28. I biglietti

690 53 16
                                    

Ollie

Quando Nate mi chiese, quasi un mese prima, da dove fosse spuntato fuori quel pennino, alzai le spalle senza fornirgli ulteriori spiegazioni. Lo avevo posizionato vicino al suo bong e là era rimasto.

Lo stavo fissando intensamente mentre riflettevo su come procurarmi i soldi.

«Non parlerà, neanche se continui a fissarlo». Mi prese in giro Nate togliendosi i guanti e buttandoli nel cestino.

Distolsi lo sguardo per deviarlo su di lui. «I soldi del prossimo lavoro mi servono. Va bene se non ti do la tua percentuale?».

Nate mi guardò accigliato. Era la prima volta che glielo chiedevo da quando avevamo iniziato a lavorare come soci e avevamo deciso che una percentuale del ricavato dei nostri lavori andasse all'altro.

«Tutto bene?».

«Affari miei. Va bene o no?».

Nate scrollò le spalle per poi sparire nella sua stanza, limitandosi a darmi la sua risposta con un cambio canzone.

Sapeva benissimo che non mi piacevano i Rolling Stone, ma almeno aveva acconsentito alla mia richiesta nonostante fossero parecchi soldi. Per questo, non mi lamentai della canzone che aveva scelto per punirmi, Streets of love.

Il rombo di una mustang che si stava parcheggiando davanti allo studio annunciò l'arrivo del lavoro che mi avrebbe permesso di arrivare a quasi ottomila dollari.

Quando la porta si aprì, Nate alzò ancora di più il volume.

«Ehi, bello». Mi salutò un tipo vestito come uno dei Maneskin, un gruppo per cui lui si vantava sempre di lavorare quando venivano a Los Angeles.

Nate non lo sopportava e neanche io.

Contraccambiai con un cenno del viso il saluto di Will Murhy, la cui schiena mi avrebbe offerto la possibilità di togliermi Max dalle palle.

Will si poggiò sul bancone come se fosse il padrone. «Allora, che si dice?».

«Ti vedi ancora con quella tipa?». Gli chiesi ricordando per filo e per segno il resoconto della sua vita sentimentale di cui mi fece la cronaca durante la prima seduta.

Secondo i suoi racconti, si vedeva con una che lavorava come braccio destro del Tour Manager di una delle band più famose al mondo.

«Sì, perché?».

«Mi servono due biglietti per il concerto del Coldplay». Spiegai senza troppi giri di parole.

Will aggrottò la fronte. «Non mi sembri il tipo che ascolta quel genere di musica».

E tu non mi sembri il tipo da tatuaggio sulla la schiena, visto che hai più materia grigia che massa muscolare, avrei voluto rispondergli ma mi limitai a scrollare le spalle. «Allora? È fattibile?».

«Potrebbe». Il sorriso di Will si fece furbo.

«Cosa vuoi in cambio?».

«Mi finisci il lavoro... gratis!».

«Non siamo neanche a metà». Protestai indignato, facendomi due calcoli. «Sono almeno altre due sedute oltre a questa».

Will scrollò le spalle. «Sono biglietti introvabili. Finiscono ancora prima che aprano le prevendite. Prendere o lasciare».

Scrollai la testa, pensando a quanto la vita amasse prendersi gioco di me.

Solo cinque minuti prima il piano era chiedere a questo coglione con un conto in banca a cinque zeri l'anticipo per il tatuaggio e ora stavo per farglielo gratis.

Come le ali di una farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora