontana da me.

Mi avvicinai finché non ebbi la certezza che fosse Penelope.

«Penny, eccoti. Stai bene?».

«Sì». Mi rispose tirando su con il naso.

Mi feci più vicina. «Stai piangendo?».

«Non dire niente a Ollie». Si affrettò a pregarmi.

Presi posto vicino a lei su un tronco estremamente scomodo di cui avrei portato i segni sul sedere per giorni. «È successo qualcosa?».

Penelope scrollò le spalle, asciugandosi le lacrime dalla guance con il dorso della mano. Poi, con i polpastrelli degli indici si pulì del mascara sbafato.

«Ho rotto con Ashton».

«Oh». Fu tutto quello che riuscii a dire.

«Dopo l'ennesima litigata, non ce l'ho fatta più e l'ho semplicemente... lasciato».

«Perché avete litigato?».

«Non voleva che venissi qua».

«Perché?».

«Lui è molto... protettivo».

«Ti trovi in una fattoria didattica con tuo fratello e i suoi amici muscolosi. Sei più che al sicuro».

Penelope sollevò gli occhi per trovare i miei. «Non protettivo in quel senso...».

Cominciai a sentirmi a disagio. «E in quale senso?».

«È molto... geloso. E non vuole che io... esca. Almeno non quando lui non è presente».

Penelope faceva fatica a trovare le parole, come se la trama della sua storia fosse così intricata da non avere alcun senso se raccontata ad alta voce.

«Sei mai stata sull'altalena?». Mi chiese di punto in bianco.

«Sì, certo».

«Da piccola, amavo andare sull'altalena: l'impressione di volare, il senso di libertà dei piedi a penzoloni.... Noah ne aveva una nel giardino e io ci passavo le ore. Non volevo che nessuno mi spingesse perché il divertimento era proprio spingersi sempre un po' più lontano con le proprie forze. Un giorno, però, mi feci davvero molto male. Mi ero spinta un po' troppo e persi il controllo. L'altalena iniziò a sbandare da una parte all'altra e io finii a sbattere la testa contro il palo. Ho ancora la cicatrice per via dei punti che mi misero... Non ci salii più dopo quel giorno. Anche se desideravo ancora provare quelle sensazioni, avevo paura di farmi male».

Come le ali di una farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora