33. Il concerto

769 62 26
                                    

Emma

Non ero mai stata a un concerto. Proprio come non avevo fatto altri miliardi di cose nella mia vita.

Abbassai gli occhi sulle dita delle mie mani intrecciate attorno al corrimano del parapetto, soffermandomi sui braccialetti che mi cingevano i polsi. Ollie aveva rifiutato di indossare il suo, così lo aveva dato a me.

Di fronte a me, il palco su cui a momenti sarebbe salito il mio idolo: Mr. Martin in persona.

Mi voltai verso Ollie, che era seduto sul sedile della tribuna, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e un bicchiere di birra in mano.

Io dall'entusiasmo non riuscivo a stare seduta ma mi costrinsi a farlo. Avevo ancora voglia di parlare con lui che, invece, era in silenzio stampa da quando avevamo lasciato casa dei miei genitori.

Ordinai al mio sedere di stare fermo e ben piantato sulla seduta, perché dovevo sfruttare l'occasione di avere Ollie costretto a stare in mia compagnia per tutto quel tempo. Per l'occasione, anche il deficit dell'attenzione sembrò volermi spalleggiare.

Con Ollie al mio fianco, ero certa che tutti i meccanismi inceppati del mio corpo avrebbero potuto riprendere a funzionare a pieno regime.

Forse, era la cura a tutti i miei problemi, peccato che non gli andassi a genio.

«Mi racconti qualcosa di te?». Azzardai.

«Cosa vuoi sapere?».

Scrollai le spalle. «Qualsiasi cosa».

Ollie bevve un sorso di birra prima di tornare a disperdere il suo sguardo sulla miriade di persone che invadevano lo spazio sotto il palco. «Vivi a casa mia».

«Sì, ma non ci sei mai. So che esci per andare a lavoro e poi basta. Ah, so anche che non ti piace fare la spesa e, a questo punto, penso neanche cucinare e mangiare. I tuoi genitori sono di queste parti?».

«Mio padre è nato in Moldavia e, non so come, è finito in California. Mentre mia madre è di Sydney. È venuta a fare un viaggio negli States dopo aver finito le superiori e qui è rimasta».

«Quindi hai origini moldave e australiane».

«A quanto pare». Bevve un altro sorso.

«Io italiane. I miei nonni abitavano a Roma prima di trasferirsi qui con mia mia madre che aveva solo pochi mesi. Mio padre è di Pittsburgh, invece. Ma si è trasferito in California dopo aver trovato lavoro come addetto alle pulizie presso una piccola casa editrice locale. All'epoca, aveva da poco finito il college e non aveva un soldo. Poi, l'editore ha mostrato interesse per i suoi racconti e ora lui è ricco e mio padre è uno scrittore. I tuoi genitori dove...?».

«Non lo so».

«Oh, scusami. E i tuoi nonni?».

«Non li abbiamo mai conosciuti».

«Non sei mai stato in Moldavia?».

«Non ho mai lasciato gli States».

«E vorresti andarci?».

Finalmente Ollie si voltò a guardarmi. «Perché dovrei? Dicono sia una merda, uno dei paesi europei più poveri. La gente scappa da quel posto, perché io dovrei andarci?».

Cercai di sostenere il suo sguardo senza rimanere imbambolata ad ammirare quel viso che mi aveva fatto sbarellare tre anni prima.

«Intendo a trovare i tuoi nonni».

«Non mi interessa».

«E in Australia vorresti andarci?».

«Solo per il surf. Penelope mi ha raccontato tutto».

Come le ali di una farfallaWhere stories live. Discover now