11. La festa

701 49 9
                                    

Emma

Ci riuscii: riuscii a convincere Tamara ad aiutarmi a raggirare mia madre.

Ma dovetti giurare sul Tripitaka, il libro sacro dei buddisti, che non mi sarei messa nei guai, non sarei finita all'ospedale e che mi sarei fatta trovare all'orario e al luogo stabiliti per fare ritorno insieme a casa.

Non credetti di essere riuscita nell'impresa finché non mettemmo piede in spiaggia. Una spiaggia molto distante dal quartiere in cui abitavamo io e Shinhai.

Mentre ci dirigevamo verso sud, nessuna delle due potè fare a meno di notare che il paesaggio stava drasticamente mutando e che le ville lussuose, in cui entrambe eravamo cresciute, avevano lasciato il posto a dimore decisamente più modeste.

«Oh mio dio». Esclamò Shinhai mentre si guardava intorno. «Allora, le Palafitte esistono veramente. E io che pensavo fosse una dimensione parallela uscita direttamente dal sottosopra di Stranger things!».

Non mi soffermai sulla sua osservazione, sebbene anche a me faceva strano trovarmi lì.

Le Palafitte erano famose per essere il quartiere più povero e malfamato della cittadina in cui abitavamo sin dalla nascita. Un quartiere in cui non dovresti capitare neanche per sbaglio e che i genitori ricchi usano per spaventare i propri figli quando li mettono in guardia da tutto quello che, secondo loro, c'è di sbagliato a questo mondo: la povertà.

Come se il male potesse avere delle coordinate geografiche ben precise da cui tenersi a debita distanza e dei confini tangibili da non valicare mai.

Cosa che, invece, noi avevamo appena fatto.

«Lo vedi?». Le chiesi trepidante.

«No. Ma vedo diversi manzi con gli addominali scolpiti».

Già, li vedevo anche io. Per un attimo, mi chiesi se non fossi morta su quel letto di ospedale e finita nel Valhalla, visto il livello di beatitudine di cui i nostri occhi stavano godendo.

«Oddio, guarda quello! È normale che abbia tutti quei muscoli sulla schiena?». Shinhai indicò un tipo girato di schiena.

Se non fossi stata impegnata a cercare l'unico abitante delle Palafitte che mi interessasse, probabilmente sarei stata anche io in contemplazione di quel ben di Dio, come stava facendo la mia amica. Ma, quando la sua voce mutò drasticamente passando dall'eccitazione al terrore, fui costretta a darle retta.

«Oh mio dio! Quel tizio sta sbattendo la testa di quell'altro su un palo!».

Ignorai la sua espressione scioccata e le consigliai distrattamente di non guardare, mentre passavo diligentemente in rassegna la marea di persone sulla spiaggia.

«Emma, sei proprio sicura di volerlo fare?».

«Sono stata invitata». Mi giustificai mentre i miei occhi ballavano una danza frenetica che sballottolava le mie pupille da una parte all'altra della spiaggia.

«Ma da chi?».

«Da Penelope».

«Peccato che il compleanno sia di Ollie!».

Sospirai. La ricerca non era andata a buon fine, ma sapevo che erano da qualche parte.

«Cerchiamoli». Ordinai alla mia amica con lo sguardo perso in lontananza. «Mi sento come se mi avessero estratto l'intestino tenue e ora lo stiano usando come un lazo da rodeo». Mi portai una mano sullo stomaco, dove la striscia di pelle nuda tra i pantaloni e il top si era appena ricoperta di brividi.

Il naso di Shinhai si arricciò in una smorfia di disgusto. «Che immagine atroce! Comunque, io vado a bere qualcosa. E userò il documento falso anche se non mi serve più, men che meno in questo posto. Ma, nel caso qualcuno me lo chiedesse, meglio non diffondere le nostre generalità».

Come le ali di una farfallaOnde as histórias ganham vida. Descobre agora